giovane donna in difficoltà 2

continua da questo consulto
(16 agosto 2012)
Sono sempre ed è ferragosto. Sono passati altri mesi, si vede che sono
ciclica e quando proprio il mio animo tocca il fondo cerco un
salvagente che sta diventando lei perché di lei sento di potermi
fidare. Grazie, soprattutto se può rispondermi ancora una volta. Un
po' la mia storia l'ho descritta, ho avuto tante delusioni, tanti
dispiaceri, ho perso un genitore quand'ero piccola e vivo con una
mamma che mi ha ritenuta sempre e solo "sua" che ci tiene a me eppure
si vergogna di me. Non conosco la mia identità biologica, il mio
passato, il posto dove sono nata e non posso parlarne con nessuno
perché è un argomento che porta solo angoscia e scompiglio soprattutto
a casa mia. Sono cresciuta sola, materialmente non mi è mai mancato
nulla anzi lo so che devo tanto alla mia famiglia, ma sono sempre
stata sola, esclusa e dimenticata. Sono una persona normale, non tanto
alta, con i capelli lunghi, gli occhi scuri, una voce sussurrata che
non sa mai superare le altre voci e sono triste. Non mi passa, ecco
perché le scrivo ancora. Se sono io a creare tutto questo come faccio
a smettere? Quasi ogni sera spero di non svegliarmi più la mattina,
ogni giorno anche se passa tranquillo se potessi scegliere vorrei
fosse il mio ultimo giorno perché sono stanca di vivere, è come se io
vivessi da mille anni e non ne potessi più e non posso ignorare questo
pensiero. Ripeto il mio punto più grave è che sono sola e che nessuno
può aiutarmi, neanche lo psichiatra, perché è come se fossi in un
castello, una rocca inavvicinabile (in un labirinto). Ben inteso la
mia casa è normale non ho neanche una camera completa, è solo un
angolo ricavato, pieno di cose per la casa, non per me, per fortuna
che c'è una terrazza e al di là c'è il mare. Dottore ho paura di non
avere più possibilità, ho paura di dover restare da sola per sempre.
Per questo preferirei morire subito. Non ho un' amica, un amico vero,
non ne ho mai avuti forse non lì avrò mai, i miei unici compagni sono
i gatti che vanno benissimo, ma ho il rimpianto di non aver mai
vissuto la mia adolescenza, specialmente in una sera come questa in
cui tanti ragazzini sono in giro, mi sale il magone, perché a loro la
vita sembra una cosa facile. Ora anche volendo non potrei fare niente
perché mia mamma ha un'età e a casa c'è bisogno di me per tutto e
sempre . Io faccio tante cose ma agli occhi del mondo sono un
fallimento. Dottore non potrei sparire? Beh no, lo so che non si può
ma allora cosa devo fare? Per favore non mi scriva che è meglio se ne
parlo in terapia. Dimenticavo ora prendo l'entact e ogni tanto il
lexotan. Con l'entact mi trovo bene, perché a qualche modo un po' di
carica me la da.Cari saluti.

"Grazie, soprattutto se può

"Grazie, soprattutto se può rispondermi ancora una volta
...
Per favore non mi scriva che è meglio se ne parlo in terapia."

Sembra di essere fra Scilla e Cariddi, e uno resta bloccato, e non sa che fare: chissà se è una rappresentazione di come si trova lei, fra spinte opposte che la bloccano in una situazione paralizzata, da cui a momenti pensa di poter uscire solo scomparendo dal mondo.
Forse non è tanto che la sua vita non ha altre possibilità, ma che appunto Lei si è messa, o si è trovata in una situazione chiusa fra spinte opposte. Forse approfondendo queste 'spinte' si possono un po' vedere meglio e si può aprire qualche spiraglio...

se crede può iscriversi al sito e intervenire direttamente qui.

Rileggendo mi accorgo che

Rileggendo mi accorgo che forse ho interpretato male la sua frase "non mi scriva che è meglio se ne parlo in terapia"... In effetti non c'è la virgola dopo 'scriva', per cui capisco ora che Lei vuole la risposta, e non essere rinviata alla sua terapia....
Chissà se però la mia risposta qui sopra è azzeccata ugualmente, almeno in parte...
Bisognerebba cercare cos'è che le impedisce di "uscire dall'area di servizio e riprendere la strada"...

Vale sempre l'invito a iscriversi e continuare....

Gentile dottore non so se ho

Gentile dottore non so se ho in me spinte contrarie, forse sì, ma solo a volte, forse non hanno condizionato la mia vita, almeno non credo, non lo so, non sono una psichiatra.
Io sento più forte un malessere generale e soffro per non poter spiegare a nessuno quello che vivo. Mi pare di non essere capita, di non essere creduta. Questo vale anche in psicoterapia. Il mio problema è grande ma non si vede quello che provo quindi non è quasi percepibile e da fuori può anche sembrare che io stia bene.
Ma non sto bene.
Come le ho già detto ho tanta delusione di me, ho tanta voglia di cambiare la mia situazione ma non so come fare. Penso tantissimo, perchè spesso sono da sola quindi penso e ripenso a me, al mio passato, a quello che sono stata e non mi piace quasi niente e rivedendomi capisco che il declino più assoluto è iniziato intorno ai vent'anni

Questo non lo pubblichi
Non so se può centrare con la mia sofferenza ma giusto a quell'età è successa una cosa che scrivo a lei così, ma non la pubblichi la prego.
......
La prego ancora non pubblichi questa cosa
Grazie

Mi viene in mente un film,

Mi viene in mente un film, che forse potrebbe interessarle. Si chiama 'Segreti e bugie', parla di una giovane donna, adottata, che va in cerca della sua famiglia originaria ed ha una serie di sorprese.
Credo che Lei sia ingarbugliata in qualcosa di simile. Forse anche l'esperienza che mi ha chiesto di non pubblicare si rifà a quello. "segreti e bugie", che rischiano di ingarbugliere le cose
Come liberarsi dal passato per vivere nel presente, mi sembra il suo problema...
Forse un altro problema è la vergogna. Non so se può essere connesso con l'essere adottata. I bambini spesso si sentono colpevoli di cose di cui non hanno colpa, come se essere adottati fosse una colpa, o meglio, essere abbandonati dai genitori naturali lo fosse. Come spesso i bambini figli di genitori separati, che pensano che la separazione sia avvenuta per causa loro.

Mi viene in mente un film,

Mi viene in mente un film, che forse potrebbe interessarle. Si chiama 'Segreti e bugie', parla di una giovane donna, adottata, che va in cerca della sua famiglia originaria ed ha una serie di sorprese.
Credo che Lei sia ingarbugliata in qualcosa di simile. Forse anche l'esperienza che mi ha chiesto di non pubblicare si rifà a quello. "segreti e bugie", che rischiano di ingarbugliere le cose
Come liberarsi dal passato per vivere nel presente, mi sembra il suo problema...
Forse un altro problema è la vergogna. Non so se può essere connesso con l'essere adottata. I bambini spesso si sentono colpevoli di cose di cui non hanno colpa, come se essere adottati fosse una colpa, o meglio, essere abbandonati dai genitori naturali lo fosse. Come spesso i bambini figli di genitori separati, che pensano che la separazione sia avvenuta per causa loro.

