Ingiustizia, vergogna, risentimento, corruzione,

psicologia e società

Commento a un'articolo della Stampa, in cui si analizzano gli aspetti psicologici, visti come molto diffusi in questi tempi, della reazione risentita di molte persone alle ingiustizie e alla corruzione dilaganti. Nell'articolo, che adombra le interpretazioni psicologiche e religiose dell'invidia, peccato capitale, ripreso anche dalla psicoanalisi come fonte dell'istinto di morte, si suggerisce che il risentimento fa male a chi lo prova, come un veleno che 'corrompe' tutta la vita della persona. Quindi l'obbiettivo diventerebbe non quello di perseguire le ingiustizie e la corruzione, ma di evitare il risentimento. Dall'interesse pubblico all'interesse individuale.
Verrebbe da dire, dopo il danno le beffe!
Chi ha subito un'ingiustizia, chi è vittima della 'corruzione' dei nostri tempi, ne ha provato magari vergogna e una 'ferita narcisistica' difficile da guarire (lasciamo pure perdere abusi e violenze e stupri ecc ecc), ha torto nel cercare giustizia, nel cercare la riparazione dei danni subiti e se possibile la repressione del reato e la punizione del colpevole, dovrebbe forse 'porgere l'altra guancia' e cercare di non cadere nelle derive patologiche posttraumatiche scatenate dalle ingiustizie subite (o 'percepite' ?).
Quindi aboliamo il mobbing come reato da perseguire, lo stalting,- d'altronde l'abolizione di certi reati è già in atto - e diffondiamo buoni sentimenti per difendere la salute psicologica di chi ha subito danni e offese (magari secondo lui).
Chissà, la reazione alle ingiustizie, il malessere e a volte la ribellione di fronte al decadere di valori come la giustizia, i diritti, ecc, sono da evitare, perchè forieri di conseguenza psicopatologiche per le persone che le provano.
Meglio depenalizzare, per evitare il rischio che nella giustizia si insinui la vendetta e il risentimento, ohibò.

Congratulazioni! Un esempio di un uso un po' di parte della 'psicologia'? Ma certo avrò capito male le intenzioni degli estensori....

Meno male che in un altro articolo dello stesso giornale si parla di Ipazia (vedi il film agorà) come un modello, quasi, ma tragico e perdente, se non a distanza di millenni..., contro la violenza delle istituzioni dominanti, qualsiasi esse siano, specie se mascherate da 'buoni sentimenti'. Se non vogliamo fare la fine di Ipazia, quindi, meglio perseguire il 'quieto vivere' e chinare la testa.

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