spettro autistico...

Gentile dott. Benedetti,
il suo approccio alle problematiche dello sviluppo, che mi sento di condividere completamente, mi ha convinto a scriverle per esporle il nostro caso.
Abbiamo un bambino che sta per compiere tre anni. A un anno e mezzo ho notato delle particolarità nell'atteggiamento che mi hanno portato a parlarne con la pediatra: tendenza a non guardare gli altri negli occhi, tendenza a non girarsi se chiamato per nome, o a farlo dopo molta insistenza, non indicava col dito e non porgeva gli oggetti, girava spesso su se stesso, anche se, sotto gli altri punti di vista sembrava un bambino perfettamente "normale" e molto sveglio. Camminava e amava farlo, diceva le prime parole, "mamma", "papà", "nonna",...era molto curioso del mondo circostante e sembrava non esserlo quasi delle persone.
Mese dopo mese migliorava e intorno ai due anni aveva preso a indicare col dito, a essere più presente. Ha iniziato a girarsi al suo nome e anche, di più, a guardare gli altri. A due anni e tre mesi comunque abbiamo iniziato a fargli fare un'ora la settimana di psicomotricità, su suggerimento della pediatra, e insieme a fargli frequentare l'asilo nido. Qua è andato tutto secondo la "norma": ha iniziato a dimostrare la sofferenza del distacco da me dopo un mese (mi hanno detto le maestre che succede spesso) e, nel giro di pochi giorni, ha iniziato a partecipare normalmente alle varie attività proposte dalle maestre e a interagire con loro e con gli altri bambini.
Ha svariati interessi: ama molto andare ai giochi e si butta in qualunque scivolo, tunnel, percorsi, anche se ci sono altri bimbi, anzi se non ci sono resta male. Ama anche le attività che richiedono calma e concentrazione, come disegnare (sa disegnare un volto, il sole, la luna, il mare...), leggere favole, fare puzzle (arriva a 12 pezzi), giocare col pongo, con l'acqua. Ha una grande capacità di concentrazione e astrazione (a due anni aveva già imparato i numeri fino a dieci e ora arriva anche a cinquanta, saltando ogni tanto qualche numero, ed è in grado di contare gli oggetti; a due anni e tre mesi conosceva le lettere dell'alfabeto, e sapeva dirlo tutto; le forme geometriche piane e alcune solide e le riconosceva nella quotidianità, e aveva imparato da un cartone animato i nomi dei pianeti! Ora ha imparato da solo a distinguere il maschile dal femminile, il concetto di "vuoto" - per es. dall'alto di uno scivolo guarda giù e si sofferma dicendo "C'è vuoto" -, il concetto di "somiglianza" - dice spesso "questo assomiglia a quello...", di solito in modo appropriato, di "mezzo" - "papà è di qua, mamma è di là, N. è nel mezzo" - o dice frasi come "papà e mamma sono felici. Anche N. è felice". Questo per farle capire che ha capacità di riflessione e osservazione. Ama molto la musica, e si lascia trasportare. Ha un buon rapporto con gli animali (abbiamo due cani con cui è affettuoso e protettivo). E' molto curioso delle novità, da un nuovo cibo (mangia di tutto e autonomamente, con le posate) a un nuovo gioco, un nuovo libro, una nuova attività.
Inoltre è un bambino molto affettuoso e fisico, soprattutto con la mamma, ma anche con il papà, le maestre, e poche altre figure che vede con costanza. Ha perso da alcuni mesi quell'abitudine di girare su se stesso, come ha perso alcuni rituali che aveva all'arrivo all'asilo o a casa dei nonni.
Ha però ancora delle difficoltà nella comunicazione, nel senso che, pur sapendo usare il linguaggio e componendo frasi compiute corrette, anche se semplici, e pur sapendo comunicare le sue esigenze ("voglio mangiare, voglio bere acqua nel bicchiere azzurro, sono stanco voglio andare a letto"), o fare osservazioni ("E' brutto, è carino, è freddo, brucia...") ancora non coniuga bene le persone dei verbi, e soprattutto solo ultimamente comincia ogni tanto, dopo un po' di insistenza, a rispondere "si" o "no" alle domande dirette. E' come se la comunicazione diretta per lui sia difficile, e infatti con i coetanei si trova puramente a un livello fisico (correre insieme, coccolarsi anche, saltare insieme). Diciamo che il trend è in miglioramento e noi continuiamo la psicomotricità (dovremmo ora iniziare a fare due ore anzichè una sola la sett.), sperando di agevolare la sua entrata alla scuola materna. Come da piccolo aveva difficoltà a guardare le persone negli occhi (difficoltà superata, anche se ancora non perfetta), ora ha difficoltà ad affrontare una comunicazione diretta.
Abbiamo affrontato recentemente una visita da una NPI, ma dopo dieci min. neanche di "osservazione" aveva già deciso che doveva essere inserito in un programma con psicomotr., logop., psicologi e pedagogisti vari, dopo ulteriori test a punteggi e scale,... (peraltro, dopo quei primi dieci min. in cui aveva voluto restare sola con lui, al mio rientro in stanza il bambino ha risposto a tutte le sue richieste, anche oltre le mie aspettative sinceramente, tipo ha messo la bocca a un viso che lei gli ha disegnato, ha disegnato un bel sole con raggi lunghi e tratto deciso, ha disegnato, su sua richiesta, il viso enorme della mamma con due grandi occhioni con tanto di pupille,...). Dottore, a me e a mio marito non ci ha mai convinto questa espressione "spettro autistico" proprio perchè l'autismo è una cosa seria e presenta caratteristiche decisamente diverse da quelle del nostro bambino, e, inoltre, quel tipo di approccio così freddo e poco disponibile a una reale "osservazione" non mi ha convinta per niente. Cosa ne pensa? N., da questi elementi che le ho dato, può essere inserito tra i bimbi con DPS? Là fuori c'è una giungla di specialisti che non mi convincono per niente perchè ragionano a schemi prefissati e sono poco propensi ad assumersi il rischio di formulare una diagnosi seria basata sull'osservazione approfondita di un bambino di tre anni.
Scusi la lungaggine dott., ma in quest'anno è stata dura perchè le specialiste (pediatra e NPI) sembrano fissate solo con il voler sottoporre il bambino a test e "osservazioni" da parte di loro colleghe/i per scoprire a quale punto dello "spettro autistico" è N.. Ma perchè invece non ascoltano con attenzione quello che i genitori e le maestre raccontano e non osservano con calma il bambino? Sicuramente ci saremmo evitati un anno di angoscia...
Grazie anticipatamente della disponibilità.

