psicoanalisi: pro e contro

PSICOANALISI: PRO E CONTRO
(consigli per la scelta)

Che cos’è la psicoanalisi?
Potremmo rispondere parafrasando la risposta data all’analoga domanda: che cos’è la matematica? Qualcuno ha detto che è l’area della conoscenza che si occupa di oggetti matematici. Se poi questi oggetti facciano parte del mondo reale o di un mondo mentale, è materia ancora di dibattiti, dai tempi di Pitagora ad oggi. Analogamente potremmo dire quindi che la psicoanalisi è la disciplina che si occupa di oggetti psicoanalitici. Anche sull’esistenza o meno di questi oggetti, nel mondo reale o nel mondo mentale, il dibattito è aperto con toni a volte molto accesi. Per qualcuno la matematica è qualcosa che solo a parlarne gli dà l’orticaria, forse per cattive esperienze scolastiche: ugualmente la parola psicoanalisi produce effetti simili a alcune persone, che non possono neanche sentirla pronunciare, forse anche qui per cattive esperienze.
Per chi non è già alle prese con l’orticaria, proseguiamo dicendo che la psicoanalisi si può anche definire come: 1) un metodo di indagine conoscitiva del campo psichico, 2) una forma di psicoterapia e 3) un’insieme di teorie sullo sviluppo e il funzionamento della psiche, altrimenti detta ‘mente’. Anche se per qualcuno i due termini non sono completamente coincidenti e per qualcun altro addirittura non hanno significato perché non sono visibili o misurabili coi sensi o gli strumenti tecnologici finora progettati per vedere il cervello e registrare la sua attività bioelettrica o biochimica. Un po' come i sogni, la cui presenza almeno ma non il contenuto è registrabile all'elettroencefalogramma, e dà la fase REM del sonno. Diremmo che i sogni non esistono, perchè non si vedono "oggettivamente"? Ovviamente noi possiamo capire cosa intende dire qualcuno nel 'raccontarci un sogno', perchè abbiamo noi stessi esperienza dei nostri sogni, così come del dolore, dei sentimenti, delle emozioni, ecc. Noi comprendiamo cosa può passare per la mente degli altri perchè abbiamo esperienza della nostra e spesso magari sbagliamo nell'attribuire ad altri nostri pensieri.

La psicoanalisi esiste ormai da centodieci anni, ha improntato una vasta area della cultura del XX secolo ma da qualche tempo è nell’occhio del ciclone, attaccata da più parti (specialmente dalla psichiatria bio-farmacologica e da alcune scuole di psicoterapia) con accuse di non essere una disciplina scientifica, di non avere valore terapeutico accertato e comunque di essere ormai superata da altre forme di psicoterapia sviluppate negli ultimi decenni, più efficaci e più efficienti secondo i critici. Anche i consulti di Medicitalia ospitano spesso contrasti su quest’argomento.

Le accuse di non far parte del campo della scienza, ma piuttosto della metafisica quando non delle tante aree di metodi curativi che si pongono al di fuori del campo medico-scientifico occidentale, sono di solito riassunte nella critica fatta a suo tempo dal filosofo Karl Popper, che aveva ideato un criterio per distinguere le teorie scientifiche da quelle non scientifiche, in base al quale escludeva la psicoanalisi dall’ambito scientifico (falsificabilità). Altri però hanno messo in questione la validità del criterio di Popper e l’epistemologo Adolf Grunbaum a sua volta criticava e respingeva quelle conclusioni e sottoponeva ad altra indagine la psicoanalisi senza arrivare in effetti a una conclusione definitiva. Più o meno assoluzione per insufficienza di prove. Ma molti continuano indifferenti a dichiarare che la psicoanalisi non è scientifica perché non è falsificabile.

