Ansia, panico e farmaci

Gentile Dottore, mi chiamo Francesca ed ho 34 anni ed, ironia della sorte, sono una psicologa che si sta specializzando come psicoterapeuta, ma visti i miei continui problemi chissà se mai riuscirò ad esercitare... Già da bambina ho iniziato a manifestare i primi sintomi: a 7 anni ero ipocondriaca, ogni giorno credevo di avere una malattia nuova (leggevo l’enciclopedia medica per poi sentirmi tutti i sintomi addosso), avevo paura di contaminarmi con i germi e quindi non appoggiavo le braccia sul tavolo quando mangiavo, lavavo spesso le mani, ero terrorizzata dall’AIDS al punto da vedere sul marciapiede delle siringhe che non c’erano, dovevo spegnere per ultima la luce prima di andare a dormire per essere sicura che non succedesse nulla di brutto e così via.. i miei genitori mi portarono da un neuropsichiatra infantile che, dopo qualche seduta, disse che tutto stava nel bisogno che mia madre (apprensiva e rigida) fosse un po’ meno presente e mio padre un po’ meno assente. Con l’adolescenza il problema sparì da solo. 11 anni fa, a seguito di una diagnosi di melanoma (per fortuna in situ), ho iniziato a soffrire di ansia ed attacchi di panico, e (purtroppo) sono stata curata con Paroxetina per altrettanto tempo; mi è stata tolta ogni volta che stavo bene e riprescritta ad ogni ricaduta (che si ripresentava sistematicamente). Ho svolto una psicoterapia per altrettanti anni dallo stesso psichiatra che mi gestiva il farmaco, ma non vedendo miglioramenti netti (andavo avanti con periodi di benessere e ricadute) ho cambiato psicoterapia. Svolgo questa nuova terapia (analitico transazionale) da 6 mesi e, anche se l’ansia di fondo c’era sempre, notavo finalmente molti cambiamenti positivi, e soprattutto mi stavo riscoprendo in maniera autentica. Nell'arco degli ultimi sei mesi circa sono passata lentamente da 8 gocce di Drpaxin a 2 gocce con un lievissimo aumento dell'ansia, ma ho resistito. Nell’ultimo mese di terapia è emerso quello che probabilmente è stato il mio trauma infantile…era qualcosa che a livello “cognitivo” già sapevo (da piccola mi sono sempre sentita voluta bene meno delle mie sorelle, la pecora nera della famiglia, mi sono sempre sentita come una figlia che se avessero potuto avrebbero rimandato al mittente), ma in terapia l’ho rivissuto a livello emotivo, ho sentito proprio quello stesso dolore che sentivo da piccola al pensiero di non sentirmi voluta. Credevo di aver già capito che i miei problemi di ansia derivavano da lì, ma riprovare quel dolore mi ha devastato. Dal giorno stesso della seduta di psicoterapia “incriminata”ho iniziato a sentirmi depressa, la notte dormivo poco e male, non avevo fame, mi sentivo senza energie. Mi sentivo e mi sento spesso come se mi guardassi da fuori, come se mi ascoltassi parlare dall’esterno, come se mi separassi per degli attimi dal mio corpo e ne perdessi il contatto guardandomi da fuori. Oppure mi capita anche di guardare i miei familiari, compresi mio marito e mio figlio, e vederli diversi, ma non diversi “oggettivamente”, semplicemente come se avessero perso di familiarità. In particolare mi spavento molto nel vedere “diversamente” mia figlia, mi viene un’ansia terribile. Tutte queste bruttissime sensazioni mi hanno messo un’ansia terribile, spesso mi sento confusa e disorientata, temo continuamente di stare per impazzire, di diventare psicotica o di arrivare a non riconoscere più le persone che amo. E diventa un’ossessione, non faccio altro che pensarci, cerco continuamente rassicurazioni su internet ma non mi rassicuro mai e l’ansia aumenta sempre di più, e più aumenta l’ansia più aumentano queste sensazioni. Vorrei sapere se queste sono esperienze di depersonalizzaione e derealizzazione, se rientrano nel disturbo d’ansia o se possono veramente portare ad una psicosi. Il mio psicoterapeuta sostiene che questa mia ansia sia una forma di difesa di fronte all'aver ricontattato quel dolore. Io nutro fiducia nella psicoterapia e mi auguro che con l'andare avanti riesca a superare questa impasse senza dover di nuovo ricorrere alla paroxetina..Tuttavia vorrei sapere il suo parere riguardo ciò che le ho raccontato .I miei sintomi possono rientrare nel disturbo d’ansia o potrebbero veramente portare ad una psicosi? Questo al momento è il mio più grande terrore e più ci penso più mi sembra di pensare cose da "matta" (di cui ho vari esempi dato che ho svolto recentemente il tirocinio in una comunità psichiatrica). Ho studiato che le psicosi si distinguono dalle nevrosi perchè la persona non ha insight,non ha paura di impazzire, perchè neanche si accorge di impazzire… ma vorrei una rassicurazione a riguardo. Infine riguardo la Paroxetina... dopo essere passata (ma solo per un paio di giorni)da 2 gocce a a 4 di Dropaxin perchè mi sentivo troppo male, stufa di tutta questa situazione circa una settimana fa ho sospeso l'assunzione pensando che 4 gocce (ovvero 2mg)o niente fosse lo stesso. Circa 3 giorni dopo invece ho iniziato ad avere sintomi credo da astinenza: fastidio alla vista tipo contrazioni oculari e senso di pesantezza agli occhi, vertigini, fastidio alle luci ed ai suoni forti, a volte tremori ma soprattutto irrequietezza e tanta tanta ansia. Mi sto aiutando con dei fitoterapici (Relaxina Panic e Oppression Free) ma non fanno un granchè e peraltro non so se posso prenderli a tempo indeterminato (lei sa dirmelo?). Cerco di resistere perchè quella droga non la voglio proprio più prendere...sono la prova vivente che dà dipendenza eccome... ma mi sa dire più o meno quando andranno via questi brutti sintomi? La ringrazio di cuore.