Credo anch'io che molti miei

Credo anch'io che molti miei problemi siano connessi all'adozione. Ero
molto piccola quando mi hanno presa i miei genitori ma nel primo anno
della mia vita credo mi sia mancato tutto. L'affetto di una figura, la
protezione, una casa mia. Tutto. Ero sicuramente in un istituto, le
racconto una cosa che da piccola, verso i quattro, cinque anni mi
spaventava, sognavo spesso qualcuno che spingeva via dalla camera il
lettino dove dormivo, sa i lettini con le ruote, e ogni volta mi
portava nel corridoio di casa mia al buio, quando stavo per vedere chi
era la stessa persona di corsa rispingeva in camera il lettino,
proprio lo lanciava veloceveloce e ogni volta dopo mi svegliavo. Non
so perché me lo ricordo ancora. Secondo lei è un sogno importante o
non vuol dire niente? Può essere che io a quel tempo riuscissi ancora
a ricordare qualcosa di quello che vivevo prima di essere adottata? Io
non vivo male la mia condizione in teoria, però i pregiudizi mi
pesano. Mi sento italiana e sapere che per molti non lo sono un po' mi
fa soffrire. Vivo male il presente è vero, vivo male la storia che le
ho raccontato e che non ha pubblicato, vivo male il non avere un
fidanzato, vivo male il fallimento totale della mia vita che rischio
ogni giorno un po' di più. Non è facile. Da dove dovrei ricominciare
secondo lei?E ha senso prendere l'antidepressivo o non serve a niente?

Non credo che sia l'adozione

Non credo che sia l'adozione in sè, ma il significato che ha dentro di lei, cioè nel suo diciamo così 'sistema di valori'. Di solito uno si costruisce un proprio 'sistema' usando anche le esperienze vissute e la rielaborazione che ne ha fatto, e spesso è proprio questo 'sistema' che diventa soffocante, quasi una prigione da cui non si riesce a uscire, e magari si fanno tentativi inadeguati come forse è stato l'episodio che ha raccontato.
Il sogno è bello, evocativo, quando era bambina forse esprimeva un ricordo più o meno modificato, ora nel ricordo sembra esprimere quanto dicevo poco sopra: l'uscire da una stanza ma il venirci ributtata velocemente... Direi che Lei si sente ancora in quella stanza e quindi vive male, perchè invece crescendo si deve uscire, conoscere il mondo.
Per trovare la via di uscita credo si debba cercare di conoscere meglio la 'stanza' in cui si è chiusi e che probabilmente uno continua a 'rinforzare' inconsapevolmente per l'abitudine.
Per cui credo che non sia il passato che conta, ma quello che uno fa nel presente, quasi un circolo vizioso da cui non riesce a uscire. Forse è Lei stessa (una parte di Lei) il personaggio del sogno che ributta velocemente il lettino nella stanza, e la bambina (un'altra parte di Lei) si ritrova dentro sempre nello stesso posto....

Un sogno evocativo... La

Un sogno evocativo... La sensazione di essere portata via dalla camera però non era bella era spiacevole, era paurosa. Ricordo bene il corridoio scuro, come effettivamente era il corridoio di casa mia la notte e ricordo la sensazione, l'ansia che provavo e quel che mi stupisce di più è ricordarmi tutto ancora abbastanza nitidamente. Da qualche tempo penso anch'io che potrebbe essere un ricordo, magari quando ero in ospedale o in istituto prima di essere adottata avevo paura quando venivo spostata, per pulire o per lavorare o anche solo per gioco da i bambini più grandi. Però questa può essere pura fantasia, io non mi ricordo. Ricollegandomi a un'altra cosa che mi ha scritto ha ragione, io ho sempre avuto paura del "fuori" da piccola, questa volta da sveglia, temevo che fuori dalla camera la notte ci fosse chissà cosa, ma ero orgogliosa e non lo dicevo mai a nessuno. Da grande anche sicuramente ho paura del "fuori" solo che sto perdendo la
voglia di farmi coraggio e mi sono "incartata" in una vita che ho paura di non saper gestire più. Grazie per la sua disponibilità dott.Benedetti

"Da grande" e "da piccola",

"Da grande" e "da piccola", "da sveglia" e da addormentata.. sogno, ricordo o fantasia... Dimensioni fra cui lei passa, forse facendo confusione, rischiando di perdersi e poi di fare degli 'agiti', cioè degli atti o azioni inconsulte per uscire fuori, come da un 'labirinto',si diceva, per liberarsi, o dal 'castello' in cui si sente rinchiusa...
Come fare per uscire dall''incartamento' (solo una lettera distingue la parola da 'incantamento', come di una magia ) in maniera meno rischiosa...
Lei torna sul sogno che non sa se è importante o meno, ma che ricorda stupendosi che sia così nitido... Però in realtà è un vecchio sogno ... Chissà se impedisce che Lei faccia nuovi sogni...
La paura sembra l'emozione principale in sogno e da sveglia... La paura è un'emozione protettiva, rispetto a un pericolo. Quindi forse è un elemento positivo, anche se la senzazione non era e non è bella. Ma può essere anche un elemento negativo, se diventa panico e spinge a azioni cieche. Ma qual è il pericolo che corre ora?... Quello di darsi per vinta, di rinunciare a 'gestire la sua vita'? O ancora più quello di confondere le vie d'uscita, di uscire dalla finestra perchè non vede la porta...
Spero che abiti al piano terra...

Vorrei riuscire a trovare la

Vorrei riuscire a trovare la porta, solo ci sono dei casi in cui la
porta è bloccata o è rotta e l'unica via d' uscita è la finestra. Mi
sento così stanca, così depressa, soprattutto in certi momenti,
nonostante la psicoterapia, nonostante queste email. Comprendo di aver
perso tanto tempo nella mia vita ma forse senza volere continuo a
perderlo e non lo faccio apposta.

Capita a volte che le porte

Capita a volte che le porte si bloccano. Se si riesce a mantenere la calma, se non c'è un immediato pericolo, invece che uscire dalla finestra può valer la pena guardare cos'è che le blocca o ostacola l'uscita...
Forse il tempo necessario per guardare bene la situazione non è 'perso'.
Ci possono essere momenti di abbattimento, e uno forse può trovare il modo di resisterci, conoscendoli, prevedendoli e sapendo che passano, come si sa che in un viaggio si può bucare una gomma, o altro, e se si evita il peggio si può rimediare e proseguire.

