scuola, paura del'abbandono e paura del mondo esterno

Gentile Dottore,
sono la madre di una bambina di 3 anni. Al compimento dei suoi 5 mesi ho ripreso il lavoro e la bambina, in mia assenza, ha sempre trascorso diverse ore a casa con i nonni e con la zia (vivono tutti nella stessa casa), sviluppando con quest’ultima un rapporto particolarmente stretto. In varie occasioni, diciamo almeno 1 volta ogni 2 o 3 mesi, mi è capitato di dormire fuori (per ragioni di lavoro) e assentarmi anche diversi giorni. In quel caso la bambina si tratteneva a casa dei nonni/zia con piacere e senza mai avere mostrato nostalgia di casa/mamma. Al mio ritorno si mostra comunque contenta di rivedermi. Tanto da un punto di vista cognitivo, quanto motorio, tutto è perfettamente in regola. La bambina è complessivamente serena, con una proprietà di linguaggio molto buona e un archivio di vocaboli particolarmente ricco (questa è una mia valutazione, basata sul confronto con i suoi coetanei). È ugualmente una bambina molto timida e la sua timidezza si manifesta con gli estranei o con le persone che conosce poco (alle quali non rivolge la parola, non risponde se interrogata, spesso cerca addirittura di distogliere lo sguardo per non incrociare il loro). In situazioni a lei non familiari cerca il contatto con una figura di riferimento (me principalmente) e impiega un po' di tempo prima di ambientarsi. Lo stesso accade con la socializzazione con i coetanei: ne è incuriosita ma intimorita allo stesso tempo, ma ha bisogno di tempo prima di relazionarsi. Io ero come lei, non mi meraviglia.
Quando la scorsa estate, e in previsione dell’inizio della scuola dell'infanzia, abbiamo deciso di toglierle il pannolino, non è andata come previsto: la bambina ha avuto un rifiuto e poiché tratteneva molto a lungo la pipì rifiutandosi di farla nel vasino, abbiamo optato (d’accordo con la pediatra) di rimettere il pannolino e attendere che la bambina fosse pronta. Dopo qualche settimana, con più facilità, e ricevendo più elogi da parte nostra e dei premi (ad esempio una caramella dopo la pipì oppure un certo giocattolo) ha iniziato a usare il vasino. Questo è avvenuto a pochi giorni dall’inizio della scuola. Oggi fa regolarmente la pipì nel vasino ma chiede di mettere il pannolino per fare la cacca. Per evitarle stress congiunto scuola/vasino la stiamo assecondando. È l’unica maniera per evitare che trattenga troppo a lungo la cacca.
Ha iniziato la scuola da circa 1 mese, al momento soltanto al mattino (da h 9:00 a h 12:30) e dal primo giorno piange all’ingresso e, quando mi vede nell’atrio, una volta fuori dall’aula, mi viene incontro piangendo. La scuola (pubblica) non ha previsto un vero e proprio inserimento: il primo giorno sono stata in aula con lei per un’ora e poi siamo uscite insieme mentre già il secondo giorno i genitori fuori e i bambini (quasi tutti in lacrime) all’interno. La bambina non oppone particolare resistenza: al mattino mi chiede perché deve andare a scuola, piange un pochino e tutti i giorni, una volta arrivati, mi chiede di aspettarla in giardino. Una volta in classe, così mi dicono le maestre, non piange più e seppure non si senta ancora a suo agio (non fa la pipì nel bagno della scuola e molto spesso non mangia la merenda – ma comunque fa colazione a casa quindi, della merenda, non me ne preoccuperei), partecipa abbastanza alle attività che le vengono proposte.
Spesso nel corso della giornata, una volta uscita da scuola, mi domanda se il giorno dopo bisogna andarci di nuovo; oppure mi chiede “sei venuta subito a prendermi?” “a me è sembrato tanto tempo”, “mi hai aspettato in giardino con le altre mamme?”; nel fine settimana mi domanda più volte “la scuola è ancora chiusa?” “anche le maestre sono a casa?”. Racconta poche cose delle sue ore in classe. Io non insito. Ogni tanto mi dice i nomi dei suoi compagni oppure l’attività che hanno fatto; ma va bene: ha sempre fatto così. con le sue bambole riproduce la scuola: lei nel ruolo di maestra e i bambolotti in quello di alunni, con i nomi dei suoi veri compagni e ripete loro "la mamma viene a prendervi" "in classe ci sono con voi le maestre" che è un po' quello che le dico io per tranquillizzarla.
