Disprassia: pareri diversi

Su cortese segnalazione ho scoperto che alcuni miei interventi hanno attirato l'attenzione di genitori impegnati sul fronte disprassia, comprensibilmente preoccupati di fare scelte giuste per i loro figli.

Fra i motivi frequentemente portati dai genitori a sostenere le tesi di intervenire direttamente sul bambino, che sono confermate di solito anche da logopediste e da specialisti 'interventisti' di vario tipo, per non parlare delle maestre, che sono di solito accese sostenitrici di interventi ad oltranza e spesso sottopongono i malcapitati genitori a pressioni insostenibili, ci sono i seguenti:
1)l'impossibilità di "non fare nulla e limitarsi a guardare" il loro bambino in difficoltà
2) la speranza data da chi si presenta come un esperto sostenuto da ampie certezze scientifiche, più o meno veritiere, specie se con un ruolo universitario di qualche tipo.
3) il dato dell'evoluzione positiva del bambino in seguito all'intervento.

Vorrei rispondere ai tre punti:
1. il dire che non si deve intervenire sul bambino ma rimanere in osservazione viene preso spesso come 'non fare nulla'. Non è così. Quello che io propongo non è di abbandonare il bambino a se stesso (e i genitori a se stessi), bensì è di lavorare con le famiglie per conoscere meglio le diverse situazioni e individuare aspetti favorevoli e sfavorevoli allo sviluppo, tenendo conto dello sviluppo globale del bambino, non solo di quello settoriale, linguistico o neurologico, bensì di come questi aspetti incidono in quello globale. Io invito sempre alle sedute tutti e due i genitori insieme al figlio o anche ai figli, se ci sono fratelli, per osservare il bambino non isolatamente, 'in vitro' quasi, come un preparato di laboratorio da misurare e testare con prove ed esperimenti , ma 'in vivo', cioè inserito nel tessuto della sua famiglia e delle interazioni comunicazione relazioni che si possono osservare con questo metodo, che è il classico metodo osservativo partecipe della neuropsichiatria infantile di impronta clinica psicorelazionale / interattiva. Io propongo di solito un periodo di valutazione/intervento per vedere sia gli aspetti che dicevo che l'evoluzione nel tempo del bambino e le sue risposte all'intervento e ai suggerimenti ai genitori che possono venirne, relative all'organizzazione familiare, alle abitudini ecc. E, direi 'sempre', il bambino mostra una risposta favorevole al fatto di occuparsi di lui e all'aumentata attenzione dei genitori a lui, che è la conseguenza diretta di questo metodo. L'attenzione alla situazione fa scattare una maggior attenzione all'assetto della famiglia, fa 'scoprire' o dare valore a cose non osservate perchè spesso coperte dall'ansia dei genitori. Spesso l'evoluzione positiva permette di lasciar tempo al bambino e non alterare artificialmente la sua organizzazione di vita.
Questo permette anche di rispondere anche al
punto 3) : credo che sia stato anche dimostrato che spesso un intervento, di qualunque tipo, ha un effetto positivo perchè di per sè mobilita fattori positivi, speranze, energie e diminuisce ansie e sensi di colpa, aumenta l'attenzione, favorisce le interazioni e le comunicazioni. Potremmo dire quindi che nei risultati positivi segnalati dai sostenitori dei vari metodi,per valutarne l'efficacia bisognerebbe separare un effetto comune , di base, che potremmo chiamare 'placebo', per somiglianza con l'effetto psicologico delle medicine (e dell'acqua fresca somministrata appunto come 'placebo' per confrontarne gli effetti) da un effetto specifico di quel metodo. Ma è questo che manca di solito: oltretutto non si tiene conto che altri fattori possono entrare in gioco, più o meno casualmente: gli ambienti scolastici e le loro caratteristiche, ecc.
Il punto 2) possiamo forse trascurarlo perchè anche questo in parte già risposto sopra.

Pertanto la scelta di fronte a cui sono i genitori non è fra 'intervenire' o 'non fare niente', ma 'intervenire sul bambino', alterando spesso marcatamente i suoi ritmi ed esperienze di vita esponendolo ad esperiernze innaturali non necessarie o lavorare sull'ambiente familiare per permettere che sviluppi i suoi aspetti positivi, che spesso - sempre, in ogni famiglia, se vale l'aforisma 'nessuno è perfetto' - sono frenati da ostacoli invisibili dall'interno. Quest'ultimo è in realtà un intervento volto a mobilitare le risorse positive dell'ambiente familiare, spesso mascherate da ansie, complessi di colpa e scelte organizzative ed educative non ottimali, e a permettere al bambino di sviluppare le sue potenzialità coi suoi ritmi, che non sono uguali per tutti, perchè le caratteristiche e anche i tempi di maturazione e apprendimento sono diversi.