Dottore vince la

Dottore vince la stanchezza.
Che non sia tempo perso cercare una risoluzione, un' uscita da una vita ingarbugliata è già qualcosa, ma sui momenti di coraggio vince la rassegnazione.
Da tempo penso di soffrire del disturbo borderline, un po' per la mia storia e un po' perchè ho sentito dire che i borderline sono persone incapaci di creare legami veri, dipendenti dagli altri e difficili da curare, autolesivi o comunque in grado di fare scelte bizzarre.
Ora io in tutte queste cose mi riconosco solo parzialmente perchè per esempio non ho mai avuto un legame, un' amicizia vera e profonda ma in realtà l'avrei voluta solo per un motivo o per l'altro non mi è stato mai possibile averla.
Soprattutto ora non riesco perchè non mi racconto mai veramente a nessuno perchè mi vergogno di me, di non essere riuscita ancora a fare niente... e quindi cerco di tenere gli altri lontani.
Sono dipendente da certi affetti, per esempio nel rapporto con mia madre, ma non in un modo assurdo, forse abbastanza da rovinarmi un po' la vita, ma non è che desidero che un altro muoia se non può stare con me.
Mi sono fatta del male da sola ma all'epoca ma avevano detto che erano solo episodi reattivi.
Però continuo a chiedermi avevano ragione i dottori che mi hanno visitata, non c'è una vera patologia dietro me o si sbagliavano e invece c'è?
Come le dicevo anche ora vado ogni tre settimane a dei colloqui, la persona che mi vede è molto cara e buona, io credo che lui mi curi per una depressione e la cura è parlare quasi come due amici, è bello solo che non è una cosa che riesco a sentire come un appoggio. E' più un momento, in cui siamo in due, sono con lui e lui sembra sia lì per me, io in quel momento mi sento bene, ma quando esco ricomincia il disagio e capisco che è cambiato poco.
Poi forse il problema è che non mi lascio andare completamente, non riesco a dirgli quanto sto male in certi momenti, anche perchè se lo facessi mi sembrerebbe di tradire casa mia (mia mamma) e quindi lui non può aiutarmi..
Lei mi aveva già espresso un parere sulla terapia, però non è vero che è inutile, va bene a metà. A me piace molto sentire parlare il mio terapeuta e vedere che è lì.
Saluti

Lei parla della sua terapia

Lei parla della sua terapia come una cosa 'bella' ma che non sente come un appoggio e del rapporto col terapeuta come fonte di sensazioni piacevoli (sentirlo, vederlo...), quando si trova con lui.
Sono andato a rileggere la mia prima risposta, non avevo detto che è inutile, ma più o meno che rischiava di essere una specie di autoinganno reciproco (può essere coinvolto inconsapevolmente anche il terapeuta, capita...).
Nei toni che usa oggi ritrovo adeguati ancora anche altri pareri che le avevo dato, cioè che Lei rischia quasi di autoipotizzarsi, di essere affascinata quasi dal suo star male,dall'idea di essere 'malata' e quasi di fare un doppio gioco, da una parte cercare di uscire dalla sua trappola, prigione, labirinto, dall'altra crogiolarcisi dentro. Quasi come fosse 'drogata' di 'malessere', come chi è dipendente da droghe vere e proprie che magari cerca di uscirne, ma poi viene riattirato dentro da un 'bisogno' in quel momento incontrollabile.
Non credo che sia una 'malattia', (nè la sua, nè la tossicodipendenza) come accenna Lei, ma molto più una questione vicina a quella del 'libero arbitrio', credo ancora irrisolta. Può darsi che sia una questione di 'forza', 'energia', 'resistenza'...
Penso che evitare di autoingannarsi sia il primo passo. Ovviamente può trovare una quantità di appoggi in molti psichiatri e psicologi di oggi, e nella 'scienza ufficiale', quella almeno che viene sbandierata sui mezzi di informazione, che Le direbbero che ha ragione, che si tratta proprio di 'malattie del cervello', che Lei non può fare nulla se non lasciarsi curare con farmaci o con adeguate istruzioni per l'uso. Ma credo che sia una falsa scienza e che contribuisca solo agli autoinganni delle persone, spesso peggiorandone le condizioni.
Cercare di non autoingannarsi, e di aprire gli occhi penso che sia quello che deve fare, magari parlando di questo con il suo terapeuta.

Ma perchè non si iscrive al sito e non scrive direttamente qui? Mi faccia sapere se c'è qualche ostacolo tecnico.
Saluti anche da parte mia.

"Non credo che sia una

"Non credo che sia una 'malattia', (nè la sua, nè la tossicodipendenza) come accenna Lei, ma molto più una questione vicina a quella del 'libero arbitrio', credo ancora irrisolta. Può darsi che sia una questione di 'forza', 'energia', 'resistenza'..."

Cosa vuol dire? Continuo a non capire che cos'ho, ho voglia di essere malata?
Magari scava scava potrebbe anche essere vero, ma solo in parte, perchè anche avere successo ed essere come si dice.. in gamba mi farebbe tanto felice
Il mio terapeuta dice che sono depressa e quindi mi da l Entact, secondo lei ha ragione?
Mi sono registrata al sito ora aspetto l'approvazione e la password.

Gentile 'Rose' (spero di non

Gentile 'Rose'
(spero di non averla fatta arrabbiare troppo)
credo che sappia che la psichiatria è abbastanza divisa sulla questione delle cosiddette malattie mentali, chiamate più modernamente 'disturbi'. Come dicevo la scienza ufficiale afferma che sono l'espresione di malattie o malfunzionamenti del cervello e che quindi il 'paziente' - che ormai non si chiama più così, perchè 'politicamente scorretto' - è solo il portatore di un organo malato, da curare con metodi chimici o anche fisici. Ma molti ritengono che ciò sia privo di effettive dimostrazioni scientifiche non sospette di interessi di parte, e che invece la questione sia molto più complessa e riguardi una quantità di fattori, personali, ambientali, certo anche costituzionali, probabilmente, che a un certo punto creano come dei grovigli in cui la persona resta intrappolata, con maggiori o minori difficoltà.

Non si tratta quindi di 'aver voglia di essere malati' o 'di essere felici', ma spesso di trovarsi in situazioni da cui non si riesce a uscire. Uno può finire in un labirinto, o perdersi in un bosco, ecc, senza averlo voluto, e sicuramente vorrebbe poter trovarsi fuori, ne sarebbe felice, ma probabilmente, a meno di soccorsi miracolosi, c'è da cercare la strada faticosamente, spesso, magari con l'aiuto di qualcuno.
Sulle diagnosi psichiatriche e relative medicine in generale può leggere le mie opinioni in merito da varie parti su questo sito, ma ovviamente non posso dare un parere sul singolo caso nella situazione specifica di un dato momento. Che poi uno possa 'deprimersi' e scoraggiarsi perchè vede che le cose non vanno bene, mi sembra assolutamente umano.

