Ritenzione/encopresi e sviluppo psichico

Gentile dott. Benedetti,

come da accordi telefonici, le invio questa mail per consertirle di farsi un quadro generale della situazione.
A ha 6 anni ed ha una sorella più grande. Non c’è stato alcun problema in gravidanza e A. è nato alla 38ª settimana con parto naturale indotto con l’ossitocina, ..... Comunque il peso alla nascita era di 3100 g., l’Apgar è stato di 10/10 (è nato “incazzato” come ci piace raccontarci in famiglia)e l’ho allattato fino ad un anno, anche se, essendo lui molto vorace ed una scarsa prodruttrice di latte io, l’allattamento esclusivo al seno è durato solo 2 mesi. Ad un anno cmq A. già mangiava tutto o quasi e non ha mai avuto nessuna particolare abitudine tra quelle da lei indicate né altre.
Sia io che mio marito lavoriamo, per cui i ritmi quotidiani sono scanditi da orari piuttosto precisi e, per la stessa ragione , dai 6 mesi ai 2 anni A. è stato affidato spesso ai nonni materni o alla zia paterna dai quali è stato accudito con competenza ed amore.
A due anni ha cominciato a frequentare il nido e qui subito ha iniziato a mangiare da solo, ma è l’unica nota positiva: non ci andava volentieri. L’anno successivo ha cominciato a frequentare la materna statale e abbiamo dovuto togliere il pannolino: la pipì ormai la controllava bene ( si toglieva il pannolino per farla sul gabinetto), ma la cacca, che pure, fino a quel momento “ cagone” imbarazzante, controllava ( sapeva bene e ci informava quando stava per farla), ha smesso di farla se non quando , la sera, gli mettevamo il pannolino e, nel dormiveglia, finalmente la lasciava andare.
E’ andata così per circa 6 mesi, poi abbiamo deciso che bisognava toglierlo del tutto, anche perché il 2° panolino, quello dopo la cacca e che rimaneva indossato tutta la notte, era sempre asciutto. Non la faceva proprio più, le feci si indurivano e l’evacuazione forzata dopo 5 giorni risultava ovviamente dolorosa. Da allora (circa 3 anni e mezzo) e dopo un paio di esperienze del genere, il papà ha cominciato a portarlo sul gabinetto appena si addormentava e , ancora una volta nel dormiglia, la lasciava andare. A luglio di quest’anno, sembrava che il problema stesse trovando una soluzione e, con la complicità della sorella e “facciamo una sorpresa a mamma”, la faceva da solo tutte le sere. Ai primi di Agosto si è rotto il braccio, è stato in trazione 4 giorni ed il problema cacca era di nuovo lì. Da un mese circa, stiamo andando “a braccio” e non stiamo adottando più nessuna particolare strategia per l’evacuazione consapevole o inconsapevole forzata o no….ma le cose sono tutt’altro che risolte.

Intanto, alla prima materna, il “mostro cacca”, con cui A. aveva cominciato a combattere, stava minando la sua crescita ( questo però lo sto ipotizzando e mi si sta chiarendo solo adesso): a fine anno le maestre mi hanno riferito che A. non aveva socializzato granchè, che preferiva starsene da solo in disparte e che reagiva con aggressività quando qualche bambino gli faceva un torto (toglierli un giocattolo x es. ). Cado dalle nuvole! A casa A. è sempre stato sereno e socievole (x es. con i figli dei nostri amici e con i bambini del condominio). Ecco anche perché non ho pensato di dover ricordare esattamente quando è stato seduto da solo o ha cominciato con le prime parole, tanto mi sembrava nella norma la crescita di A… ricordo che ha gattonato tanto e , come la sorella ha iniziato a camminare intorno ai 15 mesi: ho due figli prudenti!

Alla fine del secondo anno di materna la socializzazione è sensibilmente migliorata, ma qualcosa non mi convinceva più nello sviluppo del linguaggio: come se pur procedendo regolarmente fino a tre anni avesse subito una battuta d’arresto. Idem per l’attenzione verso l’esterno e per la manualità (per esempio, nel lavarsi i denti mi sembrava piuttosto scoordinato).

