Curarsi con farmaci o diversamente?

Gentile dr Gianmaria Benedetti,
mi chiamo ... ed ho 42 anni,da due anni sto attraversando momenti difficili che hanno e stanno mettendo a dura prova il mio sistema nervoso.
Le scrivo perchè proprio ieri ho avuto il primo colloquio con uno psicologo, il quale alla fine ha tenuto opportuno prescrivermi per i primi 5 gg 25mg di Sertralina per poi passare ai 50mg,e nel caso di bisogno associare anche le gocce di Alprazolam. Ho espresso inizialmente tutta la mia paura e diffidenza in questo tipo di cura, sono contro l'abuso e l'uso di medicinali se non in casi estremi , tant'è che attualmente e da poco più di una settimana sto assumendo solo una pastiglia di 5-htp prodotto fitoterapico.
Ora sono cosciente che la terapia associata al farmaco possa essere più efficace,ma la paura delle controindicazioni è essa stessa motivo di confusione e disagio per me. La convinzione di non assumere la prima pasticca stamane è stata avanzata dopo aver letto una sua interessante risposta ad un paziente, dove esprimeva il suo parere contrario a curare con sostegno farmacologico,preferendo l'ascolto dei veri problemi del paziente. Ecco questo racchiude tutto il mio pensiero, vorrei trovare una figura professionale come lei,che prende veramente a cuore la persona e che non pensi di eseguire la prassi,farmaco,effetto,terapia.
Le chiedo scusa se mi sono divulgata,quello che mi preme sapere è,secondo lei è possibile riuscire ad ottenere dei risultati semplicimente con i colloqui ed eventualmente la cosa risultasse più difficoltosa e lunga,esistono metodi naturali,con prodotti omeopatici,o fitoterapici che hanno lo stesso effetto dei comuni farmaci antidepressivi, senza vivere con la paura della dipendenza e con tutti gli effetti collaterali?
Il timore più grande è di prendere peso,ho già dei kg da smaltire,vedermi ingrassare non mi farebbe sentire meglio. Concludo dicendo,che se un paziente intrapprende un cammino di cura,deve essere completamente convinto che la cura farmacologica funzioni,altrimenti vive ancor prima della terapia un conflitto interiore che non giova al proseguimento della stessa.
Vorrei provare e mi dica se sbaglio,a curarmi senza l'ausilio di una terapia farmacologica,sperando di ottenere comunque dei miglioramenti.Sarei felice di conoscere anche il suo punto di vista,perchè anche se non la conosco personalmente si avvicina molto alla mia filosofia di vita.
In attesa di un suo riscontro,le porgo un cordiale saluto.
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E' probabile che Lei si sia

E' probabile che Lei si sia rivolta a uno psichiatra, non a uno psicologo (vedi definizioni), perchè questi ultimi non sono medici e non possono prescrivere medicine.
E' bene su internet non intervenire su terapie specifiche individuali, perchè a distanza non si possono avere elementi sufficienti, ma limitarsi a informazioni generali.
Le opinioni sull'abuso di farmaci che ho espresso qua e là (e in questa pagina), derivano da fonti diverse, oltre che dall'esperienza personale, in genere da articoli scientifici di varie parti del mondo che riportano l'evoluzione nel tempo del consumo di psicofarmaci, oltre che notizie su informazioni reticenti se non addirittura false con cui il consumo di psicofarmaci viene pubblicizzato e propagandato. Nel mondo anglosassone più volte le case farmaceutiche sono state condannate per questo. E' stato inoltre più volte denunciato che molti autorevoli psichiatri sostenitori dell'uso dei farmaci sono in realtà stati finanziati dalle case produttrici, a vario titolo, per cui le loro opinioni sono diventate fortemente sospette di essere mosse da interessi individuali.

A livello individuale a mio avviso lo psichiatra dovrebbe sempre 'informare' il paziente sulle terapie esistenti, sui pro e i contro, dare il suo parere, ma anche aggiungere che tutto è basato sulla sua esperienza e sulle conoscenze scientifiche attuali, che non sono assolute ma sono soggette a cambiare nel tempo. Si è visto come dieci anni fa prevalevano le prescrizioni di benzodiazepine, oggi sostituite quasi completamente dai nuovi 'antidepressivi', gli SSRI e anche dai nuovi antipsicotici. E' probabile che fra dieci anni le cose saranno ancora diverse.
Occorre dire inoltre che le 'linee guida' esistenti, sebbene non obbloigatorie, praticamente impongono agli psichiatri di prescrivere le terapie più affermate, e quasi tutti preferiscono seguire la corrente e non rischiare, perchè in caso di denuncia le linee guida sono spesso una difesa legale sicura per il medico, anche se potrebbero aver causato danni a quel paziente.

Che deve fare il 'povero' paziente? Credo che debba basarsi sulla fiducia che lo psichiatra gli ispira e discutere con lui i dubbi e le incertezze. E sulla base delle informazioni avute è il paziente che deve decidere quale terapia scegliere. Il medico (o lo psicologo) può solo informare e dare il suo parere, ma a decidere è il paziente. La pazienza con cui il medico risponde alle obiezioni e ai dubbi è spesso un utile strumento di valutazione se fidarsi o no.

Se Lei si è rivolta a uno psichiatra, come sembrerebbe, è probabile che abbia avuto un'informazione orientata principalmente sulla cura mediante farmaci.
Come Lei sa, esistono anche cure diverse, che non si rivolgono solo al funzionamento del corpo e del cervello ( come in ultima analisi fanno anche le cure omeopatiche e non convenzionali), ma alla situazione di vita del paziente, che può avere degli aspetti disfunzionali e fonti di stress nella sua organizzazione ambientale, lavoro, famiglia, ecc, e anche nelle abitudini 'psicologiche', nello stile di vita, ecc. Si parla per questo di modello bio-psico-sociale della salute mentale e della cura delle sue alterazioni. Non esclude l'uso di farmaci in certi casi, ma tende a cercare nell'organizzazione di vita e nello stile di funzionamento mentale del paziente dei possibili elementi disfunzionali , degli ostacoli da cercare di diminuire per permettere un 'flusso' vitale più tranquillo, rispetto alle 'turbolenze' che possono disturbano il flusso, appunto.

Se crede può accennare qui ad aspetti della sua vita e della sua situazione abientale allargando un po' l'osservazione non solo ai sintomi, alle diagnosi, al tipo dei farmaci e ai loro effetti, come quasi sempre si riducono molte persone che prendono farmaci, ma al suo contesto di vita generale. Può darsi che ne emergano elementi che potranno esserle utili per decidere cosa fare.

Cordialmente
drGBenedetti

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