Aggiornamento su ragazzo di 12 anni aggressivo e isolato

Gentile dott. Benedetti,
le invio un aggiornamento della mia situazione (http://neuropsic.altervista.org/drupal/?q=node/527) e le chiedo nuovamente il suo parere in proposito.
Finalmente dopo un anno la situazione si è sbloccata.
Mio figlio (12 anni e mezzo) in quest’ultimo anno ha continuato, con alti e bassi, ad essere provocatorio e aggressivo, non solo verso di me ma anche – e spesso pesantemente - verso i fratelli e ha cominciato a sfidare anche il padre e fargli resistenza. Oltre ai comportamenti aggressivi, più di una volta ha manifestato idee suicide. Ha già fatto molte assenze a scuola e il padre riesce con sempre più fatica a mandarlo a scuola quando lui non vuole. I risultati scolastici del primo quadrimestre sono stati scarsi (quasi tutte insufficienze) e anche se non raggiungerà il numero massimo di assenze rischia la bocciatura. Sul piano personale frequenta pochissimi altri ragazzi, non fa sport, è aumentato molto di peso ed è molto dipendente da ipod, computer, playstation ecc.
Mio marito, forse perché emotivamente provato dai conflitti con il figlio, specie la mattina quando deve andare a scuola, o forse anche preoccupato che il ragazzo metta in atto comportamenti autodistruttivi o suicidi (che peraltro finora sono soltanto stati minacciati a parole), ha finalmente deciso di autorizzare la psicoterapia per nostro figlio. So che la situazione richiederebbe un approccio più globale e un coinvolgimento di tutta la famiglia, ma per ora è già molto che il padre si sia reso conto della necessità di offrire un aiuto almeno al figlio che in questo momento manifesta più problemi. Speriamo in futuro di riuscire a coinvolgere anche il resto della famiglia.
Siamo andati da uno psicoterapeuta infantile, al quale ci eravamo rivolti già lo scorso anno per una diagnosi e abbiamo fatto alcuni colloqui, per ora solo noi genitori.
Ora mio figlio tra qualche giorno dovrebbe fare il primo colloquio da solo con lo psicoterapeuta, gli abbiamo detto ma lui è molto contrariato e dice che lo psicologo non serve a niente e lui non ci vuole andare. Gli abbiamo spiegato che crediamo sia necessario e che è un aiuto per lui ma non vuole saperne. Ha qualche consiglio su come fare a convincerlo? Quali parole e argomenti usare?
La ringrazio per l’attenzione
Carla

Io preferisco vedere il

Io preferisco vedere il ragazzo insieme ai genitori e magari anche ai fratelli (se accettano di venire, non obbligatoriamente). Per vedere insieme cosa succede e cosa si può fare.
Il ragazzo lo accetta di solito più facilmente e spesso i contributi alla comprensione della situazione sono molto importanti, e stupiscono anche i genitori. Se fosse possibile vi consiglierei vivamente un approccio familiare, - che non è obbligatoriamente una 'terapia della famiglia', ma un'esplorazione per trovare le vie d'uscita dal circolo vizioso in cui siete entrati, non importa che sia psicoanalitica, relazionale o che altro - anche se l'essere già andati da soli a parlare indica un approccio più 'tradizionale', come avete già avuto credo, in passato.
Il ragazzo può più facilmente partecipare alle sedute se lo sente come un contributo anche alla situazione familiare in crisi, e non solo come il segno che è lui il "malato"...

Con i miei migliori auguri che comunque la cosa vada in porto,
cordialmente

drGBenedetti

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