bambino 6 anni paura di dimenticare

Gentile dottore,
le scrivo per chiederle un parere sul comportamento di mio figlio, 6 anni e mezzo. Da qualche tempo manifesta quasi quotidianamente una forte paura di "dimenticare": per esempio se ha passato una giornata particolare dice "ho paura di dimenticarmela", oppure chiede "quale sarà il ricordo di oggi?" (inteso proprio come ricordo materiale, quindi un oggetto che sia legato a quanto accaduto durante la giornata), senza mai però essere tranquillizzato dai vari "ricordi" che troviamo. Piange disperato all'idea di dimenticare le cose belle, e a nulla valgono le mie rassicurazioni o il fatto di mostrargli qualche oggetto materiale a ricordo, appunto, della giornata trascorsa.
Questo succede sempre e solo di sera, a partire dal momento in cui va in bagno a prepararsi per dormire, e prosegue poi quando è nel lettino; quando poi si addormenta dorme tranquillo, senza mai svegliarsi, e al mattino è sereno come al solito (nel complesso è un bambino allegro e - mi pare - senza problemi particolari).
Ho pensato che questa paura di dimenticare sia una qualche variante della classica paura del distacco, anche perché a volte il tema del dimenticare si associa a ricordi brutti relativi a oggetti che ha perso (ad es. un secchiello l'estate scorsa al mare) o a giochi che si sono rotti, insomma a cose da cui ha dovuto forzatamente distaccarsi... E il fatto che questi pensieri gli vengano la sera mi fa supporre che vengano innescati dall'abbandono al sonno, come se lui stesso potesse "perdersi" mentre dorme.
Forse dico scemenze, lei mi può aiutare a fare chiarezza? E, soprattutto, consigliarmi come affrontare col bambino questi timori?
Grazie in anticipo, un cordiale saluto

Mi sembra che dica cose molto

Mi sembra che dica cose molto giuste. Il bambino esprime una qualche inquietudine e mi sembra che valga la pena approfondire per vedere come aiutarlo. Mi dia qualche informazione in più sulla situazione attuale e passata, anche dell'organizzazione e vita familiare, eventuali eventi o cambiamenti recenti, allargando un po' quindi l'ottica nel tempo e nello spazio.

Gentile dottore, eventi o

Gentile dottore,
eventi o cambiamenti recenti non ce ne sono stati. Il bambino è figlio unico, frequenta l'ultimo anno di scuola materna, è molto seguito sia da me che dal padre (entrambi lavoratori ma con tempi flessibili) e nel complesso, a detta anche delle educatrici che lo conoscono da quando era molto piccolo, sembra sereno e senza problemi particolari. Socializza volentieri, è amato dagli amici, è vivacissimo, curioso, intelligente.
Riflettendo con mio marito su questa paura di dimenticare sorta nelle ultime settimane, l'unica cosa che ci è venuta in mente è che il bambino ha sempre avuto un forte pensiero della morte e della perdita. Verso i 2 anni e mezzo, dopo aver visto la foto di un gatto che avevamo prima che lui nascesse, e avendo saputo che era morto, per un paio di mesi ogni volta che vedeva un gatto scoppiava a piangere dicendo che non voleva che il gattino morisse; bastava cantare una canzone che menzionasse i gatti per farlo disperare. In seguito, verso i 4 anni e mezzo, ha avuto un periodo n cui prima di addormentarsi piangeva disperato dicendo "io non voglio morire!" o chiedendo se "proprio tutti muoriamo?". In queste occasioni abbiamo cercato di tranquillizzarlo, senza mentirgli (cioè senza negare che tutti dobbiamo morire) ma comunque assicurandogli che avremmo tutti vissuto ancora moltissimo tempo; a un certo punto la faccenda si risolse quando lui dichiarò di aver capito come funziona la morte - ovvero che dopo essere morti si torna a vivere di nuovo, poi si rimuore e si torna a vivere ecc. ecc.; io e mio marito siamo atei e non la pensiamo affatto così, ma abbiamo comunque rispettato questa sua idea dicendogli che nessuno sa cosa succede dopo la morte ma che se lui pensa che funzioni così allora va bene. Dopo questa fase il tema della morte non si è ripresentato, ma è rimasta sempre, in varie forme, una sorta di ansia della perdita. Per esempio se ha un'alternativa tra due cose (due giochi da comprare, due inviti a feste diverse, andare al parco o al cinema ecc.) fa moltissima fatica a scegliere, come se la scelta implicasse "perdere" una delle alternative; e spesso, quando ripensa alla scelta fatta, si rammarica (talora con pianti accorati) che "però io avrei voluto l'altra cosa". Questo in particolare mi dispiace, perché ho la sensazione che lui non riesca a essere felice di quello che ha avuto o fatto: il dispiace per la cosa "persa" sembra superare il piacere della cosa avuta... E lo stesso succede con questa faccenda dei ricordi, come se il timore di perdere il ricordo annullasse la gioia di avere vissuto una cosa piacevole.

Spero di averle dato qualche informazione utile in più e che lei possa darci qualche suggerimento per capire meglio la situazione e per aiutare il piccolo a risolvere questi suoi timori.

