Ragazzo di 12 anni aggressivo e isolato

Buon giorno,
vorrei chiederle un consiglio su mio figlio, 12 anni, prima media.
Il bambino fin dalle elementari aveva il mutismo selettivo e per tutte le elementari non ha mai parlato con le maestre (con i compagni sì). Lo abbiamo fatto seguire per due anni da una psicologa della Asl ma con scarsi risultati. Nella scuola media ha iniziato a parlare con i professori (non interviene spontaneamente ma risponde alle domande), ha buoni voti e non nessun problema di apprendimento. Dall’inizio di quest'anno scolastico ha cominciato a rifiutare la scuola, tanto che i professori ci hanno convocato a causa dei numerosi ritardi e assenze.
Dall'età di 9 anni ha deciso di non mangiare più carne né pesce e alimenti animali perché dice di provarne repulsione e di non voler uccidere gli animali.
Ha smesso da tre mesi di fare sport (il calcio, che gli piaceva), mangia troppo e sta aumentando di peso, esce poco, ha interrotto le poche relazioni che aveva con i compagni di scuola e passa il suo tempo alla tv, all'Ipod o con i videogiochi. Non fa mai i compiti spontaneamente, è seguito da una ragazza che lo aiuta e quando lei non c’è non vuole fare nulla.
Premetto che io e mio marito viviamo insieme ma c'è una profonda rottura tra noi e negli ultimi anni è diventata una vera e propria separazione in casa.
Su mia proposta quando il bambino ha cominciato a rifiutarsi di andare a scuola l'abbiamo portato da uno psicoterapeuta infantile per una valutazione, la sua diagnosi dopo 8 sedute (4 colloqui con noi genitori e 4 col bambino) è stata che mio figlio presenta dei sintomi di depressione; lo psicoterapeuta ha consigliato vivamente di iniziare la psicoterapia ma mio marito non è stato d'accordo. Ho cercato di convincerlo ad intervenire per il bene del bambino ma lui non ne ha voluto sapere, dice che il problema di mio figlio è causato da me e che dallo psicologo devo andarci io. Negli ultimi tre mesi mio figlio ha frequentato la scuola abbastanza regolarmente (sempre però sotto pesanti pressioni di suo padre) e dal punto di vista di mio marito il problema non c'è più. Mi sento frustrata e impotente perché vedo che mio figlio non sta bene, ma senza il consenso di mio marito non posso iniziare la terapia.
Mio figlio è sempre stato un bambino mite e tranquillo, a volte fin troppo remissivo (da piccolo subiva le prepotenze della sorella di 2 anni più grande), ma nelle ultime settimane è diventato aggressivo con me, senza alcun motivo particolare o per motivi apparentemente banali, ad esempio quando viene criticato o contrariato (come quando cerco di limitare la quantità di cibo che lui mangia oppure se mi informo dei compiti che deve fare) si arrabbia, mi colpisce con calci e pugni (spesso mi colpisce alle spalle a tradimento), mi dà spinte, cerca di farmi cadere o mi lancia oggetti, anche pesanti o appuntiti come coltelli, mettendo in pericolo la mia e la sua incolumità.
Fisicamente è robusto ed è più forte di me, a volte ho paura che mi faccia davvero male. Io sono contraria alle botte, pochissime volte mi è capitato di picchiarlo quando ero molto arrabbiata con lui, ho avuto dei fortissimi sensi di colpa e gli ho chiesto scusa, da allora ho deciso che per quanto lui mi provochi non devo reagire in modo violento. Io sono diventata il suo bersaglio, gli ho chiesto il motivo della sua rabbia ma la sua risposta lapidaria è sempre "mi dai fastidio", inoltre si lamenta e dice che non gli voglio bene e che vuole andare da un'altra famiglia. Mi invita ad andare via di casa o mi augura di morire in un incidente stradale. A volte minaccia di uccidermi o di uccidersi. Lui si comporta così solo con me, col padre è remissivo anche se non condiscendente. A volte non gli obbedisce (ad esempio per quanto riguarda i compiti, alzarsi la mattina e andare a scuola) ma lo fa in modo elusivo, non lo sfida mai apertamente come fa con me e non osa essere aggressivo per paura delle sue reazioni. I conflitti con mio figlio si svolgono sempre quando il padre non è presente. Ho informato mio marito di questi episodi ma lui minimizza e attribuisce questi comportamenti alla mia (secondo lui) incapacità educativa.
Recentemente mio figlio è diventato provocatorio e a volte aggressivo anche con i fratelli (ho 3 figli più grandi di 19, 16 e 14 anni), con i quali ha un rapporto da sempre conflittuale. I due figli di mezzo (maschio di 16 anni e femmina di 14) quando assistono ai conflitti col piccolo in cui io cerco di mantenere la calma e di contenere la sua rabbia e la violenza contro di me ma inevitabilmente alzo la voce e subisco la sua aggressività, si arrabbiano con me perché non vogliono essere disturbati, mi criticano, mi accusano di non saper fare la madre e di non essere capace di farmi rispettare e mi dicono che devo picchiarlo, inoltre si arrabbiano con lui arrivando anche allo scontro fisico. In particolare il ragazzo di 16 anni quando il fratello è aggressivo si ritiene in diritto di intervenire con la forza, innescando una pericolosa escalation di violenza; gli ho spiegato che non credo nella violenza come metodo educativo e che lui non è un genitore e non deve pretendere di educare suo fratello ma non mi dà ascolto.
Non so cosa fare, sono preoccupata per il figlio minore e sono desolata nel vedere nei figli più grandi tanta insensibilità e durezza. Mi sento incompresa e sola contro tutti, sono convinta che i miei principi siano giusti ma non so davvero come comportarmi. Sono fermamente convinta che mio figlio in particolare e la famiglia in generale abbia bisogno di un supporto psicologico ma non so come vincere la resistenza di mio marito. Inoltre sto considerando la decisione di separarmi, temo però che questo inasprisca ancora di più i conflitti familiari.
La ringrazio e attendo il suo consiglio.