Il METODO

Tornando ai tre campi definiti dalla parola psicoanalisi, quello metodologico, quello psicoterapico e quello teorico, si può dire che il metodo psicoanalitico è l’elemento caratterizzante questo tipo di approccio che mantiene una unità di base in un campo diviso, come è noto, in scuole diverse, (freudiana, junghiana, adleriana, kleiniana e post-kleiniana, lacaniana, winnicottiana, ecc) e lo differenzia da altri approcci psicoterapeutici. Sono le teorie, in effetti, dello sviluppo, dei fattori patogeni, della tecnica terapeutica, che dividono le diverse scuole, oltre ad altri fattori. Il metodo è ancora essenzialmente quello ‘scoperto’ da Freud nel giro di alcuni anni sulla fine del secolo diciannovesimo, ma solo un po’ alla volta sono stati messi a fuoco i vari aspetti. Quello che ha scoperto Freud, abbastanza casualmente, è simile alla scoperta del chimico che mettendo alcuni ingredienti in un contenitore osserva un particolare tipo di reazione: lo studio delle reazioni e configurazioni determinate da tale mistura è ancora in atto. L’unione di questi elementi, la persona del paziente, la persona dell’analista, per un dato tempo (45, 50 minuti) in un dato luogo protetto (la stanza d’analisi), con una successione regolare di sedute, determina alcuni fenomeni che diventano l’oggetto di osservazione e di lavoro della coppia paziente/analista. Prima di tutto la situazione analitica, che viene costituendosi nel succedersi delle sedute con cadenza e andamento costante sulla base di poche regole di fondo (setting), permette il configurarsi della relazione analitica, fra paziente e analista, che progressivamente si complica e viene a raccogliere una quantità di elementi diffusi nella vita e nelle relazioni esterne del paziente che tendono a concentrarsi e a permettere di essere affrontati. Questo avvia un processo relazionale interattivo che si sviluppa nel tempo costituendo il processo psicoanalitico.

LA TERAPIA

Quanto sopra costituisce le basi della terapia psicoanalitica, che si tratti della classica analisi a 4 sedute la settimana di durata superiore a 5 o 6 anni, o di interventi di psicoterapia psicoanalitica più brevi e limitati e meno intensivi o di consultazioni psicoanalitiche. La terapia è come si diceva un processo attivato dal costituirsi delle condizioni descritte, cioè situazione analitica e relazione analitica, che si sviluppa nel contesto descritto coinvolgendo i due (o più, in caso di terapie di coppia, famiglia o gruppo) membri della relazione. Il processo psicoanalitico è per così dire favorito, custodito e supervisionato dall’analista che ne è al contempo coinvolto e porta, attraverso fasi che sono state descritte in vario modo, alla sviluppo e alla conclusione della terapia, in tempi che sono normalmente piuttosto lunghi e intensivi, tranne che nelle forme brevi o nelle terapie familiari e di gruppo. La terapia si rivolge alla personalità nel suo complesso, indipendentemente dai sintomi che hanno portato il paziente alla richiesta di aiuto, e tende a favorire una maturazione e ripresa dello sviluppo della personalità, le cui difficoltà hanno dato luogo alla manifestazione dei sintomi.

LE TEORIE

Con questa affermazione arriviamo quindi alla terza accezione del termine psicoanalisi, cioè alle teorie psicoanalitiche che sono state costruite a partire dalle esperienze terapeutiche, e successivamente da osservazioni in altri contesti relazionali e di sviluppo, teorie che riguardano il funzionamento psichico, il suo sviluppo e i suoi disturbi.
Contrariamente alle critiche di non falsificabilità, le teorie psicoanalitiche sono state sottoposte alla critica e alla verifica sul campo fin dai primi tempi della storia della psicoanalisi. Già Freud cambiò le sue teorie iniziali più volte, passando da una prima formulazione sistematica chiamata la prima topica e basata sulla concezione della libido come energia psichica che veniva ‘deviata’ da ostacoli vari al suo ‘deflusso’, nelle varie patologie, a una concezione strutturale della vita psichica, la cosiddetta seconda topica, basata sulla famosa suddivisione della personalità, Io, Es, Superio e sull’agire di due ‘pulsioni’ biopsicologiche, una di natura costruttiva, vitale, che chiamò Eros e una distruttiva che chiamò Thanatos (morte, in greco). Pulsione di vita e pulsione di morte e le loro rispettive quantità, considerate come dati costituzionali, biologici, determinavano secondo questa teoria le forze dal cui rapporto ed equilibrio dipendeva lo stato della personalità. Queste concezioni lasciavano completamente scoperto il rapporto dell’individuo col suo ambiente – anche se sia lo stesso Freud che gli altri primi analisti non mancavano di mettere a fuoco l’importanza delle esperienze ambientali e di possibili ‘traumi’ nelle esperienze dei primi anni, indicando nelle relazioni familiari fra i genitori e il bambino il fulcro della vita psichica e delle sue difficoltà, nel famoso concetto del ‘complesso di edipo’.
Il rapporto fra individuo e ambiente entrava pienamente, anche se non senza contrasti, a far parte della psicoanalisi negli anni 50 e 60 specie ad opera di psicoanalisti quali D Winnicott e W Bion, che individuavano nel rapporto madre bambino e nella funzione materna un elemento essenziale dell’avvio e dello sviluppo della vita psichica.

