Iperattivi in Svizzera: differenze linguistiche-culturali?

Ricevo: Gentile Dr. Benedetti,

Sono uno studente in medicina a Varese e risiedo in Svizzera, nel canton Ticino.

Seguo, quando mi é possibile, il Suo forum e il sito internet che sono per me, grazie ai Suoi interventi, una vera fonte di informazioni utili per lo studio e anche per la vita.

Mi permetto di contattarLa in quanto qualche giorno fa é stata pubblicata dalla stampa nazionale una notizia in riguardo alla "distribuzione geografica" della prescizione di Ritalin in Svizzera.

Se da una parte é importante l'aumento nella prescrizione nella parte germanofona e francofona della nazione,si evince come d'altra parte questo non accada nell'unico cantone italofono, il Ticino.

È un dato interessante che vorrei portare a Sua conoscenza.

Le indico di seguito i link agli articoli:

http://worldradio.ch/wrs/news/wrsnews/ritalin-use-up-nationally-but-not-...

http://www.tio.ch/Ticino/Attualita/News/646494/Ritalin-sempre-piu-diffus...

Colgo l'occasione per ringraziarLa ancora una volta per la grande disponibilità e umanità che mette a disposizione per il mantenimento dell'informazione online e cordialmente La saluto.

La ringrazio per le gentili

La ringrazio per le gentili parole e per il contributo: interessante effettivamente la differenza culturale nel valutare e trattare un aspetto comportamentale. Conosco troppo poco la Svizzera e le differenza fra i vari cantoni per poter fare delle ipotesi, ma mi sembra plausibile quella segnalata nell'articolo: "gli autori dello studio presuppongono che in Ticino ci sia un altro modo di affrontare questo disturbo, sia esso dovuto a una diversa mentalità ("società mediterranea") o a un'altra "filosofia di cura". In Italia - rilevano - si è sviluppato negli ultimi anni un movimento relativamente forte di critica verso la prescrizione di psicofarmaci ai bambini. Sarebbe utile un confronto fra l'utilità dei vari interventi per le situazioni scolastiche e sociofamiliari, in generale, visto che, pur con le differenze culturali segnalate, probabilmente molte condizioni di base della società sono simili. E' infatti difficile a volte paragonare le situazione ad esempio degli USA o dell'Inghilterra a quelle dell'Italia, per le marcate differenze sociali e organizzative.
C'è da rilevare che in Italia da alcuni anni è in atto una forte pressione sui medici a prescrivere farmaci contro l'iperattività, che sono propagandati anche in giornali e altri 'media'. La spinta, delle case farmaceutiche e di medici convinti dell'utilità dei farmaci, si basa su dati 'scientifici' che per ora sono assolutamente non sufficienti. Come per gran parte dei dati sui disturbi psichici, si tratta sempre di ipotesi ma nella pubblicità e nella propaganda vengono trasformate in certezze.

Ricevo : Gentile Dr.

Ricevo :
Gentile Dr. Benedetti,

La voglio ringraziare per avere pubblicato il mio contributo sul Suo sito internet e avermi permesso di iscrivermi come utente.
Mi permetto di segnalarLe questo link: l'articolo é esemplificativo di quello che é il Suo pensiero e sinceramente, come studente,
fa un certo effetto essere "tra due fuochi" e vedere come ci si trovi di fronte ad una sempre crescente medicalizzazione della società e d'altra parte
si senta il bisogno di osservare le cose da un punto di vista tecnico, sì, ma più umano, più dimensionato, incentrato sulla persona.

http://www.corriere.it/salute/disabilita/11_ottobre_17/malattie-mentali-...

Mi permetto, gentile Dr. Benedetti, di chiederLe un consiglio: al momento mi trovo ad affrontare, finalmente, le materie cliniche della medicina: quest'anno dovrò sostenere l'esame di psichiatria e più avanti quello di neuropsichiatria infantile.
Sono discipline che mi affascinano sempre di più, grazie anche al Suo sito ed alle Sue letture.
Desidererei sapere come ha capito, negli anni di studio, che questa sarebbe stata la Sua vita.
È stato un percorso a tappe che Le ha permesso di intraprendere la Sua professione?
Mi ha affascinato il fatto che nel Suo sito si trovino vere e proprie "chicche" letterarie, dove si discute di storia dell'arte, di filosofia.
Materie forse affini, in un certo senso, allo studio della mente umana?
A proposito trovo calzanti le parole dello psichiatria Romolo Rossi:
"Uno psichiatra dovrebbe ricordare che forse impara di più leggendo Proust e Dostoevskij che un trattato di psichiatria, poiché tratta con una realtà umana che la letteratura illustra meglio.
Ma soprattutto, secondo me uno psichiatra deve imparare a scrivere, perché è possibile comunicare solo se si è capaci di narrare".
Con i miei più cordiali saluti.

