disprassia

Inserito da gilric il Mer, 18/04/2012 - 11:06.

Gentile dottore,
mio figlio, a 5° mesi di vita, ha subito un lungo ricovero per sindrome di West idiopatica, con scomparsa totale dei sintomi dopo un pesante trattamento farmacologico. Ad un anno è mezzo, gli è stata diagnosticata un'epilessia parziale, trattata con acido valproico senza risultati (si tratta di lievi spasmi alla gamba destra al risveglio). Ha iniziato a gattonare a 12 mesi, stimolato da un trattamento fisioterapico, a camminare a 18 mesi. Ora il bimbo ha 4 anni e mezzo: in quest'arco di tempo gli sono state fatte due risonanze risultate negative, controlli trimestrali dell'eeg, e 2 valutazioni neuropsicologiche che hanno evidenziato una situazione di normalità, con motricità fine al limite minimo e abilità linguistiche superiori alla media. Ora, dopo un corso di psicomotricità rivolto a tutti i bambini della scuola materna frequentata, l'esperta mi ha segnalato un possibile problema di disprassia, in quanto il bambino non è ancora in grado di rappresentare graficamente la figura umana completa, non sa mettersi autonomamente scarpe e giacca (ma le calze sì), non riesce ad abbottonare/sbottonare il grembiulino e, soprattutto, una volta che gli è stato mostrato "come fare", non interiorizza le sequenze di azioni. Di contro, ha un linguaggio ricco e sintatticamente molto corretto; legge parole anche molto lunghe pronunciando lettera per lettera e ricostruendo mentalmente il vocabolo già da prima dei 4 anni; non cade; non è particolarmente goffo; mangia usando correttamente le posate, sa andare in bicicletta. Verò è il suo sviluppo motorio generale è sempre stato in ritardo di qualche mese rispetto alla media degli altri bambini. Cosa mi consiglia? (Il mio istinto materno è quello di "dargli tempo", ma non vorrei sbagliare...)

Mi felicito con voi per la

Mi felicito con voi per la buona uscita dalla sindrome di West, anche se è residuata una epilessia ancora non completamente controllata dai farmaci, se capisco bene.
Riguardo al suo lieve ritardo nelle abilità motorie, ritengo che siano compatibili con una 'partenza in ritardo', visto che il primo anno di vita verosimilmente è stato occupato dalla grave malattia e dalla terapia necessaria e dai controlli medici. Quindi il ritardo va 'corretto' con i mesi di mancato sviluppo, per valutarlo bene, direi.
Se "il suo sviluppo motorio generale è sempre stato in ritardo di qualche mese rispetto alla media degli altri bambini", come dice, ma poi il bambino raggiunge le abilità sufficienti come mi par di capire, non mi sembra debbano essere necessari per il momento interventi 'abilitativi' (immagino che avranno proposto un intervento di 'psicomotricità'). Sono quindi d'accordo col suo 'istinto materno'...
Vista la discrepanza fra gli aspetti linguistici e quelli motori, andrebbe piuttosto verificato a mio avviso se il bimbo non privilegia troppo gli aspetti 'intellettuali' rispetto a quelli più spontanei e istintivi, come 'difesa' dal costo emotivo che hanno comportato e comportano la malattia e l'epilessia seguente e i ripetuti esami necessari. Eventualmente consiglierei di ridurre l'eventuale spinta ambientale su questi aspetti, per indurlo e permettergli un comportamento più spontaneo e 'fisico'.
Forse la 'psicomotricità' a questo livello potrebbe servire, non tanto come 'cura della fantomatica disprassia', ma per una maggior 'liberazione' motoria. Un'attività libera di esplorazione motoria e scoperta delle varie possibilità, in gruppo e come attività fisica, ricreativa, non 'riabilitativa/sanitaria' nè come 'insegnamento' di schemi corporei ecc.
Ovviamente con beneficio di inventario dato il contesto on-line, privo del riscontro diretto di un'osservazione nella realtà.
Cordialmente

drGBenedetti

Risposta illuminante

Gentile Dottore, la ringrazio moltissimo per la sua risposta. Effettivamente, non avevo mai preso in considerazione le conseguenze di ordine psicologico che la malattia potrebbe aver comportato. Il"costo emotivo", felice espressione, è stato ed è sicuramente alto per mio figlio, in quanto si rende pienamente conto della sua minore abilità rispetto ai suoi compagni e si accorge subito quando io lo "forzo", con il risultato che si rifiuta di collaborare. Anche quando gioca con bambini molto più agili e veloci di lui, tende a isolarsi e a dire che si sente triste. Comunque in questi giorni ha imparato a togliersi la maglia da solo ed era raggiante! Cercheremo di evitare forzature e di lasciargli vivere le sue esperienze serenamente.
Aggiungo anche che il bambino potrebbe sentir gravare su di sè l'ansia materna, la continua osservazione a cui è sottoposto da parte mia, le aspettative di cui, senza volere, lo carico, anche se dico, a parole, di accettare pienamente mio figlio così com'è. Forse non è vero. Nei lunghi mesi trascorsi dalla scoperta della malattia alla sua soluzione (seppur non totale), ho sofferto tantissimo e ho avuto anche un senso di rifiuto nei confronti del piccolo, di cui ancora mi sento in colpa. In quel periodo, io, come mamma accudente e incoraggiante, non c'ero; ero troppo concentrata nel controllare l'ansia che mi toglieva ogni energia, impedendomi di reagire. In quel periodo"sopravvivevo". Il bambino non può non aver colto, come sono sicura accada anche ora, la mia ansia per ogni piccola differenza che noto rispetto ai suoi coetanei. La ringrazio ancora molto per la sua risposta, che ha aperto una porta di cui non sospettavo l'esistenza. Ancora grazie!
Giliola Mecenero

L'ansia, le paure, le

L'ansia, le paure, le difficoltà, le nostre carenze e imperfezioni sono inevitabili. Non possiamo cancellarle, meglio "fare il possibile" che pretendere la perfezione. "Io speriamo che me la cavo" è un motto, e un libro, e un film, che trovo molto umani e realistici.
Ovviamente senza rinunciare a usare tutto ciò che la scienza e la tecnologia e "le nuove scoperte" mettono a disposizione, però con circospezione...
Cordialmente
drGBenedetti

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