Appunti per una conferenza su bambini difficili a scuola per insegnanti di scuole materne ed elementari

Appunti per una conferenza a insegnanti su bambini difficili a scuola
GBenedetti, 19/4/2010

I bambini che creano più difficoltà agli insegnanti per la gestione della classe sono solitamente quelli che non rispettano le regole, non danno retta agli adulti e pretendono di fare come pare a loro. E in più si oppongono e reagiscono malamente ai tentativi di mettere limiti al loro comportamento, disturbano il lavoro della classe provocano i compagni e creano situazioni di scontro fisico e a volte di rischio per l'incolumità loro, dei compagni e a volte anche degli adulti. Questo tipo di problemi è concentrato di solito nelle scuole elementari, meno nelle scuole medie, o per lo meno è da quelle che viene il maggior numero di richieste.

Si tratta essenzialmente di due tipi di situazioni.
In un caso sono bambini con handicap psichico e relazionale, riconosciuto in base alla L 104/92 e seguiti di solito con insegnante di sostegno educatore scolastico e altri interventi. Si tratta per lo più di bambini diagnosticati come autistici, con ritardo mentale più o meno complicato da disturbi neurologici o da problematiche psicosociali (adozione, affidamento, ecc). In questo caso il disturbo comportamentale fa parte di un quadro clinico di difficoltà globali, e solitamente sono bambini 'certificati' per la Legge 104, con insegnanti e educatori di sostegno.
Nell'altro caso si tratta di bambini con normale intelligenza e sviluppo ma con comportamento refrattario a regole e limiti alla loro volontà, incapaci o indisposti a frenare i loro impulsi. Vi si può aggiungere, ma non sempre una difficoltà di apprendimento che complica ulteriormente le cose e che può variamente essere interpretata come causa o effetto delle difficoltà comportamentali. Questo tipo di bambini all'inizio non sono 'certificati', ma molto spesso dopo alcuni anni di guerre scolastiche vengono anch'essi classificati fra gli 'handicap' in base alla L 104, per avere a scuola adulti in più di supporto, cosa resa possibile solo dalla famigerata 'certificazione'. Anche in questo caso a volte, ma non sempre, le cose sono complicate da aspetti psicosociali, marginalità, immigrazione, adozione, disagi familiari.

Le situazioni descritte sopra, dell'uno e dell'altro caso, sono fra le più difficili da gestire, per la scuola, spesso indipendentemente dal fatto che ci sia o meno la certificazione e le persone in più di sostegno. Una complicazione è che si creano spesso scontri o vere e proprie guerre fra scuole, famiglie, a volte anche i servizi ASL e si rischia talora uno spiacevole scaricabarile con accuse e messe in colpa reciproche che non fa che complicare le cose.
E' su questo aspetto in particolare che è centrato l'argomento di questo incontro, come cioè evitare di complicare ulteriormente la situazione e come trovare le modalità più utile e funzionali per affrontare la situazione col minor danno per tutti e poi con dei risultati positivi, memori della regola fondamentale in medicina: primo non nuocere.

Resta beninteso che le situazioni di entrambi i tipi visti sopra necessitano di interventi specifici per approfondire la conoscenza dei problemi e la loro risoluzione, ove possibile. Ciò richiede l'intervento di servizi di npi/psicologia dell'età evolutiva per interventi extrascolastici, psicoterapici ed educativi, volti a favorire lo sviluppo del bambino, la sua maturazione e il superamento di tali comportamenti.
Nel frattempo e contemporaneamente - nell'attesa (a volte un po' miracolistica) che gli interventi esterni diano i loro frutti - la scuola si trova a dover affrontare i comportamenti negativi cercando di salvare capra (il bambino in questione) e cavoli (il resto della classe), evitando se possibile risposte peggiorative della situazione che talvolta vengono messe in atto. Per questo è necessaria di solito un'opportuna consulenza alla scuola per affrontare al meglio le varie situazioni critiche che possono crearsi, senza detrimento nè degli altri alunni nè del soggetto in questione, e nemmeno degli insegnanti, che sono in una situazione di stress accentuato dalla situazione attuale globale della scuola nei confronti della società.

Occupandoci qui dei casi del secondo tipo, cioè di bambini che non presentano disturbi neuropsichiatrici specifici, c'è da dire che sono, anche queste, situazioni che durano a lungo, almeno alcuni anni, di solito, con alti e bassi, ed è necessario per le scuole quindi resistere ed attrezzarsi a un impegno di lunga durata. La fatica richiesta è compensata di solito da un miglioramento che segue alla maturazione del ragazzo o ad altri cambiamenti esterni favorevoli. E' realistico aspettarsi dei miglioramenti, spesso anche macroscopici, ma solo a distanza di tempo e dopo aver resistito a lungo. Se la scuola riesce a resistere alle diverse sollecitazioni dirette o indirette, fornendo un contenitore resistente ed adeguato, e senza farsi distruggere o trascinare in reazioni distruttive, la prognosi è di solito positiva.
Per ottenere ciò la scuola deve però potersi organizzare opportunamente per reggere alle situazioni che si presentano, sia quelle abituali, di routine, per così dire, che quelle impreviste, di emergenza. Qui di seguito tentiamo di trovare alcuni suggerimenti per aiutare le scuole ad affrontare tali situazioni.