Pensi che a volte ho talmente

Pensi che a volte ho talmente paura di impazzire che mi viene il terrore di poter iniziare ad avere allucinazioni uditive e mi suggestiono al punto da avere effettivamente l'impressione di sentire qualcosa di indefinito in lontananza, suoni o voci...e lì mi sale il panico perchè penso "vedi che stai impazzendo?". Sono veramente stufa.

La paura sembra la Sua

La paura sembra la Sua costante: della malattia fisica prima, di quella psichica poi, delle medicine, e di tutto...
Lei ha già fatto delle psicoterapie, oltre che cure con farmaci, ed è tuttora in psicoterapia... Non ho la possibilità di rispondere così tout court alle sue domande e tranquillizzarla, ma le proporrei una specie di breve viaggio per esplorare la sua situazione e provare a fare il punto: diciamo quattro o cinque 'sedute', qui o per email se vuole uno spazio più privato ( veda le istruzioni ). Ovviamente non in alternativa alla psicoterapia che sta facendo.
Cordialmente

Gentile Dottore, la ringrazio

Gentile Dottore,
la ringrazio per avermi risposto. Nell'attesa delle 'sedute' posso chiederle però se mi consiglia di tenere duro rispetto a questi bruttissimi sintomi da astinenza? Sono sicura che se lo chiedessi al medico mi reinserirebbe il farmaco. Infine capisco che prima delle 'sedute' non può dirmi molto, ma non può neanche tranquillizzarmi sulla paura di diventare psicotica? Io so che chi divebta psicotico non te e di diventarlo perché neanche se ne accorge...La ringrazio nuovamente.

Ha poca utilità

Ha poca utilità tranquillizzare contro la paura, senza avere elementi reali di conoscenza: anzi, di solito induce un circolo vizioso di incertezza e nuove richieste di rassicurazione. Non è diverso dalle ossessioni con cui uno cerca di rassicurarsi, appunto, rimanendo prigioniero dei rituali con cui appunto vuole rassicurarsi. Spesso altri vengono coinvolti nei rituali rassicuratori, creando circoli viziosi 'magici', per così dire. Rifiutarsi di farsi coinvolgere nel circolo vizioso e resistere è credo la cosa migliore da fare, sia per le persone intorno - e anche a distanza - che per l'interessato, che a sua volta è sotto pressione dall'interno, per così dire, a cercare sempre nuove rassicurazioni.
Il modo migliore a mio avviso di affrontare l'ansia è di abituarsi a sopportarla.

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