Penso che fra poco, affinando

Penso che fra poco, affinando i test, lo spettro autistico verrà esteso a comprendere tutti gli esseri viventi: ognuno sarà nello schema, in qualche punto del continuum. E' il grande abbaglio della psichiatria attuale, che vede in ogni comportamento un effetto diretto di un meccanismo biologico, biochimico, ecc, ed ogni comportamento rischia di venir visto come patologico. I test fanno così: attribuiscono un dato punteggio ad ogni aspetto considerato, poi dalla somma dei vari punteggi si arriva al punteggio totale che dice in quale punto siamo dello spettro autistico ( ma anche di altre patologie, come la 'depressione', la 'sindrome bipolare', quella 'borderline', e così via). Prima si diceva che ogni persona, tanto più bambino, è diversa, e ha le sue particolarità, e si aspettava per vedere come affrontava gli altri, la scuola, ecc; oggi si pretende di fare diagnosi 'precoci' rischiando di prendere grandi cantonate e mettendo in ansie inutili le famiglie. E spesso disturbando lo sviluppo dei bambini Sarà effetto dei tempi, se non siamo come vuole la moda, o la pubblicità, o i modelli dominanti ci sentiamo diversi, esclusi, e ora anche malati. Con grande vantaggio per il busines delle malattie e dei rimedi offerti sul mercato.

Venendo a suo figlio (mi scusi per la pappardella...), non capisco cosa si vuole di più da un bambino di neanche tre anni. Tutto quello che fa sembra quasi portentoso, e solleverà l'invidia di molti lettori. Che abbia delle sue particolarità, piccole manie, rifiuti, ecc, mi sembra quasi un bene, un segno di individualità, che non è fatto con lo stampino nè ammaestrato a dare prestazioni a comando.

