consiglio

Gent.mo,
mi scuso innanzitutto per quest'email: spero di non recarle troppo disturbo. Ho seguito molto i suoi interventi su medicitalia.it e le scrivo per via di un brutto periodo che sto attraversando.
Premetto che ho sempre cercato di cavarmela da sola e che non ho avuto una vita all'acqua di rose (di certo però neanche una vita insopportabile). Come ho detto, ho sempre cercato di fare il possibile per risollevarmi tutte le volte che sono caduta.
Da qualche tempo a questa parte invece, nonostante io non sia "effettivamente caduta", non riesco a stare in piedi.
Nel corso della mia vita ho imparato a "fortificarmi" sin da bambina, quando sono stata spesso oggetto di bullismo psicologico e fisico (tanto da aver spesso pensato al suicidio intorno ai 12/13 anni). Una situazione, questa, andata avanti sono a che non decisi di abbandonare la scuola a 16 anni. La situazione era diventata insostenibile dal punto di vista umano, tant'è vero che, nonostante avessi lasciato la scuola, continuai a studiare per conto mio. A 18 anni decisi di iscrivermi al liceo serale e frequentare tutti e 5 gli anni (al diurno fui bocciata 2 volte in prima) e di prendere il diploma. Così fu e si realizzò il mio sogno: andare all'università.

Devo fare degli incisi: sino a 19 anni ho sofferto di epilessia senza saperlo, nel senso che sono andata da vari neurologi che mi hanno liquidata con un "è la crescita". A 19 anni, ancora in preda alle crisi (piccolo male con allucinazioni), decisi di andare per conto mio in un centro specializzato in cefalee, che fortunatamente, dopo il primo consulto, mi inviò direttamente al centro epilessia della mia città. Ora sono in cura con Tegretol (ad oggi prendo solo 400mg al giorno perché con la neurologa speravamo di interrompere la terapia che ormai va avanti da 7 anni; purtroppo l'eeg non è ancora perfetto).
Dal punto di vista affettivo ho subito varie delusioni. Ad oggi a ripensarci ci rido su, ma in quel periodo della mia vita, quando stavo anche male fisicamente, furono davvero dei colpi bassi. Il cosiddetto "primo amore" si rivelò infatti una persona meschina che non faceva altro che tradirmi (e che sono stata anche capace di perdonare in prima istanza). Lo lasciai a 19 anni, dopo 4 di umiliazioni.

Ad oggi, a 26 anni, frequento l'università con un'ottima media, ma con grande fatica e in fuori corso. Scelsi di frequentare ...., ma una volta frequentate le lezioni capii che non era la mia strada. Scoprii invece una grande passione per le lezioni di .... (e in fatti la mia tesi sarà in ...). Non cambiai però facoltà: decisi di portare a termine ciò che avevo iniziato. Ma ad oggi, di fronte agli ultimi 4 esami e a una tesi da preparare, mi sembra di non farcela più.
Il supporto del mio attuale compagno e delle persone che mi circondano è sempre lo stesso: "massì stai tranquilla ce la fai, sei brava". Io non le sopporto più quelle parole. Non sopporto più di sentirmi dire che devo stare tranquilla, che tanto sono brava. Soprattutto non lo sopporto perché non sono tranquilla e non mi sento neanche brava. A 26 anni senza avere una triennale, quando tutte le persone intorno a me si stanno costruendo una vita ed io sono ancora qui, ad arrancare per un esame che mi sembra insormontabile: no, non sono tranquilla. Vorrei solo chiudere tutto e scappar via per non dovermi più sentire quella che "sa come si fa a rialzarsi quando si cade a terra".
Forse è colpa mia che difficilmente mostro i miei lati deboli (quest'estate il mio compagno mi lasciò, di punto in bianco, in un momento di crisi,
ed io cercai di non mostrare alcun segno di debolezza di fronte agli altri perché odio far sentire le persone obbligate a supportarti).
Semplicemente mi sento sola. Passo 6 giorni su 7 a casa, nella mia cameretta, a studiare con grande fatica. Il venerdì sera vedo per qualche ora due mie amiche di lunga data; il sabato sera raggiungo il mio compagno a casa sua, e la mattina ritorno a casa mia. Questa è la mia vita. Non faccio altro.