Gentile dottore ho concluso

Gentile dottore ho concluso che forse la depressione non è una malattia ma un sintomo e io finora ho solo cercato di alleviare il sintomo senza curare la malattia che sta dietro. Per il discorso dell'autoinganno invece non so bene cosa dire, so che ci sono periodi in cui senza fare niente di particolare mi sembra di stare meglio e poi sto di nuovo male e anche tanto e ora alla luce del suo discorso mi viene il dubbio che appunto sia io a "comandare" a me stessa come mi sento, almeno qualche volta. Però di questa cosa non posso essere sicura, per esempio in questi giorni sto passando un'altro momento di forte depressione, mi sveglio triste, mi addormento triste e un motivo c'è. Mi sento giudicata da tutti una fallita e percepisco di non essere amata sopratutto dalle persone che più vicine, con questa base io non ho vero un motivo per andare avanti. Quando si viene guardati con pietà solo perché non ci si è laureati, quando si sa per certo che forse senza la nostra presenza gli altri starebbero meglio allora tutto crolla e non ci sono discorsi che tengono. Se io potessi scegliere di non vivere più lo farei subito, non c'è entact che tenga, mi sento stanca, sola e non ho più voglia di lottare. Sono una persona molto sensibile, tutto mi ferisce e ogni giorno che passa diventare una delusione più grande per gli altri diventa solo un' infinita agonia per questo vorrei che la mia vita finisse alla svelta e per sempre. So che è un'email molto triste chiedo scusa per i toni.

Forse può aiutarla pensare

Forse può aiutarla pensare che quella Lei che 'comanda' è anche quella che la giudica male e di fronte a cui si sente fallita e non amata e condannata senza appello.
Il problema è come difendersi da questa parte di se stessi che spesso non lascia pace, non è mai soddisfatta, pretende che uno corrisponda a dei modelli inarrivabili.
Difendersi senza 'farla fuori', perchè essendo parte di se stessi vorrebbe dire far fuori anche noi stessi interamente (per questo a volte uno si suicida, per eliminare quel tiranno interno a costo della propria vita, quasi Sansone con i Filistei; altre volte è invece quasi un sacrificio umano per cercare di placarlo..., in ogni caso ci sono vittime innocenti, che invece hanno diritto di vivere), ma portandola a più miti pretese che permettano di vivere più tranquillamente.
Non è una missione impossibile, si tratta spesso di riconoscere il 'nemico interno' per poterlo rendere meno pericoloso e sapersene difendere meglio.

Ho pensato per diversi giorni

Ho pensato per diversi giorni a questa ultima risposta, se non ci fossero tutte le altre direi che mi considera quasi una schizofrenica. Beh non sarà così, cmq non credo di esserlo, però mi viene in mente il superIO, Freud e tanti discorsi che ho letto e in parte ho capito e in parte no. Le parlo da "profana" ha ragione sono in una favola, sono intrappolata in una favola che ha anche dei lati positivi, ma che mi ha fatto completamente dimenticare che la realtà è un'altra. Lo so che la cosa più giusta è suggerirmi di vivere la vita vera, il problema è che non ci riesco. Ogni volta che provo a fare qualcosa per me vince il senso di colpa e le dirò in questo ultimo hanno sono riuscita a considerarmi un po' di più, prima ero un libro aperto verso mia mamma e verso tutti, non nel senso che mi confidavo, nel senso che non ho MAI fatto o detto cose diverse da quelle che pensavo. Questo mi ha reso vulnerabile, perchè pare che il mondo prima di agire pensi. Nella mia favola erano tutti buoni, io ero una specie di cenerentola e io dovevo solo attendere un cavaliere per poter vivere x sempre felice e contenta. Vivo in un modo che non esiste, in una realtà che corrisponde all'anno 2012, non ho amici, non ho un fidanzato, ho la patente ma devo girare in treno, sto ancora studiando ecc... Dottore se lei fosse me cosa farebbe per tirarsi fuori da questa situazione assurda? Io voglio tirarmi fuori ma voglio anche non ferire nessuno. La ringrazio ancora x il tempo.
P.S Come mai questo spazio graficamente si sta restringendo? Me lo chiedevo x capire se significa che le sue risposte hanno un termine. Saluti!
P.P.S: io non conoscevo i meccanismi psicologici del suicidio, la ringrazio, ora ogni volta che ho pensieri tristi mi ricordo che forse la mia mente sta solo rispondendo a qualcosa, aiuta, sì, tanto, però vorrei imparare a svegliarmi con la voglia di vivere.

Allora saremmo tutti

Allora saremmo tutti 'schizofrenici'...

Per 'vivere la vita vera' e conoscere il mondo, e crescere e contunuare il nostro sviluppo di esseri umani, bisogna uscire dalla favola, o labirinto a carcere o trappola in cui si è. Altrimenti si resta bloccati, come in un'area di servizio, più o meno accogliente e protettiva, ma bloccati. Bisogna trovare il modo e la strada di uscire, Ma prima uno deve rendersi conto di essere chiuso dentro... e di essersi adattato alla sua situazione. Occorre conoscere la prigione, esplorarla per trovare la via di uscita, che poi è quella attraverso cui si è entrati, attirati da qualcosa, un po' come nella 'casetta di cioccolata'... Non occorre 'uccidere la straga' per uscirne, ma magari cercare di riconoscere i personaggi che tengono chiusi dentro sì, come quelli cui si accennava prima...
A volte il suicidio è un tentativo di uscire da un posto insopportabile e pericoloso, come chi si butta dalla finestra di un palazzo in fiamme, non ha intenzione di uccidersi, ma di mettersi in salvo. A volte le fiamme sono visibili a tutti, a volte no. Altre volte uno vuole uccidere il suo persecutore interno, a costo della sua vita. Oppure è il suo persecutore che lo uccide, che lo costringe a uccidersi e lui non riesce a disobbedire.

Lo spazio qui tende a rinchiudersi, non so perchè nè come modificarlo, per fortuna qui nei 'forum' basta riprendere dal post iniziale che torna largo. Nel blog invece bisogna ricominciare un altro thread per continuare.
Non è in rapporto con le mie risposte.

Io però sono quasi sicura che

Io però sono quasi sicura che il mio non sarebbe un tentativo di fuga... La mia sarebbe una scelta. Sono stata sempre male e so che continuerò a stare male anche in futuro, il mio "problema" è che parlo sottovoce in un mondo che grida e quindi non servo a molto. Con questo non dico che la vita delle persone non vale, la mia non vale, non vale la fatica che faccio per cercare di viverla.

Le rispondo brevemente per

Le rispondo brevemente per difficoltà 'logistiche', essendo fuori sede fino a fine mese.
Quello che scrive sembra uno spot di propaganda, o pubblicità, negativa, sul 'valore della vita'. Lei parla di 'scelta', ma a mio avviso non è una scelta libera, ma condizionata da quella propaganda negativa. Per cui è più un atto di rinuncia imposto da qualcuno o qualche cosa, quasi il sacrificio di una vittima a una divinità sanguinaria.
Meglio guardare meglio a come stanno le cose, a chi vuole sacrificare chi, e cercare la strada per la liberazione da quella propaganda.
Quanto alla 'fatica' è solo un aspetto dell''allenamento': se uno si allena in modo adeguato, la 'fatica' diminuisce e non è una senzazione sgradevole. Anche quella mentale è come la fatica fisica. L'allenamento è utile per resistere e sentire meno la fatica e dosare meglio lo sforzo. A vedere quanta gente fa jogging sembrerebbe non essere un'esperienza così sgradevole.

