stanca

Inviato da viola il Mar, 10/04/2012 - 16:46

Buongiorno,
ho una domanda da porre e lo faccio qui perché so che altrove potrei essere mal interpretata, oltre che per vergogna…
Vorrei sapere se è “normale” ( inteso come non preoccupante) provare momenti di profondo sconforto, una sorta di stanchezza per la vita che si percepisce come troppo pesante, faticosa, fino ad arrivare a pensare che la sua eventuale fine sarebbe quasi una liberazione..
Si tratta di momenti (ore) dove avverto una profonda tristezza, un peso nello stomaco e piango, sapendo che non c’è alcuna soluzione e che posso solo sopportare aspettando di sentirmi un po’ meglio.
Forse è meglio che chiarisca due punti:
- a volte arrivo a pensare che sarebbe una liberazione non essere più viva ma non commetterei mai atti autolesionistici o altro, mi capita però di pensare che se non ci fosse la mia famiglia che ne morirebbe di dolore, non mi importerebbe poi molto che la mia vita finisse;
- non ho alcun vero motivo per sentirmi così, sono una persona fortunata.

Premetto che sono una persona a cui piace ridere, scherzare e giocare, sogno molto di viaggiare, fantastico sulla famiglia che vorrei.. Tutte cose che non mi danno alcun sollievo in quei momenti dove vedo solo tutto nero.
Ora mentre scrivo sono tranquilla, quindi cerco di descrivere lo stato d’animo in cui mi trovo in quei momenti.. quello che percepisco in quei momenti è un’estrema fatica, un senso di totale sconforto, mi sento una fallita, incapace, sola ..
Sono una persona abituata a fare molta introspezione senza concedermi grandi sconti (sono piuttosto severa con me stessa) e in quei momenti non mi aiuta molto perché la mia visione della cose è come distorta da un velo di pessimismo cosmico..
Da tranquilla ne ho pensate tante, ma non so che risposta darmi, ho provato a ricercare le cause al di fuori di me (ho pensato a eventuali sbalzi ormonali) per poi ritornare a me e pormi la domanda: sono una depressa? Sono malata?
Vorrei tanto essere più equilibrata e non sprofondare così..

grazie

Cerchi di mantenere una vita

Cerchi di mantenere una vita sociale sufficiente, che sia single o in coppia, e delle attività che diano uno scopo e un valore alle sue giornate, pensando che in fondo siamo parte del 'regno animale' in cui per tutti 'gli animai che sono in terra' scopo principale di ogni giorno è trovare da alimentarsi e un posto sicuro da pericoli e un ruolo accettabile nel gruppo sociale. Le vicende umane poi sono complicate da una quantità di questioni 'mentali' da cui gli animali sono risparmiati, fortunati loro... Certo, se guardiamo i paperi come si beccano fra di loro, hanno anche loro i loro problemi....
Cordiali saluti
drGBenedetti

Gent.le Dottore, mi è

Gent.le Dottore, mi è piaciuto il suo suggerimento, soprattutto per la connotazione temporale: "dare uno scopo e un valore alle giornate", se avesse detto "dare uno scopo e un valore alla sua vita" mi avrebbe messo in crisi, io non ho capito lo scopo della mia esistenza e della vita in generale..
C'è chi sa di voler diventare medico e aiutare le persone, chi giornalista o calciatore, io ho sempre pensato che mi sarei sentita finalmente realizzata con una famiglia e il non riuscire a costruirla mi fa sentire frustrata. Il mio lavoro non mi appassiona particolarmente ma mi riesce bene e cosí è sempre stato anche con altri lavori, forse proprio perchè è un ambito che non carico di ansie, aspettative e dove riesco sempre ad essere lucida efficiente e pronta nelle decisioni..
Mi ha sempre interessato la mente umana, non sono diventata una psicologa ma anche nel mio lavoro ho trovato, da quel punto di vista, spunti interessanti di riflessione e studio.
Forse tornando indietro mi sarei iscritta a medicina o non avrei accettato il mio lavoro e avrei fatto l'insegnante e forse ora mi sentirei maggiormente appagata.. ma, soprattutto in questo periodo di crisi, non c'è da fare tanto i difficili e io sono decisamente fortunata perchè oltre alla sicurezza non faccio neanche un brutto lavoro. Poi chissà un giorno anche io capiró cosa voglio fare da grande!
In queste vacanze ho fatto un piccolo viaggio (cosa che mi da sempre molta gioia ed energia), ho visto una città meravigliosa! ieri ho fatto la prima lezione di un corso che mi diverte molto e presto inizieró un master che mi impegnerà parecchio ma che oltre ad  essere utile per il mio lavoro (forse), mi permetterà di imparare cose nuove e conoscere persone nuove. É poi è una cosa nuova (l'ho già usato questo termine? ;-) ) e io amo le novità!
Il ragazzo di cui le ho parlato è tornato sui propri passi, non so quanto sia convinto..io sono sempre piuttosto diffidente. Per ora prendo tempo e lascio che le cose facciano il loro corso, in quest'ambito il prendere immediatamente decisioni mi mette ansia (di solito propendo per la fuga, penso sempre che non mi vogliano davvero e che mi faranno soffrire, e non sono mai sicura di quello che voglio..) e non ne sono capace.
Per ora la ringrazio e la saluto.
Un saluto anche ai paperi che sono sempre così meravigliosamente buffi!