Credo sicuramente che la

Credo sicuramente che la situazione sia arrivata a un punto critico e che non si possa limitarsi a aspettare e stare a guardare. Prenderei in positivo il discorso di suo marito " che il problema di mio figlio è causato da me e che dallo psicologo devo andarci io" , estendendolo però a entrambi i genitori e a tutta la famiglia, come dice lei: "convinta che mio figlio in particolare e la famiglia in generale abbia bisogno di un supporto psicologico". Non tanto un 'supporto', che non vuol dir niente, ma di un aiuto ad uscire dall'impasse in cui tutta la famiglia si sta trovando e minaccia di distruggere la famiglia stesa e i rapporti fra i componenti. In questi casi c'è solitamente una crisi dei 'piloti della barca' che non riescono più a guidarla per vari motivi e i 'passeggeri' entrano in sala comandi a manovrare....: chiunque entrerebbe in grandissima ansia.
Consiglio fortemente una consultazione per esplorare la situazione familiare e aiutare a ricostituire ruoli e funzioni. Chiedendo a suo marito la disponinilità a cercare di affrontare i problemi...
Cercherei un esperto di terapia della famiglia, di impostazione psicoanalitica o sistemica. Con una certa urgenza.
Non tanto per il ragazzo, ma per tutta la famiglia. Di solito in questo modo anche i figli sono più disposti a collaborare 'per il bene della famiglia', e non si vedono additati come i responsabili o peggio i malati.
Cordialmente
dr GBenedetti

Grazie per la sua risposta

Gentile dott. Benedetti,
la ringrazio della sua risposta.
Condivido con lei la necessità di un intervento esteso possibilmente a tutta la famiglia. Purtroppo mio marito ha un atteggiamento di estrema chiusura nei confronti della psicologia/psicoterapia, forse questo nasce da precedenti esperienze con diverse psicologhe a cui negli ultimi anni ci siamo rivolti sia per problemi scolastici dei miei figli che per i nostri problemi di coppia, e che secondo lui non hanno risolto niente (per quanto riguarda la coppia c’era poco da risolvere…). Quando provo ad affrontare l’argomento invitandolo a considerare il problema di nostro figlio da quel punto di vista finiamo per discutere e alzare la voce, purtroppo davanti ai figli.

Nel 2008 feci un periodo di psicoterapia individuale, in quell’occasione la terapista mi consigliò di affrontare i problemi familiari nell’ambito di una terapia familiare ma mio marito non ne volle sapere. Adesso rifiuta persino di fare aiutare nostro figlio singolarmente… l’ultima volta che ho cercato di convincerlo della necessità di intervenire mi ha invitato con tono un po’ sprezzante a rivolgermi ad un assistente sociale, cosa che sto pensando di fare perché non vedo altre vie d’uscita, sperando che una persona esterna possa aiutarmi a mediare con lui.
Non parliamo poi degli altri figli, loro sono unanimemente convinti che “il matto” sia il fratello minore…

Che fare se mio marito e gli altri membri della famiglia si rifiutano di collaborare?
Grazie della sua attenzione

Forse è un po' drastico, ma

Forse è un po' drastico, ma in caso di divergenze serie fra i genitori sull'assistenza ai figli si può rivolgersi al giudice tutelare, presso il tribunale, oltre che all'assistente sociale, che può intervenire e segnalare al Tribunale dei Minori.
Difficile situazione, spero che possa sbloccarsi. Non ci sono parenti o conoscenti che possano aiutarvi a trovare un accordo?
DRGBenedetti

Gentile dott. Benedetti,le

Gentile dott. Benedetti,
le invio un aggiornamento della situazione di mio figlio e le chiedo nuovamente il suo parere in proposito.

Continua qui: http://neuropsic.altervista.org/drupal/?q=node/731

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