Le indicazioni inappropriate

Sfogo di un npi di servizio pubblico 'territoriale'.

Un ostacolo che si presenta frequentemente nel servizio pubblico di neuropsichiatria infantile, al contatto con i pazienti, è quello delle indicazioni inappropriate e inopportune che questi o meglio i loro genitori, hanno avuto.
E' incredibile come una quantità di persone si sentano di fare diagnosi e dare indicazioni terapeutiche o riabilitative, senza averne le competenze specifiche. Per cui è un continuo di maestre che consigliano la logopedia, per qualsiasi bambino che non si esprime bene per qualche motivo o presenta qualche difficoltà a scuola.
Ma anche ospedali vari, più o meno "di Eccellenza", come oggi usa dire manzonianamente, danno indicazione di fare "tanta fisioterapia" o "tanta logopedia" nonchè "tanta psicomotricità" e anche "tanta psicoterapia" a genitori di bambini che vedono magari per motivi diversi, al pronto soccorso, o così via. Comprensibile quando vengono da strutture convenzionate, per ovvio interesse privato ed anche in fondo quando vengono da enti extraterritoriali, affetti da sindrome di onniscienza...
I genitori che con queste aspettative si vedono invece proporre delle visite di valutazione diagnostica ad ampio raggio - perchè linguaggio e capacità di apprendimento, ma anche motricità ecc, sono solo un aspetto collegato a tutto lo sviluppo psicomotorio complessivo - si sentono come defraudati di un loro diritto. Tanto più se, dopo la fase di valutazione, gli viene detto che NON c'è indicazione per un intervento diretto sul bambino, nè fisioterapico nè logopedico e educativo, ma vengono date altre indicazioni per favorire e seguire lo sviluppo. La scorrettezza di chi, oltre a mandare a un servizio, dà anche indicazioni di diagnosi e intervento, è molto grande. Scimmiotta la prassi medico ospedaliera di dimettere con diagnosi e indicazioni terapeutiche.
Ma nel caso della neuropsichiatria infantile e delle difficoltà di sviluppo e apprendimento, gli ospedali e i centri universitari hanno spesso meno competenza ed esperienza diretta. Non è raro che lo specializzando o il giovane specialista 'interno' dia 'dall'alto' indicazioni alla specialista esterno che ha molta più esperienza e che a volte addirittura ha avuto come allievo o tirocinante il giovane. Ma tant'è, l'abito in questi casi sostituisce il monaco...

Spesso questi genitori, non convinti e messi sulla cattiva strada, si rivolgono ad altri specialisti, finchè qualcuno che gli dà quello che vogliono, a scopo più o meno palliativo e per liberarsi dell'assillo, lo trovano. Si crea così un malcostume diffuso che induce i Servizi pubblici a fornire - a spese della comunità - interventi non opportuni, spesso dannosi a diversi livelli. E si rischia di trasformare i servizi sanitari in supermercati dove le persone prendono quello che vogliono spinte più dalle mode e dalla 'pubblicità che dalle conoscenze reali. L'effetto è quello di un moltiplicarsi di prestazioni spesso inutili se non dannose e senza la minima indicazione o dimostrazione della loro efficacia. Ci sono ovviamente anche molti interessi in gioco.

I rischi, sia per il benessere della popolazione, sia per il decadimento del livello dei servizi, con l'ottica 'aziendalista' che "il cliente ha sempre ragione", sono visibili a chiunque. Con buona pace anche dell'oculatezza della spesa del denaro pubblico.

Prendiamo ad esempio un caso esemplificativo, inventato ma che raccoglie spunti da situazioni reali, di un bambino con un ritardo nello sviluppo psicomotorio, magari con una lieve alterazione cerebrale da cause genetiche (tipo ad esempio la trisomia XXI, chiamata amche 'sindrome di Down o, un tempo, 'mongolismo') o acquisite, tipo una modesta sofferenza alla nascita. A volte senza alcuna patologia evidente. Questi bambini hanno uno sviluppo più lento, stanno seduti più tardi, camminano spesso dopo i due anni, cominciano a parlare dopo i tre anni e sono più lenti, in generale, in tutto il loro sviluppo. Anche dal punto di vista psicoaffettivo e relazionale un bambino di questo tipo ha uno sviluppo più lento, più lentamente impara a riconoscere le persone, il suo ambiente, e certe reazioni tipiche - ad esempio la reazione all'estraneo, che molti bambini hanno classicamente all'ottavo mese - compaiono solo a due o tre anni o anche dopo. Questo bambino segue un suo proprio ritmo di sviluppo che è diverso da quello di altri bambini, quindi farà a tempi diversi quello che altri bambini fanno in epoche abituali. Una volta molti di questi bambini venivano messi in istituto, più o meno precocemente, e lì ai danni biologici si aggiungevano i danni ambientali, per cui alcuni di questi bambini diventavano autistici e gravi ritardati mentali.