La 'normalità' di molta psicologia moderna rischia di essere intolleranza per le piccole diversità e variazioni delle persone. Che a volte, lasciate evolvere, rivelano esiti e sviluppi imprevisti, in positivo, ovviamente.
Invece oggi la paura delle piccole variazioni dalla media (teorica) dilaga nei genitori, nei pediatri, negli specialisti, negli operatori. Spesso basta sopportare per un po' i dubbi e le preoccupazioni, senza correre a intervenire in qualche modo, per vedere le cose risolversi, ma oggi manca quella capacità, che Wilfred Bion, grande psicoanalista britannico, chiamava 'capacità negativa', espressione presa a prestito dal poeta John Keats. E' la capacità di aspettare, di non precipitarsi a fare qualcosa, di sopportare l'ansia, i pensieri e di dar tempo alle cose, a alle persone, e agli aspetti dello sviluppo, di manifestarsi. Spesso basta poco perchè le cose si chiariscano.
Come forse ha letto io non sono favorevole agli interventi di psicomotricità o altro, se non ci sono franche patologie relazionali e di iniziativa motoria. Le normali 'stimolazioni' di un normale ambiente familiare sono sufficienti e sicure. Gli interventi 'sanitari', e comunque differenziati, hanno sempre effetti collaterali negativi, anche se a volte non facilmente e non subito visibili. Come per le medicine, vanno prese quando sono necessarie, perchè i benefici superano i rischi. Ma anche queste oggi sono prese in grande eccesso...
Cordialmente
dr GBenedetti

Grazie infinitamente dottore.

Grazie infinitamente dottore. Noi genitori che cadiamo in questa paura, poi passiamo il tempo a scandagliare ogni minimo comportamento e atteggiamento del bambino per cercare di capire, di valutare se c'è un peggioramento o un miglioramento, e rischiamo di perderci tutto il bello del nostro bambino... Anche noi pensiamo che sia giusto, se non ci sono segni inequivocabili di "disturbo" mentale, lasciare ai bimbi il tempo di crescere ed esprimere la loro personalità. Mio marito, in particolare, mi ha sempre rasserenato, dicendo le cose che lei oggi mi scrive. Ma in quanti siete in Italia ad avere ancora un approccio così sereno e lucido?!? Grazie ancora.

Vediamo come andranno le cose

Vediamo come andranno le cose nei prossimi mesi. Ci tenga informati.
Cordialmente
dr GBenedetti