Entrambe le scelte sono per così dire aprioristiche, non possono basarsi su certezze 'scientifiche' sulle cause dei disturbi dello sviluppo psicologico e del linguaggio, che non sono conosciute, ancora. Tanto più quelle della 'disprassia', di cui si può dire soltanto che è un ritardo di maturazione, perchè se si riscontrano anomalie neurologiche pur minime non si parla più di 'disprassia', se non come sintomo.

A me capita di solito che quando oggetto di osservazione è tutta la famiglia (non solo nel campo del linguaggio, direi) le cose che si presentano all'osservazione sono spesso tali che passa di mente di fare qualcosa al bambino singolarmente, perchè spesso, quasi automaticamente, mettendo a fuoco degli ostacoli, viene la curiosità e l'interesse di vedere cosa succede se quegli ostacoli si riducono. Ovviamente chi non usa questo strumento, non così facile da imparare a usare come può sembrare, quelle cose non le vede e non può neanche immaginarle.

Diverso discorso andrebbe invece fatto per la quantità di pressioni cui le famiglie con bambini di questo tipo sono sottoposte, in primo luogo dalle scuole, dove spesso certe insegnanti si ergono a diagnoste ed esperte e quasi impongono le loro opinioni ai genitori, oltre che dagli strumenti di pressione e pubblicità quali articoli su giornali, trasmissioni TV ecc. Difficile, per i genitori di oggi distinguere le offerte utili, nel bombardamento cui sono sottoposti, talvolta anche nelle costrizioni ambientali come quelle che aveva descritto una mamma in questo consulto...
Vedi anche l'articolo sulle indicazioni inappropriate.

Noi genitori ed il vuoto....

Buongiorno Dott.Benedetti,

sempre a proposito di noi genitori impegnati sul fronte Disprassia mi permetto di aggiungere la mia personale esperienza che tanto strettamente personale non è, visto che molti genitori l'hanno vissuta.Leggere i suoi articoli mi fa pensare al NPI che segue mia figlia di 3 anni diagnosticata Disprassica a soli 21 mesi e per la precisione Disturbo evolutivo specifico della funzione motoria, dopo il solito iter fatto di esami sue esami compresa una RM per la quale ho dovuto molto insistere, viste le reticenze dello specialista, e fatto anche di angoscia e dolore poichè ho purtroppo incontrato a volte specialisti che mi avevano prospettato malattie incurabili.Poi per fortuna , diciamo così, ho incontrato medici che dati alla mano sono arrivati alla conclusione. Anche io come molti mi sono rivolta alla nota psicologa nei confronti della quale il NPI di mia figlia nutre dubbi anche se non si è mai espresso apertamente, a differenza della schiettezza che mi riserva accusandomi spesso di voler rendere la vita di mia figlia una terapia. Questo atteggiamento , sicuramente fondato, per carità , abbastanza ottimista nei confronti dell'evoluzione della Disprassia della piccola è sicuramente rincuorante, pur essendo una disprassia generalizzata importante con difficoltà fino motorie evidenti nonchè problemi fonetici e fonolgici. Io personalmente non abito nella nota città dove opera tale dott.ssa e pertanto anche solo reperire le figure giuste è una impresa quasi impossibile.Ma una cosa credo di poterla dire .E' l'unica che si è dedicata e si dedica a questi bambini. L'unica che offre un metodo, giusto o sbagliato non lo so, ma credo che qualcuno con figli piu' grandi possa dire che i risultati li ha ottenuti. L'unica che nella confusione generale ed in assenza di informazione a tutti i livelli si rende disponibile e focalizza il da farsi sulla base delle esigenze del bambino.Ora non voglio polemizzare tanto meno con lei che essendo medico ha sicuramente chiara in mente la situazione piu' di me....pero' l'aspetto sul quale vorrei soffermarmi è uno.Quando il NPI congeda i genitori accompagnandoli alla porta con in mano un foglio su cui è indicata la diagnosi e la terapia un genericissimo PSICOMOTRICITA', manda i genitori incontro al VUOTO. Io non sapevo cosa fosse la Disprassia, "goffa" , "impacciata"...."non è una malattia"..."probabile causa una sofferenza fetale" le uniche parole che ricordo mi rimasero impresse, non sapevo cosa fosse la psicomotricità, che cosa facessero i neuropsicomotricisti dell'età evolutiva(figure irreperibili) .Mediamente con determinazione ti dai da fare...ma molti non sanno nulla di Disprassia ed i terapisti delle ASl spesso non sono neuropiscomotricisti ma semplici terapisti della riabilitazione che fanno anche quello. Tanta presunzione e niente piu'.Possibile? I dubbi sono tanti, le incertezze un peso.Nel frattempo la bimba cresce, corre, va in bicicletta, salta,non cade piu', è socievole, ride , scherza, indipendente...mangia da sola , beve da sola....certo è goffa. Li avrebbe fatti comunque questi progressi??????Io me lo chiedo ogni giorno.Ogni giorno mi chiedo se il NPI ed anche lei non abbiate ragione. Ma come si fa a mediare con la nostra paura? Con il nostro volere che i figli abbiano una vita serena? E se mia figlia non fosse Disprassica? E poi a scuola che ne sarà di lei? La primaria è una guerra, le maestre non hanno tempo da perdere, lo vedo tutti i giorni con il primogenito che ha scritto copiando dalla lavagna dal 3° giorno di scuola. Un disprassico non lo sa fare solitamente.Insomma dottore noi vorremmo solo che ci sia piu' rispetto e comprensione per un disturbo che va seguito e che solitamente interferisce con le normali attività oramai standardizzate della vita di oggi. Questo è il mondo in cui dovranno vivere.La scuola... una buona fetta della loro vita ....Io non ho potuto usufruire di questa nuova metodologia , ma ho trovato delle terapiste che mi sembrano brave ed umane , dopo averne cambiate due. Due vole a settimana psicomotricità...in due ore a cosa dare precedenza????Un' ora di logopedia ...poco? Troppo? Io non so...ma dentro di me sono sempre in cerca della soluzione ottimale. Esiste?
Mi scusi la lungaggine , la confusione e forse il tono polemico.Non me ne voglia.