Taglio corto, da quando ho cominciato ad attivarmi (giugno. 2010) per cercare di capire se Andrea avesse qualche problema e quale, abbiamo sempre riferito l’encopresi, ci hanno sempre guardato come alieni , ci hanno sempre risposto “passerà da solo” e non ci hanno mai detto, ovviamente parlo di neuropsichiatri infantili, come sarebbe stato opportuno agire. L’unica diagnosi che abbiamo è stata redatta dal policlinico di ... secondo la quale “…leggero disturbo comportamentale oppositivo provocatorio… per cui si consigliano sei mesi di psicomotricità e di logopedia…”. Causa burocrazia, abbiamo dovuto incontrare gli altri neuropsichiatri di cui accennavo e tutti, a parole, discordavano da questa diagnosi: “a me sembra che non ci sia nulla e se c’è qualcosa non è certo oppositività”, ma “siccome è scritto qui, facciamolo…” e vai col copia incolla!

A ha iniziato la prima elementare e, con un senso del dovere che mi commuove, fa tutti i giorni tutti i compiti.

Il papà ha sempre ritenuto che A. stia benissimo e che ho preso il tutto troppo sul serio. A dirla tutta, guardo A e credo che abbia ragione e che il solo problema da risolvere sia quello per cui le chiedo aiuto e per cui mio figlio 2 giorni su 4-5, impegnato a tenere stretto il culetto, non può dedicarsi con attenzione, interagire col mondo che lo circonda e far sue, elaborare le esperienze che da esso derivano.

Quanto all’uso dei giochi, il disegno, comportamento , reazione ai divieti ecc. è ormai evidentissimo che dipendono molto dai giorni in cui ci troviamo: dopo la cacca o prima della cacca!

In linea di massima reagisce con curiosità e cordialità agli estranei, rispetta le regole, reagisce con rabbia ai divieti (anch’io) e frustrazione alle sconfitte, non gli piace granchè disegnare a mano libera (come me), si racconta poco (D. ”come è andata a scuola?” R.: “tutto bene”….ahimè ancora proprio come me). Dorme bene e con regolarità tutta la notte prima nella cameretta che divideva con la sorella ora (da sett.) nella sua, salvo qualche sporadica, 3- 4 volte in un mese, visita a sorpresa nel lettone.

....
... modalità educative tra me e mio marito: lui superpermissivo ed io la “cattiva”; io do qualche punizione e lui la ignora. Questo però sembra confondere solo me, i bambini ci hanno visto bene il loro tornaconto.

Altra figura di riferimento importante è stata la baby sitter che per circa 3 anni e fino a giugno di quest’anno, per due ore due pomeriggi a settimana si è occupata dei bambini e che , come mio marito, ritiene assolutamente infondata ogni mia preoccupazione.

Causa sedute di psicomotricità (per la logopedia ancora non c’è posto), la fisioterapia per il braccino e i compiti , abbiamo sospeso la piscina dove Andrea andava molto volentieri e chiede di tornare.

Cosa non le ho detto non saprei, il resto a quando e se , come spero, riterrà opportuno procedere ad un’osservazione diretta di Andrea.

Intanto Grazie di tanta attenzione

Il sintomo 'ritenzione'

Il sintomo 'ritenzione' sembra dunque iniziato in coincidenza con la scuola materna e con i cambiamenti richiesti alle 'procedure di evacuazione'. Il bambino sembra essersi intestardito e non ha accettato o quasi i cambiamenti richiesti. In più all'asilo - non è chiaro ora, aveva un comportamento talora aggressivo e forse di opposizione che ha fatto parlare di ...disturbo comportamentale oppositivo-provocatorio.
Sul piano 'evacuatorio' in famiglia si era trovato una specie di accomodamento che se da un lato conteneva il problema, dall'altro forse evitava di affrontarlo. Forse però poteva anche andar bene se non c'era il trauma (l'incidente) che faceva tornare indietro le cose. Inoltre erano emersi anche dei dubbi sullo sviluppo del linguaggio, sull'"attenzione verso l'esterno e sulla motricità (in certi movimenti...)".
Il bimbo d'altronde è molto ligio al dovere (e meticoloso nel fare i compiti), ma il suo umore e le sue risposte sono condizionate dal ritmo di evacuazione...

Sembra ipotizzabile che il bimbo non abbia ben superato le difficoltà di distacco e separazione e che si 'organizzato' secondo certe abitudini rigide, concentrate sulla cacca, che costituiscono da un lato una difesa contro ansie apparentemente di separazione e simili, ma dall'altro un freno e un ostacolo allo sviluppo psicoaffettivo, meno probabilmente a quello cognitivo.
Ovviamente (dal mio punto di vista in base alla mia esperienza) il tutto avviene probabilmente in stretta connessione con l'organizzazione e le abitudini ambientali, cioè della famiglia, e le modalità di gestire e affrontare le inevitabili incertezze e ansie della crescita.

