psicofarmaci a 14enne

Buongiorno,
scrivo per avere un'opinione sui farmaci che sono stati prescritti a mia figlia per una depressione con ideazioni suicidarie.
Mia figlia ha appena compiuto 14 anni. Cerco di riassumere la situaizone: ha cominciato a non stare bene circa un anno fa con episodi di autolesionismo, si procurava dei tagli sulle braccia, poi la situazione è peggiorata, portando a crisi di pianto, pensieri di morte e difficoltà a svolgere le attività quotidiane, come andare a scuola. Non aveva mai avuto problemi a scuola, nè di comportamento, nè di rendimento e invece i voti hanno subito un tracollo e, cosa ancora peggiore, spesso e volentieri non riiusciva proprio ad andare a scuola.
Aveva iniziato un percorso di psicoterapia ed è stata prorpio la psicologa a dirci di consultare uno psichiatra perchè secondo lei era il caso di darle anche un aiuto farmacologico, trovandosi in uno stato depressivo serio. Così abbiamo fatto ed è stata ricoverata in una struttura psichiatrica per adolescenti per monitorare le prime settimane di somministrazione del farmaco. Le hanno prescritto una compressa di zoloft al giorno insieme a 1,5 ml di risperdal che doveva servire a bilanciare possibili effetti negativi (irritabilità e spinte al suicidio) dello zoloft. I primi tempi mia figlia si sentiva meglio anche se appariva sedata, No riusciva comunque a frequientare ogni giorno la scuola ed il pensiero dell'imminente esame di terza media le pesava molto. Una sera dopo una discussione con me, rientrando nella sua stamza l'ho trovata che piangeva seduta sul davanzale della finestra, dopo aver scritto un biglietto di addio. E' seguito quindi un altro ricovero di un paio di settimane, (anche per supportarla in quest'ultimo periodo in cui voleva comunque sostenere l'esame di terza media) durante il quale le hanno aumentato a 2 ml il risperdal ed hanno aggiunto anche abilify 5mg al giorno perchè il livello di prolattina era aumentato parecchio e per stabilizzare l'umore.

Adesso quindi prende ogni giorno:
abilify mg
zoloft
2 ml risperdal.

Io sono preoccupata perchè la vedo comunque molto giù. E' spesso triste, cambia umore repentinamente, nel senso che a volte sembra essere più serena e mezzora dopo è di nuovo molto giù, il viso è gonfio, tutto tondo sembra deformato rispetto a com'era prima, ha preso anche qualche kg e questo la innervosisce. E a differenza di prima ora la percepisco come distante, come se non potessi raggiungerla. E' fredda e distaccata, più arrabbiata ed irritabile: se questo è dovuto al fatto che riesce ad esprimere meglio le sue emozioni ben venga, ma se sono i farmaci che provocano questo stato? E' possibile? Tra l'altro inizialmente ci era stato detto che il risperdal lo avremmo tolto dopo un breve periodo, lasciando solo lo zoloft, ma adesso no se ne può nemmeno parlare.
Oltre a tutto ciò ha lo sguardo perso, i movimenti rallentati, la sua camminata non è quella di sempre, sembra goffa.
Insomma, il mio timore è che questi farmaci siano troppi o sovradosati. I medici che la seguono dicono che non possiamo diminuire nulla, ma io ho mia figlia davanti e quel che vedo non mi piace.
CI terrei ad avere un suo parere.