il consulto continua qui

Difficoltà primi giorni scuola materna

Gentile dottore,
sono di nuovo qui a scriverle perchè di nuovo molto in ansia per il mio bambino. Ha iniziato da pochi giorni la scuola materna - ha compiuto tre anni in giugno - e il suo comportamento ha subito allarmato le due maestre che mi hanno consigliato di parlare con una logopedista.
X non è riuscito a stare seduto sulla sua sediolina in cerchio con gli altri bimbi ma si è isolato con qualche gioco, ai loro richiami non risponde, fa resistenza nel momento di andare in bagno, è estremamente a disagio. Partecipa però ad attività che hanno proposto: ieri ha pitturato molto volentieri, quando hanno messo la musica lui balla (ama molto la musica) e ha giocato volentieri fuori in terrazza.
Io ho spiegato alle maestre che le prime settimane dell'asilo nido (lui ha frequentato un anno di nido, dai 2 ai 3 anni) il suo comportamento era stato analogo: tendenza a isolarsi, a non rispondere e a non rispettare le "regole", ma che piano piano ha sempre più partecipato alle attività ed è diventato affettuoso anche con le maestre. Sicuramente ha bisogno di tempo. Credo che sia il suo modo di reagire al disagio e al distacco da me (ieri sera, tra le favolette che gli ho proposto da leggere, ha scelto Bambi e ha ripetuto più volte che Bambi era "rimasto solo", che "non c'è più la mamma"...). Sottolineo che io sono per lui la figura di riferimento in qualche modo assoluta perchè col papà ha un rapporto un po' conflittuale (dovuto crediamo al fatto che è anziano e gli incute forse un po' di soggezione) e i nonni sono lontani e li vede poco.
Detto questo, però sono comunque preoccupata perchè, pur avendo un vocabolario vasto e sapendo formulare delle frasi corrette, anche con l'uso di avverbi e aggettivi, non ha quasi capacità di rispondere. Non risponde quasi mai quando gli si fa una domanda (il fatto che qualche volta l'abbia fatto o lo faccia significa che potenzialmente sarebbe in grado di farlo), anche quando gli si chiede il nome o delle cose banali, che richiederebbero un semplice "si" o "no". Ultimamente stiamo insistendo su questo, e stiamo ottenendo qualche "si" in più. Per esempio non saluta quasi mai e raramente pone domande. Sa esprimere però le sue esigenze e fa delle osservazioni in modo appropriato (diciamo che sta migliorando in questo, almeno mi pare, perchè fino a pochi mesi fa il suo linguaggio tendeva a essere comunque più ripetitivo e con fissazioni, che in parte permangono.) E' un bambino intelligente e sensibile, con grande capacità di apprendimento, una vasta gamma di interessi e di conoscenze acquisite proprio grazie alla sua "fame" di capire le cose, fondamentalmente gioioso, allegro, curioso di tutto; ma con questa sorta di "blocco" nella comunicazione linguistica (sottolineo che ha iniziato solo intorno ai due anni a indicare col dito, a porgere gli oggetti, forse in ritardo rispetto alla norma).
L'anno scorso ha frequentato un'ora la settimana di psicomotricità, ma devo essere sincera, non so valutare se X ne abbia ricevuto un reale aiuto perchè ha frequentato contemporaneamente l'asilo nido in cui stava bene ogni mattina. L'ultimo mese è andato dalla psicomotricista svogliatamente, senza entusiasmo, ho avuto l'impressione che si chiedesse cosa ci andavamo a fare là, e un po' per quello, un po' per i buoni risultati ottenuti al nido, dopo l'estate abbiamo deciso di vedere come se la cava da solo, senza aiuti esterni. Ora vorrei aspettare ancora qualche settimana per vedere se, ambientandosi alla materna, il suo atteggiamento migliora da solo, e anche la risposta linguistica stando sempre in mezzo ad altri bambini, ma insieme abbiamo paura di perdere solo tempo e vediamo lui sotto pressione, in difficoltà...
Cosa ne pensa dottore? Grazie anticipatamente dell'attenzione.

Gentile signora,mi sembra di

Gentile signora,
mi sembra di capire dalle sue lettere che è un bambino che non ha problemi di linguaggio (sa parlare correttamente, sia come costruzione delle frasi che come pronuncia, ), nè di sviluppo simbolico (disegna, gioca con significato), sa addirittura esprimere le sue emozioni a parole utilizzando altri personaggi (bambi) ma è 'trattenuto' nelle relazioni e nelle comunicazioni specie con le persone che non conosce e nell'ambiente nuovo. In tutto questo non c'è alcuno spazio per una logopedista - ma spesso le maestre e insegnanti sono 'convenzionate' con alcune di loro. Il suo " non rispondere" alle domande, non è un problema linguistico, semmai relazionale, cioè di rapporto e confidenza e fiducia con l'ambiente.
Al massimo, da come lei dice sulla situazione familiare e il rapporto con il padre, ci potrebbe essere indicazione per alcuni colloqui con un esperto di dinamiche e relazioni familiari: la difficoltà ad allontanarsi da casa e andare nel mondo esterno è legata a incertezze e insicurezze sulla 'base di partenza', più che sul mondo sconosciuto da esplorare. Fiducia o sfiducia, paura e coraggio, dipendono dal retroterra. Nell'ignoto uno proietta le paure che ha conosciuto già. Questo tenendo conto ovviamente che nessuno è perfetto e tutti abbiamo le nostre paure e incertezze.
Quindi io aspetterei di vedere come il bambino si ambienta, come dice giustamente Lei, e poi per un'eventuale consulenza cercherei un riferimento in campo psicologico infantile/familiare, non certo logopedico.
Non è che ce l'ho con logopediste o psicomotriciste, con cui ho collaborato spesso, ma con la brutta abitudine di mandarci i bambini prima ancora di una valutazione globale del loro sviluppo e delle eventuali difficoltà e delle probabili cause delle loro difficoltà. Logopediste e psicomotriciste sono delle 'tecniche', non hanno - salvo eccezioni individuali- una formazione che permetta una valutazione globale del bambino. Gli interventi tecnici focalizzati possono essere controindicati per lo sviluppo globale, ma questo molte di loro non lo sanno, e neanche purtroppo molti neuropsichiatri infantili, che non hanno acquisito - con la moda psichiatrica farmacologica che ha invaso anche le università - una competenza specifica sullo sviluppo globale infantile ma vedono solo aspetti settoriali, tanto più ora con la moda dei test e delle liste di sintomi...
Ci vuole coraggio e resistenza anche di fronte alle pressioni dell'ambiente, a volte. Cerchi però di coinvolgere il padre del bambino in queste problematiche; il bambino ha bisogno di entrambi i genitori.
Cordialmente
dr GBenedetti