Oltre al pianto, però, abbiamo notato che chiude le mani una dentro l’altra, spingendone una contro l’altra, ogni qual volta si ritrova in una situazione che le crea disagio. Le faccio degli esempi: al mattino si sveglia e mi chiede se dobbiamo andare a scuola e nel pormi la domande muove le mani in quel modo; le chiedo se vuole andare a fare una passeggiata e nel rispondermi che non ne ha voglia muove le mani in quel modo. Inoltre, da pochi giorni a questa parte (e quindi a distanza di circa 1 mese dall’inizio effettivo della scuola) ha sviluppato un attaccamento inedito nei miei confronti al punto tale da non volere mai lasciarmi o ritrovarsi da sola a casa dei nonni/zia. Questo comportamento ci sembra strano perché ha trascorso tutti i giorni in quella casa, dal lunedì al venerdì, da quando ha 5 mesi e soprattutto ha trascorso lì il suo tempo senza di me: è un luogo per lei familiare, confortevole, dove ha giochi e abitudini consolidate delle quali io non ho mai fatto veramente parte. Quando le domando il perché dice di avere paura di non trovarmi. Credo sia combattuta: vuole stare lì, giocare e fare le sue cose come sempre ma allo stesso tempo non vuole che vada via, mi chiede di farle compagnia lì. Una volta mi ha chiesto "casa di zia non è scuola?".
Mi sembrano sintomi comuni di una possibile “sindrome da abbandono” dovuta all’inizio della scuola. Ma tutta la famiglia sta vivendo con preoccupazione questo atteggiamento e mi è stata segnalata la possibilità che questa situazione poteva essere evitata se avessi coinvolto altre figure familiari nella nuova situazione della scuola: dall’inizio, sono sempre io la presenza fissa sia all’ingresso che all’uscita. La bambina si aspetta di trovare me e ormai vuole ci sia io. Seppure qualche altra persona (il padre o la zia) ci accompagni qualche volta la bambina vuole stare con me. I primi tempi, da questo punto di vista, sono andati bene: alle 12:30 uscivamo da scuola e io l’accompagnavo a casa della zia, dove ha sempre pranzato e trascorso del tempo. E infatti i primi tempi ha vissuto questi passaggi come sempre, salutandomi e trascorrendo lì il suo tempo serenamente.
Da un paio di settimane a questa parte, invece, succede quello che le ho raccontato prima. Quando si verifica, e magari siamo a casa della zia/nonni, io provo a rassicurarla e ricordarle che lo ha sempre fatto, che la mamma va a lavorare ma poi torna a prenderla, la zia va in un’altra stanza perché non riesce emotivamente a sopportare questo improvviso distacco. Quando non riesco a convincerla e la bambina viene via con me, a volte mi chiede “ma zia si è dispiaciuta?” oppure mi chiede di andare dalla zia (in alcuni casi poi ci si trattiene per davvero, in altri no e vuole rientrare a casa da me). Io sono molto combattuta e mi sento la responsabile di questo trauma. Provo a mostrarmi serena e sorridente con la bambina e renderle la scuola interessante. Il padre è invece preoccupato e crede che non riusciremo a uscire da questa situazione, che la bambina vorrà stare sempre con me perché io le ho fatto capire che la figura di riferimento per la scuola sono io, tagliando fuori un altro riferimento importante della bambina (la zia), per le sempre presente negli ultimi 3 anni.
La mia paura è che potremmo trasmettere le nostre frustrazioni (ciascuno le proprie) alla bambina e non riuscire a focalizzarci sul problema per quello che è. Crede sia il caso aspettare che la relazione con la scuola vada meglio, e la bambina si rassicuri prima di alternarci (in base anche a mie esigenze lavorative) per andare a prenderla oppure provare a rompere questo attaccamento, facendole trovare fuori scuola direttamente la zia, così da renderle i passaggi mamma – scuola senza mamma – zia senza mamma – mamma più naturali?
Le maestre sono informate sulla situazione e siamo d'accordo su una nuova strategia per accompagnare la bambina in questo passaggio. Loro sono dell'idea che la bambina deve continuare e in forma costante la scuola, così da affrontare la paura e non correre il rischio di stare assecondandola. Io sono in linea di massima d'accordo ma allo stesso tempo non capisco quanto sia possibile tirare la corda: la paura della bambina potrebbe cronicizzarsi? Esiste un limite oltre il quale non bisognerebbe spingerla? Ci sono dei comportamenti a cui prestare particolare attenzione, in quanto segnali di questa corda che magari si è spezzata?
Grazie, e mi scusi per la lettera-valanga.
Cordialmente,
A G