Quelli che lei nota,

Quelli che lei nota, espressione del viso, rigonfiamento, aumento di peso, alterazione metaboliche e ormonali, modo di camminare, diminuzione del contatto, ecc. sono come vi avrenno detto effetti collaterali dei farmaci nominati, ben conosciuti, che complicano quasi sempre il quadro clinico nelle cure psicofarmacologiche.
Purtroppo le tematiche suicide sono spesso quelle più difficili da affrontare per i curanti, perchè scatta immediato il tema della morte(in psichiatria e psicologia meno presente che in altre branche mediche) e della responsabilità in caso di esito negativo, e allora medici e psicologi inevitabilmente, più o meno tutti, tutelano anche sè stessi da possibili procedimenti legali successivi (oggi ci sono grandi business sulle richieste di danni ai medici...) e quindi magari sono meno liberi nel dare indicazioni secondo una valutazione diretta individuale e non secondo le statistiche. Tendono quindi a applicare le 'Linee Guida'correnti che oggigiorno dicono più o meno di fare come è stato fatto. Che però non sono la verità assoluta, diciamo così,per ogni caso, ma solo quello che oggi viene ritenuto tale dalla maggioranza, o meglio dalle autorità sanitarie, accademiche, ecc, nel campo, sulla base di dati statistici.
D'altronde lo stesso vale anche per i genitori e un minorenne non ha, almeno in parte, libertà e responsabilità di decidere. Incombe poi anche la possibilità di un TSO, trattamento sanitario obbligatorio, cui possono ricorrere i sanitari.
Quello che mi sento di dire a distanza è che questa descritta finora è la risposta medica a una situazione considerata come una malattia biologica dalla psichiatria dominante, cioè la 'depressione', di cui il suicidio è considerato un sintomo. In effetti alcuni cenni descritti, i tagli, ecc, fanno pensare a difficoltà di evoluzione della personalità, quelli che vengono raccolti sotto il nome di 'sindromi borderline', in cui pure il rischio di suicidio è un sintomo. Per cui può darsi che la diagnosi fatta sia anche questa. La terapia indicata nelle linee guida è più o meno la stessa.
In questi casi, ma negli adolescenti in generale, a mio avviso è sempre necessario un lavoro psicologico anche con la famiglia, perchè spesso i nodi che ingarbugliano lo sviluppo si creano lì, inconsapevolmente e senza colpa, e quindi si dovrebbe cercare di individuarli e di uscire da quelle difficoltà. Il 'male di vivere' non è obbligatoriamente una malattia del cervello, o almeno ancora non sono state trovate prove inconfutabili che lo sia, nonostante tutte le affermazioni in contrario, mentre probabilmente si tratta di ‘problemi umani’ le cui cause non sono soltanto biologiche e biochimiche ma possono e devono quindi essere ricercate ed affrontate anche a livello psicologico e sociale.
Però credo che una famiglia debba valutare pragmaticamente le risorse disponibili nell'ambiente in cui vive e affidarsi, sempre con grano salis e cercando di pensare con a propria testa, a specialisti di cui abbia fiducia.
D'altronde credo che la fiducia possa esserci solo se ci si dice la verità, o per lo meno non si nascondono i problemi e le difficoltà.
Con i migliori auguri,
cordialmente
drGBenedetti

Grazie per la sua risposta

Proprio ieri mia figlia mi ha detto di aver chiesto ad uno degli psichiatri del centro che la segue quale fosse la sua diagnosi e le è stato risposto che non ne donò ancora sicuri ma che potrebbe non trattarsi di una depressione maggiore, quanto piuttosto di un disturbo della personalità borderline... intanto chiederò chiarimenti in merito perché a noi genitori non è stato detto nulla a riguardo. Ovviamente nel frattempo ho letto qualcosa su questo tipo di disturbo ed in effetti per molti aspetti vedo mia figlia, a parte quel che riguarda l'aggressività, cosa che lei non manifesta. Mi sono preoccupata perché ho letto che il 10% dei pazienti si uccide. Mi sembra molto peggio della depressione e più complicata la guarigione. È così?

Le statistiche a mio avviso

Le statistiche a mio avviso aiutano poco nei singoli casi... Oggi va di moda fare 'diagnosi' che in gran parte sono solo 'etichette' appiccicate (perchè non hanno alcuna reale base documentata, sono solo liste di comportamenti), che servono per le statistiche e per le 'politiche sanitarie' più che per aiutare veramente le persone. Tanto più a 14 anni. Il futuro non si può prevedere e così anche le prognosi sono impossibili individualmente, perchè dipendono da troppi fattori che si conoscono solo in minima parte.
Vi auguro di trovare specialisti che si occupino di persone e non di etichette diagnostiche.
Quello che io penso in generale e cercavo di fare quando lavoravo nel pubblico, nelle situazioni di scompenso adolescenziale, potete leggerlo in qualche pagina su questo sito.

Grazie ancora

Per la sua risposta. Vorrei chiederle una cosa riguardo ad un possibile effetto indesiderato del farmaco abilify. Come già scritto in precedenza mia figlia oltre a risperdal e zoloft, da circa un mese prende anche abilify 5mg al dì per far abbassare il valore della prolattina alzato dal risperdal. circa due settimane dopo aver iniziato abilify sono tornati i pensieri di morte e frequenti cadute dell'umore improvvise e non causate da eventi esterni. ho letto sul bugiardino che questo farmaco può potare a questi pensieri e al suicidio stesso, è possibile che la situazione sia peggiorata per l'introduzione di abilify?

Difficile dire in assoluto,

Difficile dire in assoluto, ma se hanno dovuto scriverlo sul bugiardino è per evitare di essere condannate (le case farmaceutiche) a pagare i danni, dopo vari processi loro sfavorevoli (in America e Inghilterra...). Certo che una simile insalata di psicofarmaci mette un po' di dubbi, ma dipende dalla situazione e dai curanti cui avete affidato la vostra bimba. Potete comunque discutere con loro e in ultima analisi dare o meno il vostro consenso alle cure, se non siete convinti dalle loro spiegazioni.

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