Direi che operativamente, per affrontare i problemi nella scuola, è opportuno differenziare due aspetti, quelli di routine e quelli di emergenza.

La routine è importante per organizzare il lavoro nel modo più opportuno per le persone coinvolte e interessate, e per prevenire le complicazioni possibili; le situazioni di emergenza sono quelle che scatenano crisi e a volte conseguenze gravi e sono pertanto da imparare a contenere nel modo migliore possibile.
E' una questione di previsione di quanto può accadere, di organizzazione per prevenirlo e di procedure utili a contenerlo.
Le situazioni che talora si creano a scuola sono a volte di emergenza, almeno nel vissuto di chi vi partecipa, e come tali sono fortemente ansiogene.
Gli insegnanti potranno dire che non era questo il lavoro che pensavano di fare ma si può considerare che ogni lavoro può avere le sue emergenze e richiede una preparazione per affrontarle. Si tratta di dare una preparazione di base, qualcosa di simile a quanto viene fatto anche nelle scuole per preparazione ad eventuali calamità, esercitazioni antiincendio, di evacuazione, ecc. Anche ai passeggeri sugli aerei o sulla navi vengono date simili istruzioni e l'equipaggio deve possederle in modo ben più sicuro dei passeggeri.
Si tratta quindi di essere preparati ad affrontare le 'emergenze comportamentali' che possono verificarsi nella scuola, proprio come le emergenze di altro tipo, terremoti, incendi, ecc.

E' opportuno quindi prima di tutto che le persone coinvolte acquisiscano una certa competenza a intervenire in tali situazioni. Più o meno come le persone che lavorano nell'ambito di situazioni di rischio e emergenza (protezione civile, ecc): la prima cosa che viene insegnata è a valutare lucidamente la situazione, individuare le priorità e le necessità, e applicare procedure già predisposte, se possibile. Tutto ciò permette solitamente di contenere l'ansia dilagante che può precipitare comportamenti di panico nelle persone e aggravare le situazioni.
L'informazione e la preparazione sono importanti per dare agli operatori gli strumenti per intervenire con sicurezza e contenere l'ansia, prima di tutto in se stessi e poi negli altri. Questo puo'essere fatto essenzialmente in due modi: o tramite corsi di aggiornamento estemporanei, esterni alla situazione, cui poi riportare le competenze formatesi; o tramite gruppi di lavoro in cui discutere l'esperienza propria e di colleghi, con incontri a cadenza periodica che permettono di seguire nel tempo i casi in osservazione. O con entrambi.

Più che l’entità dei comportamenti e rischi (sia perchè non siamo per ora a Virginia Tech, o Collombine - le scuole americane tristemente famose... -, e anche per l’età), è la non previsione e la non preparazione ad affrontare le cose che crea ansia e costituisce la maggiore difficoltà.
Occorre invece tener conto che la presenza di bambini che possono dare problemi di questo tipo è ormai ampiamente prevedibile e dall’esperienza degli ultimi anni lo è in modo crescente. In mancanza di una adeguata preparazione e organizzazione per affrontare l'emergenza e le difficoltà, il rischio è di fare confusione, farsi prendere da ansia e reazioni emotive non sufficientemente pensate, e complicare le cose già complicate.

La rimostranza prevalente degli insegnanti, al di là dell’incolumità fisica, è di non poter contemporaneamente occuparsi del bambino e del resto della classe e la soluzione richiesta è quindi l'insegnante di sostegno, ma questo pone questioni riguarda alle norme della Legge 104. Può darsi che tale problema venga posto a livello regionale/aziendale che già sta affrontando la questione dei deficit di apprendimento. (vedi la recente legge, nota aggiunta) Ma la presenza di insegnanti di sostegno, come abbiamo avuto esperienza varie volte, spesso non risolve i problemi e non evita le emergenze.
Fondamentale è il concetto che la scuola deve organizzarsi per affrontare e poter contenere le situazioni che si creano al suo interno, chiarendo compiti, spazi di competenza, procedure e modalità, in modo che gli insegnanti sappiano di base come affrontare le varie situazioni che possono presentarsi.