Negli ultimi decenni, la conoscenza di queste nefaste influenze ambientali e i mutamenti di politica sanitaria hanno permesso, almeno in Italia, alla maggioranza di bambini con problemi più e meno grandi di continuare a vivere nelle proprie famiglie e di frequentare asili e scuole normali, con aiuti di vario tipo. Molti meno, direi nessuno di questi bambini diventano autistici, oggi e molti imparano tante cose e hanno uno sviluppo più o meno vicino a quello normale. Questo è stato perchè si sono eliminati in gran parte gli ostacoli che ne impedivano lo sviluppo (la perdita dell'ambiente familiare, la vita in ambienti privi delle caratteristiche indispensabili per lo sviluppo psichico).

Non sono stati gli interventi 'attivi', più o meno specifici, che hanno permesso questi sviluppi, ma appunto l'eliminazione degli ostacoli e degli aspetti sfavorevoli. Anche adesso questo è quello che è più importante fare, nel seguire lo sviluppo di un bambino con problemi: verificare che non ci siano sulla sua strada ostacoli evitabili, ed eventualmente riconoscerli e ovviarli. Se mi permettete la metafora, indipendentemente dal tipo di bicicletta, sono i bastoni fra le ruote spesso che bloccano il cammino.
Noi non possiamo modificare - per ora la genetica non è ancora in grado - la "struttura della bicicletta", cioè la dotazione genetica individuale: possiamo però cercare e togliere i tanti 'bastoni fra le ruote' che ostacolano lo sviluppo.

Questa visione non interventista ma, per così dire 'igienica' (credo che sarebbe da riportare in auge l'igiene mentale, così come l'igiene in senso lato - cioè il favorire le abitudini sane e l'evitamento di abitudini dannose - è stata uno strumento culturale fondamentale per il miglioramento delle condizioni sanitarie) si scontra però in questo periodo con una visione decisamente interventista che propugna invece la necessità di fare una quantità di interventi , dare una quantità di stimoli. Forse la moda, la necessità di produrre nuove tecniche di stimolo, e quant'altro fanno sì che oggi si rischia il bombardamento di interventi, di stimoli, dalla fisioterapia alla psicomotricità alla logopedia alle riabilitazioni e terapie di ogni tipo (dall'ippoterapia, alla 'pet'-terapia, alla clown-terapia, alla danza-terapia, alla terapia acquatica, ecc ecc, chi più ne ha più ne metta).

Niente di nuovo in tutto ciò: sono sempre esistite le terapie miracolose (l'elisir di lunga vita...) o proclamate come l'ultimo ritrovato della scienza; il problema si pone nella pretesa di avere tali rimedi dal servizio pubblico, cioè gratuitamente a spese della collettività. E qui sorgono i problemi.
A una famiglia che vuole ricorrere privatamente a terapie più o meno nuove ma non confermate validamente io posso dare il mio parere specialistico negativo senza però ostacolare la loro scelta. Ma nel momento che la richiesta mi viene posta come medico pubblico, che deve avvallare e attribuire la spesa al servizio pubblico, le cose si complicano. Molte famiglie ritengono di avere diritto a quello che chiedono e reagiscono conseguentemente a quello che vivono come un rifiuto immotivato. La pressione cui un medico può essere esposto è tanta, e può essere più facile per lui - piuttosto che persistere nella sua convinzione maturata in scienza e coscienza - aderire a posizioni più possibiliste, diplomatiche e, per così dire, salvare capra e cavoli, aderendo a tutte le richieste, o quasi, consolandosi che in fondo ci sono tante opinioni diverse e non si può dire scientificamente cosa sia giusto e cosa no.
Credo che tutto ciò cozza innanzi tutto con la propra deontologia professionale: un medico deve valutare e prescrivere in base a scienza e coscienza, non in base a pressioni o convenienze e neanche per liberarsi delle responsabilità. Neanche quando a dare indicazioni diverse sono magari altri specialisti, o addirittura centri di pretesa 'eccellenza'. Anzi.
Chi ha una certa età ricorda che un tempo andavamno di moda i 'ricostituenti' e gli 'estratti epatici' o surrenalici che molti medici prescrivevano a iosa. Sono spariti a un certo punto senza lasciare traccia, o quasi. Anche ora è quasi impossibile uscire da uno studio medico o tanto meno da un ospedale senza prescrizioni di quasiasi tipo. Ne va del buon nome del centro di eccellenza...

E così via. In questi casi i primi ad essere danneggiati e ostacolati sono i bambini stessi, i genitori, le famiglie di bambini con problemi, esposti a una quantità di informazioni più o meno valide, spinte e pressioni e alle prese con le difficoltà dei servizi pubblici in generale di distinguere il grano dal loglio. Il rischio di perdersi è alto.

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