Grazie del suo contributo,che

Grazie del suo contributo,che tocca questioni importanti.
L'articolo del Corriere segnala una crescente consapevolezza -speriamo- anche nel mondo psichiatrico, degli effetti della 'cultura' DSM e medico-biologia nella psichiatria attuale.
Il comportamento umano è stato in pratica ridotto a semplice oggetto motivato solo da fattori biochimici cellulari, senza alcun influsso psicologico, ambientale, sociale. Addirittura la mente viene negata, per vedere l'essere umano ridotto a un computer.
O viceversa nell'illusione di creare computer sempre più simili alla mente umana, in un'impeto narcisistico di ergersi a divinità creatrici.
In questo credo che si sconta la mancanza di una preparazione umanistica della classe medica, per cui tutta la medicina è sempre più trasformata in semplice 'tecnica'. Psichiatri e medici attuali - e temo i docenti delle Università - fanno sempre più riferimente alle (pretese) basi scientifiche, senza alcun barlume di consapevolezza dei limiti stessi della scienza, che invece le discipline più scientifiche (matematica, fisica) hanno ben presente. La scienza del secolo scorso è stata scossa infatti dalle sue certezze positivistiche da una serie di 'scoperte', quali la relatività di Einstein, prima ancora le geometrie non euclidee, poi il principio di indeterminazione di Heisemberg e quello di 'indecidibilità' di Goedel, oltre che i nuovi paradossi, come quello del gatto di Schroedinger. I veri scienziati sanno che le loro certezze sono per così dire 'a tempo', sempre a rischio di venire sconfermate da nuove osservazioni. Qualcuno ha detto che non bastano cento dimostrazioni positive per confermare una teoria, ma ne basta una negativa per sconfermarla.
E in medicina si parla di 'evidenze', non accorgendosi forse che sono come quelle viste dai famosi prigionieri nella caverna di Platone, che scambiano ombre per la realtà!
Arrivo così anche all'altro suo argomento, che riguarda la 'cultura' (preparazione) del medico e dello psichiatra. Così come l'essere umano è incomprensibile al di fuori della sua cultura (in senso antropologico), penso che medicina e psichiatria dovrebbero avere una base culturale, filosofico-epistemologica e di preparazione umanistica pari a quella tecnico-scientifica, per cercare di avere una visione meno riduttiva.
In parte la situazione attuale è anche forse l'effetto della perdita di importanza della formazione umanistica degli ulimi decenni, rispetto a quella tecnologica che è sicuramente esplosa con l'informatica.
Nel decennio scorso sono stato molto interessato da letture su argomenti matematici e scientifici, oltre che filosofici ed epistemologici e credo che anche la letteratura (mondiale) e la storia (non solo da un vertice 'eurocentrico') siano aspetti irrinunciabili, per cercare di avvicinarsi a una comprensione delle vicende umane.

Quanto ai percorsi individuali che portano alle scelte professionali e di vita, credo che le vie di ognuno siano spesso influenzate da fattori casuali. Si parla di 'eterogenesi dei fini', uno parte in una direzione e poi vicende varie lo fanno ritrovare in tutt'altri posti. Retrospettivamente uno si accorge che se non si fosse trovato in un certo posto un dato giorno, ecc ecc, forse la sua vita sarebbe stata diversa. D'altronde è come succede in un viaggio. La meta è importante, ma spesso viene cambiata durante il percorso e poi uno si rende conto che quello che conta sono le esperienze che si fanno lungo la strada.

In bocca al lupo per la sua...
PS: ovviamente nelle singole tappe bisogna essere realistici ed informati, e mettere a fuoco bene gli obiettivi parziali, di volta in volta, per superare i singoli esami, andare avanti e non perdersi ... Ma siamo soggetti a sbagliare e possiamo allora cercare di imparare dagli errori...
(grazie per i contributi e gli stimoli)
Cordialmente
Dr GBenedetti

Grazie

Gentile Dr. Benedetti,
La ringrazio per la Sua esaustiva risposta e per i preziosi consigli!
Le auguro un sereno 2012 ricco di soddisfazioni umane e professionali.
Cordiali saluti.
Guido

Moltissime grazie. Ricambio i

Moltissime grazie. Ricambio i migliori auguri e i miei più cordiali saluti
drGBenedetti

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