Non gliene voglio per niente!

Non gliene voglio per niente! Anzi, grazie per l'intervento, che mi dà stimolo a cercare di spiegarmi meglio.
Sono io che non riesco a frenare un tono polemico, spesso, ma vorrei chiarire che non è mai verso i pazienti o clienti o utenti che dir si vogliano, e nemmeno verso i colleghi che portano altre idee e proposte. La mia polemica è verso gli atteggiamenti che si pongono come 'sicuri', 'scientifici' e pretendono di vedere prove di quanto affermano in dati che invece non provano niente. E sono polemico in particolare (nel senso letterale, di 'scontro', 'guerra'), come può vedere fin dalla home page di questo sito, contro la pretesa di certa psichiatria e certa psicologia di sostituire l'osservazione clinica diretta e il rapporto diretto medico paziente con liste ed elenchi di sintomi o caratteristiche dalla cui presenza quantitativa ( misurabile secondo loro in questo modo) di per sè passa a fare diagnosi di malattia. Sulla base di questa tendenza si sta assistendo in tutti i campi della psichiatria e delle discipline annesse a una crescita quasi esponenziale, epidemica, di nuove 'malattie' che non sono tali, ma sono comportamenti e caratteristiche personali che differenziano sì le persone fra loro, ma non costituiscono malattie. La costruzione di nuove malattie porta inevitabilmente al business delle 'terapie' che vengono offerte e si assiste oggi al pullulare di nuove 'terapie' assolutamente prive di qualsiasi riscontro effettivo, in cui il rischio è che si metta il carro davanti ai buoi . Mi spiego: con l'aumento di 'specialisti' in psicomotricità, logopedia, scienze motorie, e poi via via musicoterapia, danzaterapia, ippoterapia - tutti propagandati anche a livello di 'master' universitari ( e anche qui si potrebbe approfondire...) - c'è bisogno poi di trovare pazienti e clienti per i 'terapeuti' che altrimenti rimangono disoccupati. E la via più semplice è di trasformare normali difficoltà e problemi della vita e dello sviluppo in 'malattie' cui fornire le nuove 'terapie'. E poi guarda caso questi terapeuti, che siano specialisti in motricità o linguaggio o danza, ecc, finisce che si occupano o pretendono di occuparsi di tutta la personalità del bambino, senza averne la minima competenza. Prime fra tutte ad essere chiamate in causa sono le maestre d'asilo nido o scuola materna, o via via salendo, che per aver fatto qualche corso di formazione o di informazione, sono poi convinte e diventano quasi inconsapevoli procacciatrici di clienti a chi ha fatto loro il corso. E le famiglie si trovano così bombardate di informazione e quasi costrette, a volte, a rivolgersi a quei centri.
Il pericolo è non solo o non tanto di fare interventi inutili - perchè magari quei progressi che vengono segnalati ci sarebbero stati ugualmente: difficile fare studi sull'argomento, come vengono fatti per i farmaci, ad esempio, anche se si bara anche sugli studi, come si sa - ma che gli interventi abbiano effetti collaterali controproducenti e siano dannosi. Questo è poco noto e poco valutato, anche perchè i fornitori di questi interventi non hanno una formazione medica: i medici sanno che gli interventi medici possono far male, comunque, che sia un farmaco o una puntura o l'incisione col