Non capisco bene cosa c'entrino la psicomotricità e la logopedia in tutto questo, che apparentemente è più un problema emotivo affettivo e di maturazione di meccanismi psicologici per contenere le ansie, che non un problema di ritardo o di carenza di esperienze psicomotorie o comunicativo/linguistiche. Temo che sia un vezzo della psichiatria attuale che non occupandosi più direttamente dei problemi e rifuggendo dall'indicare psicoterapie diverse da quelle alla moda di tipo cognitivo-comportamentali, non hanno altre soluzioni che la panacea della psicomotricità e della logopedia, che ormai fanno di tutto....

Salvo approfondire gli aspetti individuali dei vari casi e ovviamente con i limiti della distanza, è a mio parere un problema di blocco evolutivo sia individuale che familiare da affrontare inizialmente con una consulenza alla famiglia, per trovare non tanto le 'colpe', ma le vie d'uscita che permettano la ripresa più fluida dello sviluppo .
Cordialmente
drGBenedetti

I genitori mi hanno portato

I genitori mi hanno portato il bambino.
Nella valutazione è emerso: ..Il livello di sviluppo cognitivo, relazionale, e psicologico generale appare entro i limiti della norma, anche se certi aspetti sono forse un po’ immaturi per l’età, per la presenza di comportamenti tipici di bambini più piccoli, apparentemente collegati con alcune difficoltà incontrate in passato, in cui forse ci sono state problematiche di separazione dalle persone familiari. Anche il linguaggio presenta a mio parere solo modesti aspetti di immaturità, nel controllo della fluenza e talvolta nella costruzione della frase, anche per una certa modalità precipitosa nelle comunicazioni e talora per il contenuto piuttosto carico emotivamente.

Il sintomo, presente da tempo, di difficoltà e rifiuto di emissione delle feci con ritenzione prolungata anche fino a cinque sei giorni, appare collegabile alle pregresse difficoltà di separazione ed a problematiche evolutive di carattere psicologico, per cui sono state date indicazioni ai genitori.
Al momento non sembrano esserci indicazioni per interventi settoriali (ri)abilitativi o di stimolo, quali la psicomotricità e la logopedia, mentre se le difficoltà di comportamento sfinterico non evolvessero abbastanza rapidamente, o se insorgessero altri segni o sintomi di difficoltà a livello emotivo e comportamentale, appare più indicata una psicoterapia ad orientamento psicoanalitico, a livello familiare e se del caso anche individuale.
I prerequisiti per la scuola elementare, a livello sia di comportamento che di sviluppo simbolico-cognitivo, sembrano sufficientemente posseduti, per cui non sembrerebbero esserci particolari rischi di difficoltà di apprendimento, che saranno comunque da vedere nel corso dei primi anni di scuola.

A distanza di poco più di un

A distanza di poco più di un mese la mamma mi comunica che da due settimane circa il problema della cacca non esiste più, mentre il bambino a scuola sembra mostrare ora un periodo di turbolenza. E' molto contenta per il superamento del rifiuto di fare la cacca, mentre è un po' preoccupata del comportamento in classe.
Raccomando di mantenere l'attenzione alle regole e ai limiti, con fermezza ma senza eccessivo rigore, per contenere l'emergere di questo aspetto prima eccessivamente 'trattenuto' (come la cacca). Vedremo l'evoluzione.
Con i genitori si era discusso il loro sistema di regole e attenzione forse eccessiva a un comportamento ben educato formalmente, per invitarli a una minor attenzione a aspetti formali ancora prematuri e invece privilegiare aspetti sostanziali. E' probabile che il bambino abbia subito risentito dell'allargamento del controllo, positivamente per quanto tiguarda il comportamento sfinterico.- Dovrà ora imparare le regole appropriate alla convivenza scolastica, forse prima confuse con gli aspetti corporei in un atteggiamento globalmente 'trattenuto', che forse aveva fatto seguito alle difficoltà iniziali di inserimento al nido, in cui la sua 'aggressività' verso gli altri bambini era stata 'repressa' forse eccessivamente.
Sembra un importante passaggio.

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