Grazie dottore. Sono giornate

Grazie dottore. Sono giornate difficili perchè il bambino sta reagendo a questa novità chiudendosi e con un atteggiamento sfuggente anche con noi. La musica lo aiuta molto a "fermarsi" e a rasserenarsi.
Lei ci è sempre di grande aiuto con le sue parole e valutiamo nel giro di qualche settimana se venire a Firenze per un consulto personale.

La valutazione diretta del

La valutazione diretta del bambino ha confermato l'esistenza di difficoltà nella sfera sociale comunicativa, che sembrano bloccare o frenare le esperienze di relazione con le persone e quindi l'apprendimento dall'esperienza. Alcuni aspetti della situazione familiare hanno favorito probabilmente un legame particolarmente intenso fra madre e figlio e un'esperienza duale 'simbiotica', molto fisica e appagante, a scapito di un'esperienza di rapporto a tre. Il rapporto con la madre probabilmente occupa una gran parte della sua sfera emotiva e affettiva e sostituisce forse il rapporto con altre persone, primo fra tutti il padre: il bambino sembra così trattenuto in una sfera infantile primitiva, da giardino dell'Eden, e non ne è ancora uscito per prendere la strada dello sviluppo simbolico e sociale. Le comunicazioni simboliche, 'mediate', non sono necessarie se c'è un contatto fisico diretto e una comunicazione immediata, telepatica. Non dico che questa sia la 'causa' , ma è un aspetto importante e delicato da gestire. Non va assolutamente modificato bruscamente o peggio interrotto, ma dovrebbe un po' alla volta ridursi per lasciare posto allo sviluppo simbolico e sociale.(La famosa traumatica cacciata dall'Eden è stata foriera di conseguenze piuttosto tragiche, come sappiamo...)
Quanto al da farsi, potrebbe essere utile, vista la situazione familiare, una figura di babysitter che si affianchi alla mamma e poi la sostituisca per brevi periodi. In questo modo anche la mamma potrebbe ritrovare un suo spazio distaccandosi dal bambino. Una terza figura di questo tipo in casa faciliterebbe forse la separazione fra madre e figlio, che probabilmente è stata rallentata da fattori ambientali quali il fatto che la mamma non lavori e che il padre abbia avuto una posizione un po’ defilata. Se possibile dovrebbe anche lui entrare in rapporto più vicino con il bambino prendendo una posizione più decisa nel rapporto a tre: forse finora come si diceva il bambino ha avuto prevalentemente un rapporto a due, esclusivo, con la madre. Il rapporto a tre, con le sue dinamiche edipiche, sembra necessario nello sviluppo umano. (Il 'terzo' che abitualmente è il padre, può essere rappresentato anche da altre figure, che intervengono modificando il rapporto duale e introducendo la sfera sociale e simbolica)
Ovviamente questo dei tre anni è un momento delicato: nel prossimo periodo si pongono le basi del suo ingresso nella società dei coetanei regolata da adulti diversi dai genitori e del suo inserimento nel mondo extrafamiliare. Ci sono molti anni di apprendistato, davanti, ma i prossimi tempi sono fondamentali: se non si trova abbastanza rapidamente una strada evolutiva i rischi di blocco dello sviluppo, o distorsione profonda, aumenterebbero. Nei prossimi mesi bisognerà quindi valutare bene l'andamento e la necessità eventuale di un intervento intensivo sia con la famiglia che a scuola che con il bambino stesso.

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