bisturi: si fanno perchè l'effetto positivo dell'intervento supera il suo effetto negativo. Non si tiene conto che qualsiasi intervento tecnico, innaturale, porta degli effetti sull'oggetto dell'intervento (che non è solo l'organo o la funzione del bambino in quel momento, ma la personalità globale del bambino in via di sviluppo, nella sua famiglia), spesso imprevisti, spesso negativi. Bisogna tenerne conto per decidere se intervenire o no. Se l'intervento è necessario , come se la gamba è fratturata o c'è un'appendicite acuta, non ci sono dubbi. Se l'intervento non è necessario, perchè il 'disturbo' può passare da sè, o perchè i rischi sono superiori ai benefici, a mio parere è meglio non farlo, e aspettare per vedere l'evoluzione naturale della situazione.
Il che non vuol dire che io propugni di non fare niente. Siccome non ho nè la bacchetta magica nè la sfera di cristallo per vedere il futuro, io propongo un'osservazione dello sviluppo, per dare tempo al bambino di maturare con i suoi tempi e al contempo per valutare se ci sono ostacoli a ciò: questi possono essere sia intrinseci al bambino (per cui si fanno se è il caso esami medici per trovare o escludere malattie note, genetiche o acquisite) sia presenti nell'ambiente, nell'organizzazione e nelle funzioni familiari o nelle esperienze, che magari sono 'normali, ma negative per quel bambino in quella situazione.
Pertanto io tendo a rinviare gli interventi tecnici sul bambino stesso e a lavorare accompagnando le famiglie nello sviluppo (anche le famiglie hanno uno sviluppo, sono in effetti un organismo che passa fasi di sviluppo a volte più a volte meno difficili: quella col bambino piccolo è una delle fasi difficili, con grandi cambiamenti nell'equilibrio familiare).

Aggiunta: mi permetta però di contestarle una frase: "(la dottoressa) è l'unica che si è dedicata e si dedica a questi bambini. L'unica che offre un metodo, giusto o sbagliato non lo so, ma credo che qualcuno con figli piu' grandi possa dire che i risultati li ha ottenuti. L'unica che nella confusione generale ed in assenza di informazione a tutti i livelli si rende disponibile e focalizza il da farsi sulla base delle esigenze del bambino" Questa frase non mi sembra vera, ed è ingiusta verso tutti coloro che invece si occupano di bambini in difficoltà e delle loro famiglie. Non conosco la dottoressa in questione e può darsi che sia più umana e disponibile di altri specialisti che voi avete incontrato e cha abbia risposto più adeguatamente alle vostre esigenze di accoglimento, ascolto e supporto. Purtroppo anche in neuropsichiatria infantile come già in psichiatria si assiste a un'evoluzione sempre più tecnicistica e disumanizzante della medicina, per cui i medici (npi e psichiatri) ma anche molti psicologi si occupano dell''organo cervello' e non della persona e della famiglia, che anzi sono spesso considerati dei fastidi da evitare alla meglio. Ma non è perchè voi (ipotizzo) vi sentite meglio accolti che le teorie affermate da quella dottoressa sono giuste. In parte penso sia proprio questo: l'effetto di buon accoglimento, fiducia e speranza è probabilmente il motore dei progressi segnalati, non 'specifico' del metodo, quindi, ma assolutamente 'aspecifico' come un effetto placebo.

