Autismo, una concezione globale

Pur essendo oggi tabù, per la maggior parte delle persone, accostare le parole autismo e psicoanalisi, riteniamo che si debba sfidare il rischio del rogo (c'è un sito, 'autismo incazziamoci', che a quanto sembra propaganda in modo fanatico e integralista il metodo ABA ed ha una specie di lista di proscrizione degli 'ultrapsicodinamici', secondo loro tutti allievi di Bruno Bettelheim) per pubblicare anche materiale psicoanalitico sulle questioni poste da questa patologia dello sviluppo mentale tuttora molto controversa e difficile da comprendere.

Riportiamo uno spunto (parzialmente modificato) dalla presentazione preparata insieme ad alcuni colleghi per un convegno di psicoterapia psicoanalitica del 2000.

"Dalle nostre esperienza di psicoterapia psicoanalitica con bambini con autismo ci siamo trovati a considerare che questi bambini fossero caratterizzati (indipendentemente dalle diverse ipotesi eziopatogenetiche) a livello psichico dalla presenza di un particolare stato mentale, lo stato mentale autistico, ('stato autistico propriamente detto', per Meltzer), costituito da assenza, smontaggio, blocco totale di quello che chiamiamo vita mentale, cioé emozioni, sentimenti, pensiero, relazioni, comunicazioni, sostituite prevalentemente da autosensorialità e altre forme di riempimento dello spazio mentale con contenuti non mentali, (stereotipie, rituali, ecc) in pratica annullandolo.

Nel nostro lavoro ci siamo imbattuti però nella presenza in questi bambini di stati mentali alternativi - che abbiamo proposto di chiamare stati paraautistici, e che possono essere indicati come fetali, primitivi, bidimensionali, tridimensionali, ecc.- che abbiamo pensato utile distinguere dalle condizioni postautistiche, perché sono compresenti allo stato autistico e permettono un certo sviluppo e apprendimento, in misura variabile sia per quantità che per qualità.

Lo stato autistico, nel suo totale distacco e annullamento della realtà, non permette alcun tipo di apprendimento e sviluppo, mentre gli altri stati mentali (pur primitivi o patologici) possono permettere alcune modalità di apprendimento, imitativo, ecc, e un parziale sviluppo psichico. La maggior o minor prevalenza quantitativa temporale dello stato autistico e il tipo di stati paraautistici compresenti, nonchè il loro rapporto anche quantitativo (oltre che la maggiore o minore parte della personalità implicata) rende conto, secondo questo modello, dei particolari disturbi dello sviluppo della personalità e delle diverse compromissioni nelle capacità cognitive, di linguaggio, di comunicazione, di capacità prassiche, ecc. che si osservano. Si determinano così quei quadri clinici piuttosto diversi fra loro, ma che vengono comunque compresi sotto l'ambito del disturbo autistico, come spettro composito risalente a un comune disturbo di base dell'attività mentale.

Si è progressivamente imposta nella nostra concezione una visione dello stato autistico come reazione adattiva primordiale degli esseri umani analoga per alcuni versi alla trasformazione cistica osservabile in organismi animali primitivi.
Lo stato mentale autistico viene visto in questo modello come uno stato di incistamento protomentale, o prementale, che, analogamente alla forma cistica animale, esclude ogni altro rapporto di scambio con l'ambiente, e si risolve in un rapporto 'simbiotico' o, peggio, 'parassitario': chi ha esperienza degli stati controtransferali di vuoto ed esaurimento e spogliazione in certi periodi del lavoro terapeutico con bambini con autismo, può riconoscere in quei momenti il livello di rapporto parassitario in cui il terapeuta è come un organismo parassitato.
Lo stato autistico non è una difesa 'mentale', ma per così dire una reazione psicobiologica, a livello protomentale, indifferenziato, psicosomatico o forse meglio somatico/psicotico, che è comunque una difesa, una forma di adattamento che probabilmente segue meccanismi in qualche modo innati, che scattano a un livello particolare di disturbo del rapporto con l'ambiente, di qualsiasi tipo questo sia, quasi una via finale comune di fronte a ostacoli soverchianti. Come appunto si osserva nel caso di trasformazione cistica in alcune specie animali poco evolute.

A differenza dalle 'cisti' animali, però, lo stato autistico in certi casi può diventare una condizione disponibile per la personalità accanto ad altri 'stati mentali', e la personalità o una parte più o meno grande della personalità può passare da uno stato all'altro, come fra 'luoghi' diversi, in reazione a situazioni ambientali diverse. Ciò può avvenire, a un certo punto, non solo per effetto di condizioni ambientali sfavorevoli, ma per effetto di un'abitudine o quasi, come altri ha segnalato, di una vera e propria addiction cioè tossicodipendenza dallo stato autistico. L'attrazione che lo stato autistico dimostra per questi ragazzi ricorda l'attrazione che presenta lo stato indotto dalle droghe per i tossicodipendenti, ed è stato implicato un possibile meccanismo endorfinico di mantenimento, a livello biochimico cerebrale. Come per molti la tossicodipendenza costituisce un'autocura dalle sofferenze della vita fuori dalla droga, per i bambini con autismo rappresenta il rifugio dalle sofferenze per loro insopportabili delle frustrazioni e delle delusioni della vita relazionale e dello sviluppo.