Uno dei problemi che emergono più spesso è quello dei contatti scuola famiglia: a questo proposito è opportuno che si crei una buona collaborazione fra scuola famiglia e servizi esterni, ma occorre stabilire i limiti delle reciproche competenze, per evitare interferenze e intrusioni.
In particolare un elemento critico è quello delle comunicazioni scuola famiglia. Non c'è di peggio che comunicazioni improvvisate, estemporanee, magari sull'uscio o davanti a tutti o ai bambini stessi; tanto meno chiamate urgenti durante l'orario scolastico per chiedere l'intervento dei genitori o semplicemente per informarli seduta stante di quanto sta avvenendo. Ciò crea solo disagio ulteriore, confusione, svalutazione reciproca e conflitti. Occorre prevedere modalità di comunicazione di routine e di emergenza, considerando però che non tocca ai genitori intervenire nella scuola, nè avrebbero competenze e capacità per farlo.

Spesso dalla scuola viene posta l'esigenza di 'uniformare le regole' fra casa e famiglia. Direi che è un falso problema, l'unica regola importante è che "comandano gli adulti", a casa i genitori, a scuola gli insegnanti. Che vuol dire che sono gli adulti che hanno la responsabilità della situazione e devono 'governarla'.
Non occorrono altre regole particolari. Piuttosto il problema è non confondere questa regola, il principio di autorità e responsabilità, che vale per gli adulti, con la questione di "far sentire l'autorità degli adulti ai bambini": è l'esperienza che mostrerà ai bambini che gli adulti comandano e sono responsabili, e che li farà riconoscere come autorità, non le spiegazioni, le prove di forza o le punizioni. Le violazioni andranno ovviamente sancite, qualsiasi legge prevede delle sanzioni, ma secondo il regolamento, non come reazioni emotive dell'adulto all'accaduto. Questo è un aspetto cui occorre dare una particolare importanza, e cozza con la tendenza dei recenti anni a 'comprendere' e 'accogliere' il bambino, frutto forse di un'eccessiva psicologizzazione (sbagliata, per di più) che ha fatto inflazionare il termine 'sofferenza psichica', stravolgendone il significato. Più che di 'sofferenza', cui si appellano spesso molti insegnanti, preoccupati di usare metodi educativi più giusti e adeguati, è meglio parlare di 'fatica' di adattarsi, di imparare, di contenere desideri ed impulsi. La fatica si affronta allenandosi, esercitandosi, un po' alla volta, e l'effetto è quello di rinforzarsi e fare meno fatica una volta allenati.

Fondamentale è la collaborazione fra famiglia, scuola, servizi, la conoscenza delle reciproche responsabilità e dei propri spazi, ma senza invasioni di campo, con la consapevolezza inoltre di potere e dovere solo fare del proprio meglio, ma non di più. Nessuno ha la ricetta miracolosa o la bacchetta magica.
Gli obiettivi devono essere realistici e progressivi. Primo la sicurezza per tutti, il comportamento sugli aspetti essenziali, poi via via gli aspetti educativi e infine di apprendimento.
Molto spesso questa semplice organizzazione di base, che richiede però un forte impegno di tutta la scuola, non solo delle insegnanti di classe, permette di reggere la situazione in attesa che la maturazione del bambino, gli interventi posti in atto all'esterno, e quanto di più, permettano che la maturazione porti a superare le difficoltà.

Sintesi:
Routine: chiarire compiti scopi regole e limiti, e possibili sanzioni (Regolamento)
Situazione di Difficoltà: modalità comunicative e relazionali per prevenire le crisi
Emergenza (violenza o minaccia di violenza, fuga, altro): definizione di procedure di comportamento per affrontare la crisi.

Operatori in gioco e spazi di competenza: personale scolastico a scuola, famiglia all’esterno. Non violare confini e rispettive competenze e responsabilità
Procedure previste da utilizzare nelle varie situazioni: intervento di direttore, o vice- o colleghi, inserimento 'contenitico' in classe di b più grandi
In caso di crisi incontenibile dalla scuola: definire a chi rivolgersi, dentro la scuola, all’esterno (118, forza pubblica, pompieri, ecc)

Chiarimento di responsabilità, competenze e spazi
Modalità di comunicazione fra scuola e famiglia, per routine, difficoltà, emergenza: comunicazione urgente solo per trasporto in ospedale del bambino. Altrimenti comunicazioni su canali predefiniti, privati - non davanti a tutti - con periodicità definita, in modo che la famiglia è informata e può prendere le sue misure, predefinite, col bambino.
fra scuola e bambino interessato: rassicurazione e contenimento nell’emergenza, colloquio di chiarificazione a freddo: la spiegazione di base al ragazzo del comportamento dell’operatore e dello scopo è fondamentale. Lo scopo durante la crisi è tranquillizzarlo non criticarlo o punirlo.
L’operatore dovrebbe poter contenere le sue reazioni emotive (ansia, paura, rabbia) che possono precipitare comportamenti sbagliati. La conoscenza e la preparazione serve anche a questo.
La definizione delle varie procedure può essere fatta da un team scuola/famiglia/servizi sulla base delle conoscenze generali e delle caratteristiche particolari della scuola, ecc.

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