Quello che non compare se non

Quello che non compare se non per cenni è la vostra situazione e organizzazione familiare e in generale le relazioni e le interazioni e il funzionamento della famiglia, ristretta e allargata. Non basta per così dire l'immagine in primo piano, anche se molto particolareggiata, ci vuole anche il contorno e l'ambiente, per provare a capire. Provi a darmi quindi altre informazioni, magari anche seguendo il questionario bambini qui accanto, colonna a sinistra.

grazie, eccole: gravidanza

grazie, eccole: gravidanza nella norma, senza alcuna difficoltà o problematica. Parto cesareo a causa di tante ore (12) dalla rottura del sacco e nessuna dilatazione (rischioso per i medici poiché io positiva a beta emolitico). Parto regolare, bene io, bene la bambina che nasce alla 38 settimana di 50 cm e 3kg380gr. La sua crescita continua a ritmi regolari, curve di crescita costantemente superiori al 90 percentile. Allattamento misto i primi 2 mesi, solo latte formulato i successivi. Svezzamento sereno, facile. Lo stesso per l'Acquisizione capacità motorie (prima gattonando e poi in piedi) e lallazione e parola. A nove mesi ricovero in ospedale: presumibilmente in piscina, che frequentiamo per corso di acquaticità neonatale, contrae rota virus (proprio nell'anno dell'epidemia, almeno nella regione in cui viviamo). In casa siamo io, mio marito e la bambina. Tra i genitori la figura principale è la mia: il padre esce di casa al mattino prima del suo risveglio e rientra in serata. spesso, nel primo anno e mezzo di vita, rientrava quando la bambina era già addormentata di nuovo. Figura presente, quasi in forma di delega al padre, è da sempre la zia (sorella del padre, appunto) che più o meno quotidianamente (salvo fine settimana) trascorre del tempo con la bambina, prima in casa con me e poi a casa sua (insieme ai nonni paterni) quando io ho ripreso il lavoro. La zia è premurosa e affettuosa, molto legata alla nipote e la bambina si è mostrata altrettanto affezionata, ricevendo per altro attenzioni, consenso e desideri esauditi ai quali ho cercato in alcune occasioni di porre degli argini (i "no" sono importanti). Il padre è ugualmente affettuoso ma poco presente e non si è mai occupato della quotidianità della bambina (pannolini, bagnetto, pasti, tra gli altri). Lei dorme nel letto con noi e sono io ad addormentarla (leggiamo libri, storie, tutte le sere) ma la bambina sembra non avere consapevolezza del fatto che anche il padre dorma a letto con noi (in fondo, non lo trova in stanza né alla sera né al mattino). Una volta sveglia trova me, e dopo lavare, vestire, mangiare, giocare un po, la zia viene a prenderla e trascorre con lei le successive 7 ore circa. io vado a riprenderla dopo la sua merenda del pomeriggio. La bambina, durante la settimana e salvo mia assenza, cena e dorme in casa con noi. Nel fine settimana, nei festivi o nelle vacanze sempre con me/padre. Quando io sono fuori si trattiene dai nonni/zia anche per la notte mentre il padre cena lì ma dorme a casa nostra. In previsione inizio scuola ho ridotto quasi del tutto le mie trasferte e accompagnato/ripreso la bambina sempre io. Una volta uscita il percorso è sempre stato scuola-casa della zia. Fino a 2 settimane fa, quando la bambina non ha voluto più starci per paura io non ci fossi. In più a quanto raccontato nel mio primo post, ha sviluppato una paura dell'"esterno" e si mostra serena solo quando fuori siamo io e lei. ho notato, inoltre, che ogni qualvolta io la riprendo per una sua azione che "non si fa" (colorare sui muri, svuotare il pacco di pasta sul pavimento, etc) mi si avvicina per abbracciarmi e dirmi che mi vuole bene. Me lo diceva anche prima (come io lo dico a lei) ma non in risposta a un rimprovero. Per questa routine acquisita negli ultimi anni, l'accusa mossa nei miei confronti dice di avere escluso un riferimento fisso della bambina da un cambiamento tanto pervasivo come l'inizio scuola. La "crisi", dicono, ci sarebbe stata lo stesso, ma per lo meno la sua paura si sarebbe espressa attraverso un attaccamento non solo a me: anche alla zia - così che la bambina non avrebbe visto crollarle intorno tutte le sue certezze. aggiungo, e forse sarebbe stato il caso farlo fin dal primo post, che la zia è reduce da un grave incidente che le ha compromesso in forma seria i normali movimenti a una gamba con le ricadute psicologiche che un avvenimento del genere comporta. La bambina e il tempo trascorso ad accudirla, ha rappresentato uno "scopo" e a tratti una terapia. Così si spiega la reazione di sconforto e eccessivo dispiacere per il "rifiuto" della bambina a voler stare (ancora) con lei. Reputo la scuola fondamentale, importantissima per permettere a mia figlia di confrontarsi e muoversi in spazi che non siano quelli strettamente familiari. Ma, come in chiusura del primo post, quanto posso tirare la corda, viste le reazioni della bambina, e non rischiare di compromettere tutto?