Gentile dottor Benedetti

Gentile dottor Benedetti intanto anche se in ritardo le faccio gli auguri per un buon anno anuovo.
Il mio anno è iniziato con un esame in più, lì per lì sono stata anche contenta, solo che poi i dubbi su di me sul mio futuro e la solita domanda che mi segue: "Cosa devo fare?" prendono il sopravvento. Cosa devo fare per uscire fuori dalla mia infelicità? Per stare meglio?
I suoi consigli li tengo presenti e cerco di capire dove mi sono incanalata e quando. La fiaba di cui le parlavo il non crescere è stato un imbroglio ed è pure finito e mi lascia grande in una realtà che neanche conosco.
Sì è vero come le scrivevo l altra volta mi sento stanca e se è una cosa positiva va bene e guardi io sto provando a crederci e a vivere solo che certi giorni me ne starei tutto il giorno a letto per non dovermi confrontare con niente. La verità è che ho paura di sbagliare, di fallire ancora, ho paura di continuare a non avere amici e di restare sola per sempre. La mia vita di prima, quella di bambina intendo ora mi sembra così inutile mi sembra un peso ma al tempo stesso mi sembra di togliere il senso alla mia famiglia, a mia madre quindi che non ha più nessuno di cui occuparsi e che ora ha solo il dispiacere di vedermi non realizzata.
Ma questi pensieri rientrano in qualche malattia? E' la depressione come dice lo psichiatra da cui vado? Che poi a lui non spiego le cose così come ho scritto a lei, a lui dico molto meno però forse intuisce che dietro c'è tanto scoraggiamento.
Sto prendendo l'entact, non può essere che mi fiacchi un pochino? Io non ho particolari problemi di salute, non sono in sovrappeso e sono ancora abbastanza giovane, almeno credo, ho trent'anni, in teoria non dovrei sentirmi così.
Cordiali saluti.

Grazie per gli auguri, che

Grazie per gli auguri, che contraccambio.
Ci si può sentire così a qualsiasi età, quando si ha l'impressione di non procedere nella propria vita e di essere bloccati senza via di uscita (Lei aveva parlato di labirinto, tempo fa). Ma la via d'uscita esiste sempre, visto che da qualche parte ci si è entrati... Solo che a volte è difficile trovarla. Le medicine a volte possono aiutare, come l'aspirina col mal di denti, ma credo che Lei debba cercare di smuoversi dalla situazione in cui si trova, cercando appunto la via d'uscita. Probabilmente con l'aiuto di qualcuno. E a difendersi da quel senso di fallimento e inutilità che toglie la sabbia sotto i piedi, ed è a mio avviso come una propaganda perversa da cui bisogna imparare appunto a difendersi, identificando da che parte viene e da 'chi' è promossa.

Ma lei ha mai avuto dei casi

Ma lei ha mai avuto dei casi tipo me? Persone sole anche se in mezzo a una vita, persone che le hanno detto: "Dottore vorrei arrendermi ma non so come fare a farlo." Ieri ascoltavo le storie dei sopravvissuti ai campi di concentramento, quella è stata la vera tragedia e sentendo loro mi dico che io non ho problemi, che quelli che noi chiamiamo problemi forse sono solo le conseguenze di una vita annoiata, in cui non si è conosciuto il vero niente. Eppure ho tentato, solo tentato hanno detto, il suicidio. Ero più ragazzina, sicuramente l'età mi rendeva più impulsiva però le mie richieste di aiuto erano vere e se ora chiedo di meno è perché mi sto adattando di più. Per spiegarmi meglio, non tenterei il suicidio domani ma se mi succedesse qualcosa non mi dispiacerebbe. Non sono contenta di scrivere questa cosa, suona strano anche a me e se è vero che sono entrata in questo circolo vizioso allora sono entrata di piccola. E' una storia che è iniziata tanto tempo fa, ho smesso di stare bene tanto tempo fa, ne sono abbastanza sicura. La cosa buona è che da un paio di anni, anche tre anni, sto cercando di ritrovarmi, anche queste email ne sono una prova e ne è una prova anche che da tre anni circa riesco a dare esami all'università, prima mi era quasi impossibile.
Pensi l'ultima cosa strana: controllo spessissimo se mi ha risposto.
Saluti.

L'idea di 'arrendersi'

L'idea di 'arrendersi' presuppone l'esistenza di qualcuno con cui si è in guerra, o comunque in confronto-scontro e cui ci si arrende riconoscendo la sconfitta. Può essere utile quindi conoscere con chi si è in guerra-scontro-confronto per capire in che situazione ci si è cacciati. In fondo la vita non dovrebbe essere per forza una cosa simile, anche se una certa educazione o cultura e organizzazione sociale sembra intrisa di competizione e confronto.
La 'vita annoiata', cui Lei accenna, o 'taedium vitae', tanto per dirla in latino, con cui si descrive a volte il sentimento che chiamiamo depressione, sembra esprimersi nella mancanza di interesse per ogni cosa... Ma allora com'è che controlla spessissimo se c'è una risposta? Allora l'interesse, la capacità di provar interesse, c'è, solo che è nascosto od ostacolato da qualcosa...

Sì l'interesse c'è per alcune

Sì l'interesse c'è per alcune cose. Poco fa ad esempio leggevo altri suoi consulti, uno in particolar modo per l'entact. Io la percepisco un po' polemico verso i farmaci, è così? In questo periodo diciamo che io mi fido e lo prendo e mi pare pure che mi faccia bene ma vorrei che fosse una cosa vera non una mia idea. A dire il vero ne prendo poco, neanche cinque gocce, perché mi da anche dei problemi, come dei brufoli sotto pelle che vanno via completamente solo quando lo interrompo, ma ho dovuto ricominciarlo perché a dicembre non stavo tanto bene. Ero sempre triste.

Esprimo le mie opinioni in

Esprimo le mie opinioni in generale sulla precrizione e l'uso di farmaci, ma non intervengo sui singoli casi, tranne che nel caso di bambini, dove l'uso di farmaci mi sembra veramente intollerabile e dannoso.
Quello che noto nelle persone che prendono farmaci è che parlare del farmaco, degli effetti collaterali, dei dosaggi, ecc, diventa quasi l'argomento principale: quasi servissero, oltre che per l'effetto farmacologico, per non occuparsi di altri argomenti... Può anche servire, per un po', ma alla lunga penso sia utile guardare alle cose che intralciano il cammino, per vedere di spostarle un po'.