Quanto al vostro caso personale, se le cose vanno bene non avete che da essere contenti - credo, e me ne felicito - e cercare di continuare a farle andare bene.
Se foste dei tecnici dovreste cercare di capire cosa ha avuto effetto e cosa no, ma essendo degli 'utenti', con altre professioni e interessi, forse no, potete accontentarvi che vi è andata bene. Altrimenti il rischio è di traformarvi in 'aficionados' di un metodo e di mettervi a fare propaganda per farlo prevalere sugli altri, come si assiste purtroppo tante volte. Un tempo succedeva con i metodi fisioterapici (Doman, Vojta, Bobath, Kabat, ecc), oggi con i metodi per l'autismo ( ABA, TEACCH, ecc), dove le persone si schierano come fans e sostenitori che spesso rasentano il fanatismo e quasi le guerre di religione anche con vittime sacrificali (vedi il sito autismoincazziamoci). E così via. Tutto ciò non fa parte nè della scienza nè dell'assistenza, bensì dell'uso strumentale che ne fanno gli uomini più o meno consapevolmente, per altri interessi..
Il tempo sarà giudice e se son rose fioriranno: nessuno contesta l'utilità degli antibiotici laddove sono indicati. Ma per ora noi come tecnici cerchiamo di fare il nostro lavoro con scienza e coscienza e onestà.

Grazie dottore...

per la sua risposta direi esaustiva.
Non sono propriamente una fanatica di un metodo o di un altro...anche perchè dove abito si segue la tradizione, per così dire!
Sono solo un genitore preoccupato del futuro della propria figlia, visti i ritmi poco rispettosi della PERSONA nella sua totalità. A me non interessa che la mia piccola faccia una determinata cosa in 5 secondi, la puo' fare anche in 10 minuti, se la fa ,va bene. Lei fa progressi , nonostante la sua motricità fine scadente ed il suo modo di esprimersi abbastanza povero, ma è in gamba, sveglia, doti sulle quali si punta molto.Come dice il NPI che ci segue, non dobbiamo guardare solo i difetti ma anche le potenzialità.
Mi permetta di precisare che la frase che cita a proposito della nota ..etc etc, è stato forse uno sfogo maldestro che parte dalle esperienze negative avute. Come lei dice e sottolinea da medico specialista, molte sono le persone che rivestono ruoli che non competono loro. Le dovrei parlare a lungo della ex terapista di mia figlia, un vero esempio di come il servizio pubblico puo' fare solo danni e non solo pubblico. O potrei parlarle di un genetista che senza avere in mano un straccio di esame partendo dal dato evidente dell'impaccio motorio e dal fatto che a 18 mesi avesse una circonferenza cranica di 45 cm ( mia figlia era un chiodo all'epoca) ci aveva già detto che molto probabilmente si trattava di qualcosa di genetico e quindi irreversibile.Sino a quando non abbiamo trovato medici di coscienza che hanno anche capito in che stato d'animo fossi , io ho vissuto mesi da incubo. Il tempo ed i risultati degli esami ci hanno dato ragione. Capita anche questo, purtroppo.
Dal mio canto cerco di seguire le indicazioni che gli specialisti tutt'ora mi danno, da non esperto è ovvio che gli strumenti per comprendere fino in fondo e capire cosa si dovrebbe fare o no non li ho come non li ha mio marito.Diciamo che mediamo fra l'istinto ed i pareri di chi ne sa piu' di noi.

L'aspetto umano credo sia un elemento fondamentale nel momento in cui un genitore , un utente , incontra lo specialista o comunque chi offre un servizio, soprattutto in campo medico.un ovvietà....forse no.

La ringrazio nuovamente.

Stefania

Gentile signora, le

Gentile signora,
le discussioni e le polemiche si fanno fra professionisti e non, sulle questioni generali. Sul singolo caso un medico cerca di dare il suo parere sulla base delle conoscenze e dei dati che può avere, primo fra tutti l'esame clinico e poi altri esami ecc. Purtroppo a volte il medico deve comunicare cose spiacevoli, ma la realtà spesso contraddice anche le diagnosi e le prognosi mediche più autorevoli. Concordo con lei che ogni bambino dovrebbe essere lasciato evolvere ai suoi ritmi e non forzato a tutti i costi a corrispondere ai ritmi previsti. Ed è sempre bene ricordare che i medici e gli altri professionisti danno i loro pareri, ma poi a decidere sono i genitori, sulla base anche del loro istinto, inevitabilmente.
Con i migliori auguri

disprassia

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