Quella dello 'scopo della

Quella dello 'scopo della vita' è una tipica questione umana, e forse una trappola da cui è difficile uscire, come tanti prodotti della nostra mente. Forse è una specie di paradosso logico irrisolvibile, come i classici paradossi filosofici di Achille e la tartaruga, del Cretese bugiardo, ecc. A me sembra più utile pensare che lo scopo è la realizzazione delle potenzialità dello sviluppo insite naturalmente nella nostra dotazione, per le piante, gli animali, e anche gli esseri umani, in connessione con l'ambiente, ovviamente. Il compimento di questo scopo evoca spesso dei sentimenti estetici, di stupore e ammirazione: un cactus nel deserto, un pino marittimo, uno stormo di uccelli in migrazione. Anche un cielo stellato, un panorama da una montagna o da un promontorio evocano una reazione estetica, che ha sempre sollevato domande cui ognuno dà le risposte che crede più giuste. Forse per l'uomo che si pone queste domande lo scopo può essere quello di inserirsi in questo universo entrando a farne parte senza disturbarne il meraviglioso equilibrio, cosa che sembrerebbe, a quello che vediamo, richiedere di porre dei limiti alla libertà di perseguire tutto quello che la tecnologia attuale ci permette. Il che forse assomiglia ai famosi limiti al cogliere i frutti dell'Albero della Conoscenza nel Giardino dell'Eden. Lo sviluppo della mente, che sembra distinguerci da tutte le altre cose esistenti, sembra quello che ci ha tolto il posto naturale nell'universo, che cose,piante e animali sembrano avere senza fatica. L'avere una mente ci dà la possibilità della conoscenza e al contempo ci toglie il posto naturale nelle cose, obbligandoci a cercarlo faticosamente per tutta la vita. E forse è questo che è diventato quindi lo scopo della nostra vita: cercare di ritrovare il nostro posto che lo sviluppo della mente ci ha reso problematico e non più naturale. Un paradosso anche questo, forse, ma probabilmente dobbiamo abituarci a conviverci (altro modo di vedere lo scopo della vita). Ci sono probabilmente molti modi diversi per descrivere qualcosa di questo tipo. Ma il rischio è quello, come sempre è stato, che queste risposte inneschino le guerre di religione e ideologiche che hanno sempre insanguinato il mondo. Altro prodotto esclusivo della nostra mente. Qualcuno ha detto che forse è stato un 'dono' non richiesto e non così utile. Forse dobbiamo accontentarci di farne un uso "abbastanza buono"...
La sua lettera mi ha evocato questa specie di digressione 'filosofica' che spero mi verrà scusata.

Quando ero piccola un amico

Quando ero piccola un amico di famiglia, ad una cena, ha raccontato la parabola dei talenti, ricordo di esserne rimasta molto impressionata. Non credo in una giustizia divina e neanche in un giudizio universale ma anche concentrandomi solamente su questa vita, la parabola dei talenti mi ha fornito uno spunto di riflessione su cosa fare della mia mente, delle mie potenzialità, capacità (e forse della mia stessa esistenza). Mi piace anche molto che nella parabola sembra che basti anche solo una sorta di "investimento minimo" delle proprie potenzialità (forse quello che lei intende quando scrive "un uso abbastanza buono") perchè mi solleva dal pensare che debba per forza fare grandi cose per dare un senso alla mia esistenza.
Quanto al senso di realizzazione personale non ho ancora ben capito dove girarmi.
È pur vero che dovrei imparare a gioire maggiormente dei miei piccoli traguardi raggiunti..

Non ricordavo la parabola dei

Non ricordavo la parabola dei Talenti... Rileggendola mi sembra che il fulcro sia nel cattivo rapporto del terzo servo col padrone, che sembra essere la cosa che impedisce lo "sviluppo dei talenti". Non so se il gioco di parole è solo in italiano, dove 'talento' vuol dire anche 'abilità'.
Ma in effetti si può leggere come una dimostrazione dell'importanza di un buona relazione per permetter lo sviluppo delle capacità. Nell'infanzia si può pensare che gran parte della responsabilità della 'buona relazione' sta negli adulti intorno al bambino e all'ambiente che riescono a formare. Nell'adulto in gran parte la questione probabilmente è diventata 'interna', del mondo interno alla mente e dei personaggi che lo popolano, anche se l'ambiente esterno può essere ugualmente importante, come sembra a guardarci intorno, ad esempio alla "fuga dei talenti" e al declino incombente...

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