Dottore visto che ormai ha

Dottore visto che ormai ha letto diversi miei messaggi anche se non li ricorderà tutti secondo lei io potrei rientrare nel disturbo borderline? Perché il mio terapeuta all'inizio mi aveva quasi lasciato intendere che poteva essere poi ha negato. Ma io da allora ci penso sempre, anche perché quando avevo preso delle pillole ed ero finita al p.s una mia parente che per studi qualcosa di psicologia sa, aveva detto a ... che secondo lei avevo appunto questo disturbo. Da allora leggo su internet e cerco di capire se è il mio problema. Non lo so. Però è vero che da piccola ho sempre subito delle svalutazioni e critiche, per... non andavo mai bene o almeno a me pareva così e fin da giovanissima, dodici, tredici anni, il mio animo è stato inquieto. Ho perso... presto, a nove anni e ho sempre pensato che fosse questo il motivo più l'essere stata adottata, però non lo so più, se invece avessi questa malattia? Ultimamente cado di più in un senso di vuoto totale che qualche anno fa non provavo, avevo tanti altri problemi ma questa sensazione no. Non sono una di quelle che pensano sempre di avere qualche malattia anzi, come dicevo prima non tengo così tanto a me, però vorrei un suo parere su una diagnosi così che comunque mi sembra grave e la sensazione di essere un po' peggiorata mi disturba. Scusi se ho saltato delle parole ma dovevo. Grazie

Dicevo che "nelle persone che

Dicevo che "nelle persone che prendono farmaci... parlare del farmaco, degli effetti collaterali, dei dosaggi, ecc, diventa quasi l'argomento principale..." Dimenticavo "la diagnosi", altro argomento ossessivo, e Lei giustamente me lo ricorda....

Purtroppo su questo punto c'è una grande confusione fra le persone, la colpa ce l'ha la psichiatria d'oggi, che pretende di vedere 'malattie' di tipo medico nelle difficoltà delle persone, senza la minima prova convincente di tutto ciò. Il rischio è che sia un errore, se non una truffa, colossale.
Le persone così pensano di essere 'affette' da qualche malattia e di dover solo trovare la diagnosi giusta e la medicina giusta, come per la polmonite o il diabete ecc ecc.
Ma non è così. Non c'è nessun microbo, nè nessuna alterazione dimostrabile come causa dei 'disturbi' psichiatrici.

Sarebbe come dire che se uno 'sbaglia strada' in un viaggio e si perde, la causa fosse una malattia e non la distrazione o l'errore fatto a un certo punto, in qualche bivio. Certo uno può trovarsi nei guai, in difficoltà, in mezzo a posti sconosciuti e pericolosi, ma non per questo penserebbe di essere malato, ma penserebbe di aver bisogno di una guida, o di una mappa precisa, ecc

La diagnosi in psichiatria a mio avviso posta in questo modo è quasa una truffa, pur se molti psichiatri sono in buona fede - perchè gli è stato insegnato così. Al massimo la diagnosi indica dove e quando e quanto e come uno ha sbagliato strada, e in che posto si trova, se comunque la direzione rimane abbastanza giusta o se ha completamente sbagliato. Al massimo quindi la parola 'borderline', cioè 'linea di confine', 'sul bordo', indica che quella persona oscilla fra strade completamente sbagliate e strade più vicine a quella giusta.

Le consiglio, ma so che è difficile perchè oggi c'è un bombardamento di 'informazioni opposte (pubblicitarie o propagandistiche, a mio avviso, quasi come se fosse una campagna elettorale, oltre che un mercato), di non perdersi nei meandri delle 'diagnosi', e di cercare invece di pensare a ritrovare la sua strada per riprendere il suo cammino.

Difficile, ma non impossibile, capita a molti di ritrovarsi "in una selva oscura, che la diritta via era smarrita"...

Dottore come si fa a capire

Dottore come si fa a capire se la psicoterapia sta proseguendo nel modo giusto? E di quanti tipi può essere il rapporto terapeuta-paziente? Lei concorda che è un rapporto particolare, si è molto più che amici a tratti e poi se ci si pensa bene quasi sconosciuti? Come le ho detto tanto tempo fa sono seguita da uno psichiatra del csm, non lo pago ma lo paga la confusione a volte che mi crea, è come se un pochino desiderassi non andarci più per non rischiare nemmeno con il pensiero di avvicinarci di più, poi mi dico che è assurdo, mi convinco che scambio il tempo che mi dedica per lavoro per una reale attenzione verso di me. Lui forse mi parla come se fossi sua amica solo per mettermi a mio agio. Non è la cosa più ovvia?

Il rapporto medico-paziente,

Il rapporto medico-paziente, non solo quello psicoterapeuta-paziente, spesso è caricato di una quantità di 'non detti', speranze, aspettative, ma anche dubbi, pregiudizi, e poi qualche volta delusioni, risentimenti, sfiducia ma per fortuna spesso anche riconoscenza e stima. Inoltre su questi stati d'animo e sentimenti si innescano esperienze precedenti, con figure importanti della propria vita.
Quindi a volte è complicato 'muoversi' in questi ambiti e talora è difficile distinguere realtà da immaginazione. A volte si possono creare situazioni complicate e anche difficili e sgradevoli, fraintesi e incomprensioni che complicano il rapporto e le terapie in atto...
Sono complicazioni che dovrebbero essere ben conosciute da chi fa questo mestiere, vanno sotto il nome di transfert e controtransfert, possono essere anche utili per una migliore comprensione ma vanno gestite opportunamente per un buon andamento delle terapie.
La 'distanza' e la 'temperatura' del rapporto devono essere mantenute a un livello ottimale, o almeno tollerabile, perchè gli estremi, troppo distante e freddo, o troppo vicino e caldo, possono 'congelare' o 'bruciare' la terapia, come tutte le esperienze umane.

Intanto grazie sempre per le

Intanto grazie sempre per le chiare risposte, ora ho un'altra domanda che si lega e completa la precedente: se la famiglia spinge per l'interruzione della terapia e il paziente è indeciso, se il paziente sente di avere ancora bisogno di un riferimento esterno, di un supporto, ma al tempo stesso vive male quasi ogni colloquio e vive male soprattutto le sere che precedono tutti gli appuntamenti proprio perché avverte un clima ostile a casa e comunque a casa sa di non poter poi parlare con nessuno del suo percorso, della sua esperienza e di niente allora cosa è meglio fare? Grazie in anticipo.