Ho raccontato al mio compagno che non sono soddisfatta della mia vita, nonostante abbia comunque mille hobby (che irrimediabilmente non condivido con nessuno), che non vedo un domani per me. Sul momento mi sono sentita meglio, ma oggi come ieri mi sento allo stesso modo. Se non sono io ad esternare il problema, nessuno se ne accorge. Sono così brava a nascondere? devo sempre essere io a fare la prima mossa? oppure è giusto aspettarsi anche un po' di gratuita comprensione o interesse? è giusto sperare che le persone che dicono di amarti siano in grado di capire, senza che sia tu a dirglielo, che stai soffrendo?

La cosa che mi fa più male, infatti, è che, se sparissi, le persone che ho accanto non saprebbero nemmeno perché. Si domanderebbero cosa c'era di così sbagliato nella mia vita.

Sento il peso di tutto, il peso di mancati progetti, mancata risoluzione professionale, mancati rapporti sociali.

Mi perdoni se mi sono dilungata.

Le auguro un buon lavoro e un buon pomeriggio,

"quando tutte le persone

"quando tutte le persone intorno a me si stanno costruendo una vita ed io sono ancora qui, ad arrancare..." Beh, questo lo vede anche Lei che è il classico "l'erba del vicino è sempre più verde". Ovviamente ognuno sente i suoi mali e non quelli degli altri...
Anche a me danno sempre noia quelli che rassicurano e dicono di stare tranquilli... Di solito è il modo migliore di agitare ancora di più.
Quanto alla sua crisi attuale: rischia di essere una classica crisi davanti al traguardo, anche se in effetti c'è ancora qualche esame e la tesi. A volte l'essere vicini alla meta prefissa mette in crisi, per motivi diversi, paura del dopo, paura di non essere all'altezza e di non meritarsela, quasi che prevalesse una 'vocina' di fondo che sotto sotto dice che Lei non si merita niente, che quello che le è successo in fondo è colpa sua, ecc.
E poi c'è la sua delusione che 'gli altri' non fanno niente... questo rischia di attivare una specie di autorovina progressiva, per vedere fino a che punto gli altri rimarranno insensibili e quando finalmente si muoveranno. A me questo mi sembra un retaggio infantile ma che può essere molto pericoloso, come se uno per meritarsi l'amore e la sollecitudine dei genitori dovesse farsi vedere bisognosa e disgraziata... Credo che sia bene riconoscerlo come una specie di fantasia consolatoria infantile (masturbatoria...) che però può essere autodistruttiva, se ci si indugia troppo, e cercare invece di rinforzare le parti più adulte della personalità, che non saranno perfette ma in qualche modo si prendono la responsabilità di mandare avanti la baracca.
Cordialmente
drGBenedetti

Cara ..., anche io sono

Cara ... , anche io sono nella tua stessa situazione:pochi esami mancanti, troppa paura di non farcela.
Arrivata quasi alla fine della mia carriera universitaria, ancora non penso che un giorno sarò laureata, penso ancora che non ce la farò mai.
Tutti mi ripetono che sono brava, tutti si aspettano da me che laurei e che lo faccia anche con tutta la semplicità del mondo, come se fosse una cosa innata per me.
Io non mi vedo così, non penso di essere brava, nè forte, nè costante, nè di meritarmi di essere laureata.
Me ne sono andata di casa perchè non sopportavo più di indossare una maschera non mia.
Ora vivo con il mio ragazzo, ieri sono andata a parlare con i miei genitori e gli ho detto tutto: della mia ansia da prestazione che ho verso gli esami, dell'ansia che mi procura sapere che loro pensino che io sia in un modo, mentre io mi sento in tutt'altro.
Loro mi hanno ascoltata, capita e mi hanno fatta sentire amata, non per le mie doti universitarie, ma semplicemente per il nostro legame di sangue.
Loro non si aspettano da me tutto ciò che credevo, sono già soddisfatti di me per quello che SONO e per quello che già ho fatto.Non mi ameranno di meno se non dovessi farcela, anzi, mi hanno persino detto che se l'università deve farmi stare male così, preferiscono che io smetta ma che sia felice e che stia bene.
Il mio consiglio è: Parlane.Di loro ciò che pensi veramente, mostra agli altri i tuoi lati deboli e loro, finalmente, potranno amarti per quello che sei davvero.
Spero di incontrarti un giorno, è stato un peccato allontarsi per cose stupide perchè, a dirla tutta, ti ho sempre ammirata.
Un abbraccio, M.

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