Girare oggetti, correre lungo i muri...

Molti bambini verso i due anni sembrano particolarmente attratti da oggetti che ruotano, tipo trottole, ruote di macchinine, ecc, e dal guardare un muro, o una palizzata, o una libreria mentre ci corrono accanto. Gli adepti dell'autismo credono sia un sintomo tipico, ma molti bambini con queste strani comportamenti in realtà poi non lo diventano. Invece che cercare solo sintomi dell'autismo, può essere utile cercare di capire il possibile significato di certi comportamenti.

Può darsi che ad attrarli sia la particolare sensazione che così si provocano.
La percezione di un oggetto che ruota è diversa da quella di quando è fermo. La trottola classica, o anche una ruota, è rotonda sia da ferma che mentre gira, ( però i contorni sono in qualche modo alterati, la forma quindi varia almeno un po') ma un altro oggetto che viene fatto girare, una moneta, un mattoncino rettangolare, o una mano, cambia la sua forma, girando. Lo stesso oggetto appare con due percezioni diverse in momenti successivi. E' un oggetto che cambia forma e poi torna alla forma originale, si può dire. Può essere comprensibile che un bambino nel secondo anno di vita possa essere affascinato da questa scoperta e tendere a ripeterla: da poco ha scoperto le forme degli oggetti e queste possono cambiare sotto i suoi occhi, quasi magicamente.
Anche il correre lungo un muro o uno steccato o una libreria guardandoli può dare percezioni diverse da quando si è fermi. In questo caso c'è anche un fenomeno osservabile e ben noto, quello del nistagmo optocinetico, cioè dei rapidi movimenti dell'occhio come quando si guarda da un treno in corsa, si segue un oggetto che passa e poi se ne guarda un altro che viene dopo, anche qui come una specie di palizzata. Il nistagmo è ben conosciuto nella fisiopatologia ottica, ma non credo si sappia che tipo di percezione vi sia associata. Anche qui comunque il bambino che da poco tempo sa correre scopre un fenomeno visivo particolare e ne è affascinato tanto da cercare di provocarlo più volte e magari da farlo diventare un'abitudine.
In più il bambino scopre che può produrre da sè questi fenomeni. Come altri che aveva in precedenza, ad esempio buttare un oggetto dal seggiolone o, più tardi, dalla finestra o dal terrazzo, il bambino tende a ripetere più volte l'esperimento, che almeno in parte è in suo potere e gli dà grande soddisfazione, a volte anche con manifestazioni di giubilo. Vale anche per l'accendere e spegnere gli interruttori, aprire e chiudere le porte e simili attività ripetitive che preoccupano gli adulti.
Gli adulti guardano preoccupati ma probabilmente sono semplici manifestazioni dell'esplorazione che sta facendo il bambino della realtà a lui circostante, scoprendo ogni giorno nuove cose e cercando di impadronirsene e di impadronirsi del loro significato e del loro funzionamento. Forse in realtà sono solo fasi di crescita del bambino e di conoscenza del mondo attraverso la sua manipolazione. Il bambino in realtà è un esploratore, uno scienziato che con l'esperienza e le sperimentazioni aumenta la sua conoscenza e la sua abilità di agire sulle cose.
Come in tutte le cose può esserci anche qui il lato negativo: il bambino può essere affascinato dalle sensazioni che in certi casi si provoca - come quando scopre l'autostimolazione genitale - e può tendere a cercare di prodursele da sè, autostimolandosi per il piacere sensoriale in sè e non più per la scoperta e la conoscenza. In questo caso forse l'esperienza ripetuta non è più nel senso dello sviluppo e della crescita della conoscenza e delle capacità, ma forse è anzi controproducente.
Può diventare un'abitudine che occupa spazio, portandolo via ad attività ed esperienze più utili e nel tempo diventa difficile da togliere, come tante altre abitudini infantili che sono poi controproducenti e difficili da togliere.
Però forse se si guarda più a fondo non sono le esperienze in sè negative, ma sono solo la manifestazione di un disagio. Si può scoprire spesso che quelle attività sono un sostituto di qualcosa che manca al bambino, in termini di relazioni ed esperienze, e che il bambino si procura da sè. Quindi più che guardare ai comportamenti in sè ( che magari certe tecniche comportamentiste oggi in auge cercano di 'estinguere' senza curarsi del significato ) è bene guardare al bambino intero e al suo mondo circostante per vedere se c'è qualcosa un po' disfunzionale cui porre rimedio.

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