Il dispiacere che "non riesca

Il dispiacere che "non riesca a essere felice di quello che ha avuto o fatto: il dispiacere per la cosa "persa" sembra superare il piacere della cosa avuta".
Sembra una tematica 'filosofica' quella con cui siete alle prese, che già gli adulti hanno difficoltà a gestire, un piccolo bambino è proprio al limite delle sue forze.
Sembra che si incrociano come due 'dispiaceri', quello del bambino e quello dei genitori per come sta il bambino... Forse è qui il motivo dell'impasse, al dispiacere del bambino non corrisponde una consolazione, un contenimento efficace: per così dire non si incastrano, come due tessere di puzzle entrambe convesse, per così dire, una non può contenere l'altra. La soluzione della metempsicosi è quella religiosa orientale, buddista,- il bambino sembra averla scoperta per conto suo...- quella dell''altra vita' è quella religiosa occidentale.
Ma mi sembra che sia tutto prematuro in un bambino così piccolo, visto che il tema è iniziato già da tempo. Le ansie di perdita tutto sommato sono umane, immanenti, molto più vicine: la paura dell'allontanamento dei genitori, l'ansia di separazione che inizia alla fine del primo anno di vita... Viene contenuta normalmente dall'esperienza familiare, non occorrono interventi esterni, salvo quando qualcosa non funziona abbastanza bene nell'organizzazione e nel funzionamento familiare e allora le ansie sono superiori ai limiti abituali e magari compaiono sintomi di vario tipo.
Direi che forse anche quello del vostro bimbo è un 'sintomo' e forse allora c'è qualcosa che non ha trovato un contenimento normale, nel rapporto fra voi e il bimbo. E' quindi tutta la situazione che andrebbe indagata, per vedere se si trova qualche intoppo al 'funzionamento' e se magari spostandolo un po' il flusso riprende un corso più normale.
Si potrebbe forse provare un po' a farlo anche qui proseguendo questa specie di esplorazione della vostra situazione.

La ringrazio per la sua

La ringrazio per la sua risposta e la sua disponibilità, e provo ad aggiungere qualche altro elemento.

Le normali ansie di distacco il bambino le ha avute verso l'anno e mezzo, acuite dall'ingresso al nido a 19 mesi. L'inserimento infatti è stato difficile, con fiumi di lacrime (sue e mie) per varie settimane al momento del commiato. Passata quella fase iniziale si è però adattato bene, ha stabilito ottimi rapporti con educatrici e compagni, e oggi (dopo 5 anni nella stessa scuola) è una specie di "leader" del gruppo, così dicono le educatrici. Nelle relazioni sociali non ha problemi, fa amicizia facilmente, non è timido ma neanche aggressivo. Con gli amici è espansivo e affettuoso, così come con noi genitori, e risulta sempre benvoluto da tutti, anche perché - a dispetto del carattere molto volitivo - è educato e rispettoso delle regole.

Si intimorisce di più invece in situazioni tipo saggio di musica, dove forse avverte una sorta di ansia da prestazione... Né io né il padre gli chiediamo MAI esplicitamente alcuna prestazione particolare, tuttavia entrambi abbiamo sofferto una fortissima richiesta di prestazioni da parte dei nostri genitori e dunque non escludo che trasmettiamo a nostro figlio, inconsapevolmente, un ideale di "efficienza" e di "performanza" che ci portiamo appresso nonostante i lustri di psicanalisi che abbiamo collezionato... Potrebbe essere qui la fonte di alcune ansie del bambino e/o della nostra scarsa capacità di consolarlo dei suoi turbamenti?

Per quello che posso valutare mi pare che siamo genitori attenti e affettivi, vogliamo molto bene a nostro figlio e glielo manifestiamo sia verbalmente sia fisicamente (mio marito è meno fisico di me ed è più carente nell'accudimento ma è un padre presente e attivo), gli dedichiamo molto tempo ed energie, compatibilmente con la vita lavorativa che comunque, come le dicevo, è piuttosto flessibile, facciamo spesso giochi e altre cose con lui (sport, cinema, gite, cucinare insieme ecc.). D'altra parte abbiamo entrambi un carattere non facile per vari motivi: io sono di base una persona ansiosa, mio marito tende più alla depressione, entrambi perfezionisti, critici, poco rilassati e facili all'arrabbiatura (anche tra di noi, discutiamo e litighiamo facilmente). E ovviamente, per quanto possiamo esserne consapevoli, non è facile correggersi...

Per la cronaca, nelle ultime due sere il bambino non ha avuto la crisi del "dimenticare i ricordi"... ha chiesto quale sarebbe stato il ricordo della giornata, io gli ho dato qualche suggerimento (una foto, un oggetto fatto a scuola ecc.) e lui si è subito tranquilizzato e si è addormentato senza pianti. Forse scrivere a lei in questo forum è già stato terapeutico? :-)

Grazie ancora per la sua attenzione e la sua pazienza

Quello che scrive è come una

Quello che scrive è come una serie di fotografie da album di famiglia..., in qualche modo già pronte per essere mostrate. Invece per capire 'cosa c'è dietro' bisognerebbe cercare di guardare fra le righe, per così dire, o fra le fotografie, e guardare come funzionano le cose. Provate a descrivere un po' scendendo nei particolari, modalità, abitudini, tempi, ruoli, interazioni, magari anche guardando il questionario-bambini come falsariga.

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