Una bambina di più di 3 anni ancora non parla.

Una mamma scrive
La figlia di più di 3 anni ancora non parla.
Capisce tutto, anche frasi un po' complicate, (portami la penna rossa ) ma dice solo qualche parolina, mamma, papà, tatta. Per il resto è socievole, curiosa, interessata, da poco va all'asilo senza particolari problemi. I genitori cominciano a essere seriamente preoccupati. Vogliono aspettare alcuni mesi di asilo e poi chiedere visita audiometrica e di neuropsichiatria infantile. Verso il 18 mesi un intervento medico un po' doloroso gli ha creato quasi una fobia dei camici bianchi...

camici bianchi

Prima di tutto la questione dei camici bianchi e bambini. Il consigli è di evitarli, se possibile (a parte pronto soccorso e sala operatoria, reparti infettivi, oncologici, ecc): direi che sono un ottimo test per valutare se il medico e la struttura sono al servizio del bambino o di loro stessi... Quasi mai il camice è una necessità (igienica, ecc): per lo più è l'insegna del ruolo, il simbolo dell'autorità in un rapporto medico-paziente di per sè squilibrato.
Nel reparto dove lavoravo già dal 1973 i medici non portavano più camici bianchi e i genitori o altri parenti di fiducia restavano accanto ai figli durante il ricovero, anche durante le visite e le medicazioni, come è giusto che sia. Non ho mai capito (ed ho sempre evitato) la necessità di far restare soli i pazienti, anche adulti, e di far uscire i parenti se veniva il medico o l'infermiere... Che poi, quando capitava, in altri reparti dove andavo per consulenza, - e il camice lì poteva servire come un 'pass' per entrare... - dovevo farli richiamare perchè erano spesso le fonti di informazione più adeguate...

A parte ciò, per valutare un bambino - ma anche un adolescente e un adulto, occorrono molte più informazioni, non solo sui sintomi, ma sugli aspetti di vita, le abitudini, la storia evolutiva, gli eventi di vita suoi e della famiglia, ecc., le modalità educativa e di accudimento, le esperienza ambientali, ecc. Spesso in bambini che arrivano all'asilo a tre anni si trova che sono stati accuditi dai nonni fino dalla fine del primo anno di vita, per il ritorno al lavoro della mamma. I nonni, nella loro abnegazione, spesso iperproteggono i nipoti, li 'viziano', ne anticipano bisogni e desideri. Il bimbo non ha necessità di chiedere, e a volte non ha necessità di parlare, perchè viene capito al volo e anticipato. Per lo più i contatti con altri e coi coetanei sono ridotti. I genitori spesso li riprendono a fine giornata, stanchi per il lavoro, e hanno poca energia per i figli, che finiscono davanti alla televisione. Spesso è l'organizzazione familiare che meriterebbe una messa a fuoco, e non sempre i genitori sono disponibili a farlo. A volte, anche per spinte esterne, di maestre, conoscenti, ecc - ricorrono subito alla logopedia, alla psicomotricità, delegando ulteriormente il rapporto e la comunicazione col figlio.
Tutte cose da valutare in colloqui coi genitori insieme ai bambini, dove si possono valutare le interazioni e le comunicazioni di tutto l'ambiente.
E' sempre bene però, in un bambino con difficoltà di linguaggio di una certa entità, alla fine del terzo anno di vita, fare un elettroencefalogramma di veglia e sonno per escludere una eventuale sindrome di Landau-Kleffner, cioè una situazione in cui la difficoltà del linguaggio sembra essere un sintomo una forma particolare di epilessia.

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