Indubbiamente qualcosa nella

Indubbiamente qualcosa nella situazione ambientale deve essere stata per certi versi non adeguata e la bambina, di fronte al distacco per la scuola, importante passaggio nella crescita che richiede una 'base sicura' di ritorno, sembra trovarsi a disagio molto più di quanto le sua capacità globali giustificherebbero.
Lei parla di 'accuse'... parola rischiosa, che rischia appunto di portare a processi e colpevoli, invece che a capire e magari individuare gli ostacoli e rimuoverli. Può darsi che rifletta un conflitto fra adulti che si scontrano per la bambina, come dei genitori che si separano o dei genitori adottivi verso i genitori naturali.
La bimba sembra in questo momento essere insicura dei suoi punti di riferimento e come in conflitto fra mamma e zia. L'uso di un bambino come 'terapia' per un'altra persona, e come 'delegata' del padre, cui accenna, ma un po' anche della madre, che l'ha usata come sostituta, forse in maniera eccessiva, appare rischioso e strumentale, e forse ha portato a questa impasse. Il comportamento della bimba e le sue verbalizzazioni sembrano indicare l'incertezza della bimba e la sua paura, come capita ai bambini nelle situazioni sopra accennate.
Credo che sia bene innanzitutto chiarirsi fra adulti e chiarire le responsabilità e quali sono le reali figure genitoriali: probabilmente la figura della zia è andata oltre i limiti abituali delle figure di aiuto ai genitori, come nonni, babysitter, ecc.. In attesa che gli adulti chiariscano le reciproche posizioni che sono state alterate e confuse e forse sono più complesse di quello che appare , e magari organizzino in maniera più adeguata e stabile la vita della bimba, credo sia utile continuare come in questo mese, rassicurando la bambina non con le parole ma con una presenza maggiore della madre e mantenendo i contatti con zia e nonni evitando però 'deleghe' genitoriali e confusioni. Forse è da chiamare anche la figura paterna a assumersi il suo ruolo in maniera più adeguata evitando deleghe.