Il discorso è delicato, la

Il discorso è delicato, la scelta di una persona non dovrebbe essere condizionata dalla famiglia, che però spesso è coinvolta sia economicamente che emotivamente. La famiglia può essere condizionante in vari modi, anche sulle difficoltà di una persona, tanto che spesso si dà l'indicazione di una terapia familiare. Una terapia individuale dovrebbe rimanere una questione fra terapeuta e paziente. Le consiglierei di parlare di tutte queste cose con il terapeuta, per poterne valutare meglio il significato.
Cordialmente
drGBenedetti

Il problema è che metterlo al

Il problema è che metterlo al corrente di questa cosa mi dispiace, fargli intuire che a casa mia lo mettono in discussione mi pare quasi un'offesa e non se la merita. Il rapporto che ho con lui è molto sincero e sento che se ci fossimo conosciuti altrove sicuramente saremmo diventati amici. Sarà transfert il mio, un transfert positivo, anche troppo, sarà che lui è una persona semplice e simpatica, sarà che l'ho conosciuto in un periodo triste della mia vita e mi è sembrato l'unico ad essere dalla mia parte, ma i colloqui sono i pochi momenti in cui sto veramente bene. Capisco che è tanto che ci vado, cinque anni, capisco che ormai quel che avevamo da dirci l'abbiamo detto e non so che fare. Lasciare la terapia ora sicuramente mi lascerebbe un vuoto enorme. Anche se ne parlassi un po' a lui comunque cosa potrebbe farci? Di sicuro non parlare con i miei. Certe volte non so nemmeno io cos'ho. Forse ho tanta paura di restare di nuovo sola.

Il rapporto che ha con lui è

Il rapporto che ha con lui è molto sincero, ma... non può parlargli di cose molto importanti per lo stesso rapporto. C'è una contraddizione, non crede? E' importante che si possa parlare di tutto, in un rapporto terapeutico. Forse c'è qualcosa che ha paura ad affrontare, ma, come dice lei citando il transfert, probabilmente riguarda aspetti importanti di Lei, che non potrà vedere meglio ed affrontare se non ne parla...

Più che altro so che se anche

Più che altro so che se anche gli raccontassi questa cosa non potrebbe farci molto. Stavo guardando tante mie domande e tante sue risposte... Ritorna sempre nei miei post: sono triste, vorrei non vivere più, sono depressa. E lei mi dice che legge fra le righe un autoinganno, un crogiolarsi nel malessere. Ma perché succede? Vengo sabotata da me stessa e non riesco a smettere. Devo assolutamente cercare di realizzarmi eppure la mia vita l'accantono e la lascio passare inutilmente e lo faccio molto tranquillamente, tanto mi pare di aver poco da fare, perché lo lascio succedere? Scrivo sempre anche "mi vergogno" ed è vero, vorrei poter dire qualcosa di bello di me, vorrei poter dir cosa sono diventata ma non sono diventata niente e questo pesa e mi blocca tutti i rapporti. E' una forma d'ansia questa o cos'è? Fa stare malissimo!

"Più che altro so che se

"Più che altro so che se anche gli raccontassi questa cosa non potrebbe farci molto." Hmm, direi che questa frase è all'insegna di quell'attività di 'sabotaggio' che dice sotto. Direi che se riuscisse a diminuirla almeno un po' probabilmente molte cose Le riuscirebbero meglio... Chiarire le cose con il suo terapeuta è il primo passo.
Cordialmente
drGBenedetti

Oggi sono andata a un

Oggi sono andata a un colloquio e non ci siamo detti niente di importante o di nuovo. Il prossimo è fra un mese. Quindi è un po' come se avessi già finito la terapia. Sono all' asl. Non mi possono tenere in eterno e anche il terapeuta non è che può considerare solo me o ricordarsi solo di me. Mi sento profondamente sola, in modo che non si percepisce fuori, ma che scava l'anima, credo che nessuno possa capire veramente quanto sto male. A volte me la prendo perché mi pare di aver chiesto aiuto anche se a modo mio e di non averlo trovato, altre mi ritengo sfortunata, altre non so se avrò la forza di arrivare a domani. Poi mi stanco anche di pensare a cosa è successo e rimango così in attesa di niente. Io sono naufragata e nessuno mi cerca. Nel cuore sento che è tardi per tutto anche per uscire fuori da tutto questo.

Hmm, dice il proverbio:

Hmm, dice il proverbio: "aiutati, che Dio ti aiuta..." Mi sa che è Lei stessa che deve 'cercarsi', e che tutte queste cose fanno parte del sabotaggio cui si accennava. E' probabile che le sue cose, in generale, non funzionino, solo perchè sono oggetto di questo sabotaggio. Se riesce a proteggersi meglio probabilmente funzioneranno meglio...

Sì ma se è tardi è tardi...

Sì ma se è tardi è tardi... Lo so che è inutlie piangersi addosso e che è antipatico agli occhi degli altri. Non lo faccio sempre, solo ogni tanto, quando mi sembra proprio che tutto crolli. Ho visto ora tutte le info che chiede ai genitori dei bambini. Io non so com'è andata la gravidanza di mia madre biologica o se sono nata a termine o quando ho iniziato a stare seduta e non sa che darei per saperlo. Non è fondamentale, ma sarebbe un pezzetto in più di me. La mia storia inizia da gatto, io ho inziato a gattonare quasi subito dopo il mio arrivo... poi sono cresciuta, di certo disegnavo, le prime persone erano solo un cerchio con gli occhi le braccia e le gambe. Il corpo non c'era. Il corpo è arrivato dopo, forse avevo già cinque o sei anni. Credo che facciano così tutti i bambini. Perché fanno così?

"Non è mai troppo tardi" era

"Non è mai troppo tardi" era il titolo di una trasmissione tv degli anni sessanta che insegnava a leggere e scrivere ad adulti analfabeti...
Forse anche Lei è un po' 'analfabeta' in certe cose, e deve 'impararle'... E non è mai troppo tardi per questo.
Vedendo le cose che chiedo ai genitori Lei si è chiesta le stesse cose per sè, facendo quindi sia il genitore che la bambina...
La domanda con cui chiude il post mi sembra un'apertura, di interesse, curiosità, che è la spinta fondamentale per qualsiasi apprendimento e conoscenza, e per uscire dal proprio buco e andare a esplorare il mondo. Se riesce a tenere aperta la porta, e non farla chiudere da quelli che dicono che "ormai è tardi", le cose potrebbero avere degli sviluppi interessanti e utili...

Gentile dottore ma lei da

Gentile dottore ma lei da queste email non mi percepisce come ammalata? Io credevo che la non voglia di vivere fosse una malattia.