SCIENZA E CULTURA

Un po’ come nella fisica contemporanea, dove esistono teorie esplicative dell’universo e dei suoi equilibri e delle forze esistenti, in conflitto fra loro, - come la teoria della gravitazione universale di Newton, quella della relatività generale di Einstein e quella della meccanica quantistica, senza che i fisici siano per ora riusciti a trovare una teoria generale unificante - anche nella psicoanalisi coesistono teorie diverse talora contraddittorie e conflittuali, sia sulla vita mentale e la sua patologia che sulla terapia psicoanalitica. Resta come si diceva alla base il metodo psicoanalitico, vero e proprio metodo osservativo scientifico della relazione interpersonale nella stanza d’analisi, che unifica le diverse anime della psicoanalisi in uno sviluppo e dibattito che a parere dello scrivente resta fecondo e produttivo.
Come altri campi della scienza e della psicologia anche la psicoanalisi ha risentito dell’evoluzione scientifica ed epistemologica generale del XX secolo, da un’impostazione iniziale che risentiva delle sicurezze positivistiche di conoscere la realtà e poterla modificare di conseguenza, più o meno facilmente, a un’impostazione attuale molto più possibilista e relativista, in cui lo psicoanalista non si pone più verso il paziente come quello che è in possesso di teorie sicure – fu Lacan forse il primo psicoanalista a mettere in evidenza la fantasia condivisa dello psicoanalista onnisciente, come ‘soggetto supposto sapere’ – ma solo come un ‘esperto’ che accompagna il paziente nell’esplorazione di un terrritorio sconosciuto di cui neanche lo psicoanalista ha una conoscenza già acquisita. L’ immagine di Virgilo e Dante nell’esplorazione degli spazi dell’oltretomba, è spesso usata per visualizzare l’esperienza psicoanalitica di esplorazione dell’ignoto intra e interpsichico trascendente la realtà quotidiana come è normalmente vissuta.

L’ ISTITUZIONE

In questo excursus informativo sullo stato della psicoanalisi oggi, 2009, occorre forse aggiungere una nota su un aspetto critico e accora insoluto, quello dell’organizzazione istituzionale della psicoanalisi. Nonostante da molte parti, sia all’esterno che all’interno del mondo psicoanalitico, siano state fatte a più ripresa marcate critiche sull’assetto istituzionale delle Società e degli Istituti psicoanalitici e sull’organizzazione del training cioè dell’insegnamento, l’organizzazione psicoanalitica sembra restare legata all’assetto preso nei primi decenni del ‘900, quando ancora risentiva dell’influsso positivista dominante e delle certezze a volte dogmatiche e assolutiste in cui si muoveva la cultura europea, con i tragici risvolti che conosciamo. La situazione non si è modificata, praticamente, e probabilmente costituisce un pericolo di disgregazione insito nella psicoanalisi stessa. Sembra anzi moltiplicarsi nelle tante società separate di psicoterapia psicoanalitica che fanno capo alle diverse scuole e riproducono il modello originario.

CONCLUSIONE

Come concludere? Il paziente con sintomi di sofferenza psichica o di incertezze nella sua situazione globale si trova di fronte a un’offerta multipla di terapie e tecniche di cura e soluzione delle sue difficoltà, vengano queste chiamate ‘malattie’, secondo il modello medico, o altrimenti. E’ un mercato molto conteso, dove è difficile distinguere la pubblicità e la propaganda dalle informazioni adeguate, a tutti i livelli. Credo che il paziente dovrà basarsi sulla sua percezione nel contatto con la persona del medico o psicologo, per una scelta che in ultima analisi compete a lui, non diversamente che in tante altre situazioni importanti della vita. Non c’è garanzia di non sbagliare, ma vale sempre il vecchio adagio: ‘chi non risica, non rosica’.

Gianmaria Benedetti
Settembre 2009

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