la ringrazio molto per i

la ringrazio molto per i suggerimenti. mi permetto di chiederle un chiarimento ulteriore rispetto alla scuola. negli ultimi 10 giorni la bambina non è andata: prima per malattia e successivamente per permetterle di tranquillizzarsi, come suggerito anche dalla pediatra di base. A mia figlia ho detto che la scuola è chiusa per un po', per permettere a tutti, bambini e maestre di riposare, ma che ritorneremo, una volta riaperta. Il rientro è previsto per lunedì 6 novembre. Reputa opportuno ricominciare la scuola e con le stesse modalità di permanenza? Nel mio colloquio con le maestre ho chiesto l'attivazione dello sportello psicologia: non tanto per la bambina (che recentemente ha già dovuto incontrare nuovi medici e subire prelievo del sangue per approfondimenti necessari che ci hanno permesso di diagnosticare una allergia importante e che completa un quadro di eccessiva pressione tutta sulle spalle della piccola. Camici bianchi, per ora, basta) ma soprattutto per gli adulti coinvolti. Presentare il caso al/alla psicologo/a (incontro a cui saremo presenti genitori e maestre) a cui seguirà presenza del/della professionista in aula che osserverà la bambina (senza che lei né i compagni lo percepiscano: come da protocollo sarà introdotto/a in aula come insegnante) credo possa aiutare le maestre a individuare l'approccio migliore da adottare con lei nelle ore sotto la loro responsabilità e soprattutto noi per i prossimi mesi. Non è possibile organizzare un inserimento graduale, magari con mia presenza in aula per qualche giorno in più, come sostegno alla bambina nei primi tempi dopo una lunga assenza. La mia paura, allora, è che il rientro si realizzerà in una recidiva e che questa possa verificarsi con manifestazioni magari peggiori. Per questo le domando suo parere specifico. Grazie.

Guardi, mi sembra che

Guardi, mi sembra che rischiate di fare confusione e di confondere ancor più la bambina. Mi sembra che Lei mamma sia piuttosto in ansia, comprensibilmente ma a rischio di farsi trascinare dall'ansia. Il problema della bambina non è la scuola: mi sembra che siano da separare le questioni familiari, di cui si tratta, dalle questioni di scuola, dove la bimba sembra solo mostrare difficoltà di separazione non diverse da altri bambini. E' un segnale del problema, non è il problema. Mi sembra che abbiate un problema di limiti, cioè confini: è bene che fra i vari ambiti i confini siano ben chiari, non solo fra scuola e famiglia, ma anche fra famiglia stretta e famiglia allargata, e forse anche all'interno della famiglia, fra spazio di coppia e spazio dei figli. Più che la psicologa della scuola, che anzi io sconsiglio - rischiate che i vostri problemi finiscano in piazza, fra psicologa scolastica, insegnanti, direttrice, custodi, altre famiglie, ecc - meglio allora cercare un aiuto psicologico extrascolastico, non tanto per la bimba ma per i genitori, per aiutarvi a vedere meglio le difficoltà, perchè mi sembrate un po' confusi e rischiate di fare ancora più confusione.
Per la bimba, direi che torni tranquillamente a scuola come dopo una vacanza o malattia, senza particolari cambiamenti: se ci saranno problemi si affronteranno, inutile pensarci prima. A scuola non sembrano essere emersi particolari problemi di gestione, magari ora le insegnanti saranno un po' troppo sensibilizzate, se le avete messe a parte delle vostre questioni. Ma ricordate: sono insegnanti, non psicologhe dei bambini. Non tocca alla scuola occuparsi delle difficoltà delle famiglie, perchè non ne ha le competenze, al massimo possono segnalare dei problemi perchè i genitori li mettano a fuoco e cerchino eventualmente un aiuto.

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