Come dunque lo stadio di cisti si ha in un ambiente sfavorevole per lo sviluppo dell'organismo, e lo blocca in uno stato di non sviluppo per un tempo indefinito, così lo stato autistico è una modalità estrema di 'ritiro' in condizioni in cui la relazione oggettuale, determinante per lo sviluppo, è ostacolata a un livello estremo. In ultima analisi lo stato autistico può essere una modalità estrema di adattamento fra ospite e ambiente, che blocca ma fino a un certo punto mantiene possibilità di sviluppo, come lo stato di cisti.
Gli ostacoli all'instaurarsi della relazione oggettuale possono essere di natura diversa, variabile, da quello puramente individuale di una lesione cerebrale o di organi sensoriali (sordità, cecità: ricordiamo il caso emblematico di una bimba nata con parziale sordità e altre malformazioni che avevano traumatizzato i genitori. A 8 mesi era gravemente autistica, ma per fortuna la protesizzazione acustica e il lavoro contemporaneo di una brava logopedista con madre e bambina le aiutò a superare la situazione critica e dopo soli due anni la bambina era tornata normale) a quello puramente ambientale di un gravissimo disturbo delle interazioni (come negli orfanatrofi dell'Europa orientale degli anni novanta) con tutte le possibili forme intermedie.
Dunque, di fronte a una relazione oggettuale fallimentare che costituisce un pericolo gravissimo per la sopravvivenza (vedi la 'depressione anaclitica' e l'ospitalismo descritti da Renè Spitz negli anni quaranta del secolo scorso, che si ripropongono nei primi anni 2000 all'osservazione di tanti bimbi adottati provenienti da orfanatrofi dell'Europa orientale: si parla di autismo istituzionale), l'organismo umano primitivo potrebbe reagire in certi casi con una trasformazione e ritiro a uno stato autistico. Una trasformazione cui partecipa sia l'organismo ospitato che l'ospitante, essendo la parete della cisti costituita da una parte più interna costruita dall'ospitato e una parte esterna costruita dall'ospitante. Analogamente ci sembra possano essere coinvolti nella costruzione della cisti autistica sia il bambino che l'ambiente, costituito da una parte dagli istituti di cui sopra e dall'altra dall'ambiente abituale di vita, con gli altri adulti con cui il bambino viene a trovarsi, familiari, educatori, insegnanti, il terapeuta stesso, se non sono consapevoli della situazione.

Se la situazione ambientale si modifica in senso favorevole, come osserviamo in molti bambini adottati, lo stato autistico può regredire, in tutto o in parte, e lo sviluppo e l'apprendimento possono riprendere, compatibilmente con le condizioni di base del bambino. Nei bimbi adottati osserviamo spesso che poco dopo il loro arrivo nella famiglia adottante cominciano a manifestarsi rapide modificazioni e lo sviluppo e l'apprendimento riprendono. Questo tanto più quanto meno prolungato è stato il ritiro nello stato autistico e quanto più favorevole è il nuovo ambiente. Troviamo tutta una serie di casi fra bambini che si sviluppano senza problemi e altri che mostrano problemi di varia entità nel loro sviluppo successivo.

Appare evidente come l'intervento in tutti i suoi aspetti si debba proporre il passaggio ('richiamo', lo ha definito A. Alvarez) dallo stato autistico a altri stati mentali più favorevoli per lo sviluppo e l'apprendimento, con un approccio variabile a seconda delle caratteristiche individuali ed ambientali e delle risorse disponibili.

Descriviamo brevemente in quest'altro articolo il modello di intervento di aiuto evolutivo da noi applicato.
GBenedetti 2010

Mi sembra la vecchia e smentita teoria delle madri frigorifero

Mi sembra la vecchia e definitivamente smentita teoria delle madri frigorifero per cui l'autismo sarebbe colpa del comportamento delle madri "snaturate" e fredde.

I bimbi trovano un ambiente a loro ostile quindi "decidono" di "incistirsi"

Paradossalmente sarei felicissimo che questa teoria fosse vera ... basterebbe allontanare me e mia moglie da mio figlio per farlo guarire.

Troppo semplice... Le battute

Troppo semplice... Le battute a volte non aiutano a pensare alle cose complesse e la realtà è più complessa di quanto spesso desidereremmo. Comunque può vedere quello che penso oggi nelle pagine delle "nuove riflessioni sull'autismo", colonna a destra.

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