Io credo di no. Posso capire

Io credo di no. Posso capire la tubercolosi come malattia, l'influenza, il diabete, la sclerosi multipla, l'artrite, ecc, cioè le malattie mediche che hanno evidenti segni e sintomi e alterazioni di cellule, tessuti, organi provocati dalla malattia. Ma la tristezza, la sfiducia, la disperazione, così come la stanchezza, l'abulia, la mancanza di voglia, di interessi, ecc.., cioè i sentimenti per così dire che abbattono e rendono più dura e faticosa la vita, fino a perdere la voglia di vivere, possono essere 'spiegati' in tanti modi (tutti però senza alcune prova o dimostrazione, per cui rimangono spiegazioni ipotetiche), e non c'è traccia finora di alterazioni delle cellule nervose come causa o conseguenza di malattia.
La mia ipotesi di lavoro è che uno diventa succube di uno stato d'animo, in cui si entra banalmente in varie occasioni e da cui a volte non si riesce ad uscire, come se si fosse entrati in un labirinto e ci si fosse perduti dentro. A volte succede qualcosa che squassa il labirinto e di colpo si trova la via d'uscita, altre volte sembra quasi che uno si affezioni al suo labirinto e rinunci a uscirne. Credo che si possa pensare alla morte come una via d'uscita. Una volta un ragazzo si buttò dal terzo piano, di colpo. Per qualche caso fortunato non si fece niente: non voleva uccidersi, sembra, ma solo uscire da una stanza in cui non riusciva più a stare, e la prima via disponibile gli era parsa la finestra. Altre volte va molto peggio, la morte non è la conseguenza peggiore in questi casi.
Credo che si tratti di stati d'animo, di pensieri, di valutazioni, di scelte che possono essere giuste o sbagliate, come quando si deve scegliere una strada, e non c'è ancora il navigatore satellitare.
Uno dei modi di perdere la strada , secondo me, è di guardare al passato o al futuro, per cui non ci si accorge di quello che c'è nel presente. In realtà uno non lo vede neanche perchè perso nel passato e nel futuro. In effetti la vita è nel presente: nel passato ci sono solo 'morte stagioni', nel futuro solo fantasmi, è la presente che è viva e che contiene cose vive e reali. Forse la questione è come trovare la strada che fa entrare nel presente.

Il rischio grosso è non

Il rischio grosso è non trovarla più la strada. Non trovare più l'uscita. Io non sono mai riuscita a vedermi come gli altri o ad avere la loro spensieratezza e piano piano ho dimenticato, ho creduto che non mi importasse di uscire e andare a ballare o bere qualcosa in compagnia, e invece forse continuava a importarmi e dentro soffrivo tantissimo. I problemi poi hanno soffocato il resto e pian piano la mia vita non è esistita più. Una vita che si è frammentata nel tempo non credo possa tornare ad esistere all'improvviso. Quindi ora sono in attesa di non so bene cosa. Un consiglio: ho capito che per lei le terapie hanno poco significato eppure il lexotan per qualche ora non mi fa pensare e sto bene. L'abuso dice che a lungo andare farà male? Perché almeno on line posso essere sincera, io ne abuso. Il mio medico non dice niente. Saluti e grazie ancora per ogni risposta.

Non credo che sia molto

Non credo che sia molto diverso dall'attaccarsi a eroina cocaina ecc. , se non che non ci sono complicazioni giudiziarie ecc. La 'dipendenza' è la stessa.
La questione è che Lei "non crede...", quasi una 'religione' al contrario, in cui lei si sacrifica per dimostrare che la sua 'fede' o 'credenza' è giusta. Come si dice spesso, siamo noi i peggiori ostacoli a noi stessi...

Ma quanto lexotan si può

Ma quanto lexotan si può prendere al max? Cento centoventi gocce anche se non fanno morire, faranno male? Dottore io capisco i suoi discorsia ma se le scrivo è xke di vivere sono proprio stanca. Non so quante forze mi rimangno

Sì, fanno male. E se lei è

Sì, fanno male. E se lei è così stanca bisogna che si rivolga a qualcuno per chiedere aiuto. Ha bisogno di essere aiutata a riprendere la forza e a ritrovare la strada. Non si lasci cadere nella trappola.

Perchè fanno male? Io ho

Perchè fanno male? Io ho cercato auito, mi hann obbligta una volta mi hanno portato all'ospeale e dopo mi hanno obbligato a essere seguita da uno psicologo prima e poi io ho scelto lo psichiatra da cui vado, sono seguta, ma il mio psichiatra dice che sto bene e che è solo il mio stile di viata dover cmbiare, perchè nn è adatto a me ma nn è verro se mi proponessero di morire domani io firmerei subito
Lui questo non lo capisce.
Io sono normale x certi versi nel senso che conosco i diriitti e i doveri, anxi più i doveri, so dare gli easami all'iniversità, so portare rispetto alle persone .
solo con le poersone nuove specialmente se hanno la mia età o menop mi sento a disagio ma questo è il meno la verità è che ho anche fatto una marea di errori proprio perchè ero sola.
Io ho lasciato che in un certo senso abusassero di me quando ero proprio alle prime esperienze ma in relatà ceravo l'amore l'affetto ma nn da quelle perspone che in realtà avano il doppio della mia età, cercavo l'amore di un ragazzo, cercavo di essere considerata e amata anch'io-
Soloche ho sbagliato tutto e ora nn posso tornare indietro.
Io volevo essere amata da una ragazzo normale e vivere una vita normale, ma nn ci sono riusciuta.
Se ho fatto degli essrori a scrivee scusi oggi in 3 gg è il 3 flaconcino di lexotan, ma perchè puù farmi male?
Dovevo proprio prenderli, ho paura di non farcela più.

Prendere così un farmaco le

Prendere così un farmaco le fa male a tanti livelli, rischia di finire in tossicologia per intossicazione acuta ed è inoltre un segno che in questo momento lei sta male e sta perdendo un po' il controllo della situazione e rischia di fare atti inconsulti, le cui conseguenze spesso non sono quelle che uno pensa. Credo che in questo momento sia finita in un buco nero da cui non riesce a tirarsi su da sola, e ha bisogno di un aiuto diretto. Dica al suo psichiatra le cose che dice a me, o cerchi un altro aiuto. Non si lasci andare a fondo: lei sta passando un brutto periodo, da cui però può uscire.
E' normale 'sbagliare' tante cose, nella vita... Ma spesso si esagera a vedere proprie responsabilità in quello che è accaduto: non siamo così potenti, quasi sempre le cose accadute non dipendono da noi, ma da una quantità di fattori coincidenti... La Fortuna, dicevano gli antichi... E' una trappola spesso pensare che invece tutto è dipeso da noi e dagli errori fatti... Il suo problema è uscire da questa trappola, ed essere aiutata ad uscire.

L'altro giorno una che mi

L'altro giorno una che mi conosce appena mi ha detto: dicono che ti suicidi, io ci sono rimasta male e sono rimasta pure lì come un ebete e dopo sono stata malissimo.
Sto male anche ora.
La mia vita piano molto piano stava cercando di ritirarsi su e questa mi ha detto così...non lo so, mi è crollato il mondo addosso, io vivo in un centro piccolo lo so che tanti hanno saputo, ma sentirselo dire schietto in faccia mi ha fatto crollare.
Non so sono tornata indietro con i pensieri, nella mia testa si è mischiato tutto.
Io non ho mai fatto del male a nessuno non sono una che si fa i fatti degli altri perchè nn me ne frega niente, scusi il termine, e allora perchè gli altri si fanno i fatti miei?
Forse perà hanno ragione loro, forse sono malata perchè una che finisce all'ospedale x tentato suicidio tanto bene non sta.

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