una anziana madre 'bipolare'

Pregiatissimi Neuropsic,

Sono un uomo italiano di 45 anni che da 9 vive all'estero, la mia richiesta è dovuta ad un questionamento sul trattamento che un neuropsichiatra stà applicando su mia madre vedova, che vive sola da ormai molti anni e che lui ha diagnosticato (sulla base di alcuni colloqui) come bipolare.

Quando quattro anni fa il medico in questione ha iniziato a trattare mia madre e ne sono stato felice, in effetti è da quando avevo tre anni, cioè da quando mio padre ci ha lasciati (ha lasciato il tetto coniugale) che assisto, inizialmente passivamente e poi pian piano più coscientemente, a fenomeni di bipolarismo più o meno gravi (non conoscevo la definizione fino a quando il medico in questione non la indicò e iniziai a leggere a proposito).

In realtà sto forse prendendo coscienza solo in queste ultime settimane della gravità della situazione, e mentre vi scrivo mi rendo conto che sto mettendo delle parole e delle frasi oggettive su quello che per anni è rimasto quasi un "segreto di famiglia", una cosa da nascondersi, una madre scomoda, un problema irrisolvibile... Una serie di relazioni sociali compromesse e la vera e propria difficoltà di avere una vita sociale, personale e professionale "normale" per quanto mi riguarda, perchè sempre preoccupato (un dovere morale e radicatissimo nella cultura mediterranea insito nella condizione di figlio unico di madre vedova, un grande coinvolgimento emotivo che a volte ha passato le frontiere della normalità coinvolgendomi direttamente nella patologia).

Vorrei chiedervi un consiglio a questo punto diventato urgente, lo psichiatra sta trattando da più di quattro anni mia madre con appuntamenti irregolari e terapie abbastanza forti con pochi aggiustamenti [mi sembra] (potrei mandarvi la lista delle medicine tra cui Zoloft, Daparox e Ziprexsa...). Sono quattro anni che mia madre è praticamente "sedata", molto calma e con funzioni cerebrali un poco rallentate, ha comunque avuto un caso di burnout durante una forte fase maniacale iniziale che si è conclusa con un incidente d'auto in una strada di collina dove si è addormentata al volante ... senza farsi molto male e senza vittime.... In questa occasione mi sono preoccupato molto (pur vivendo a 12000 chilometri di distanza) ed ho iniziato a indagare sulle medicine e a questionare il trattamento. Mi sono semplicemente inferocito quando ho saputo che mia madre non aveva mai letto le indicazioni dei medicinali su consiglio esplicito del medico, il quale le avrebbe detto, testuali parole: "Non legga i foglietti illustrativi dei farmaci che altrimenti si spaventa". Non le avrebbe inoltre mai detto che l'uso di bevande alcoliche unito con questi medicinali è potenzialmente molto pericoloso...

1) Perchè il medico curante non ha mai proposto e nemmeno accennato a rispetto di una psicoterapia di affiancamento alla terapia farmacologica ?
2) Non esiste l'obbligo professionale di seguire, almeno con una telefonata periodica, il decorso della terapia per cercare di capire se il paziente sta reagendo bene, evolvendo, camminando, oppure si rinchiude semplicemente in una vita medicalizzata di isolamento sociale e vittimismo con amici e parenti che la porta ad una solitutine eccessiva che non fa altro che peggiorare il quadro ?
3) che cosa possiamo fare per aiutarla ad uscire dal circolo unico farmacologico ricominciando una vita sociale normale? Come possiamo trovare un affiancamento psicoterapico adatto che si innesti sulle cure psichiatriche, ormai necessarie ?

Rimango in attesa di un vostro gentile ritorno, vi chiedo di mantenere l'anonimato rispetto alle vostre pubblicazioni sul vostro sito (interessantissimo!).

Grazie,

L'alternativa ai farmaci, o a

L'alternativa ai farmaci, o a volte l'aggiunta, dovrebbe essere l'occuparsi della situazione ambientale e individuale da un punto di vista psicologico e sociale, in modo da garantire che una persona, anche malata, sia comunque inserita in una rete di contatti sociali e comunicazioni, familiari e non, che come si sa sono fondamentali per la vita di una persona. L'organizzazione dei servizi pubblici, purtroppo, a parte forse lodevoli eccezioni, non prende molto in considerazione, o non ci riesce, questi aspetti che dovrebbero costituire la parte prevalente dell'intervento di aiuto, con i farmaci come supporto. Più che uno specifico intervento di psicoterapia individuale, comunque benvenuto se realizzabile, è tutta la rete familiare e sociale, appoggiata dagli 'specialisti', che dovrebbe assumere un valore 'terapeutico', nel diminuire gli ostacoli alla naturale evoluzione di una persona anche nell'età anziana e favorire il miglior adattamento posssibile a questa fase della vita.
Cordialmente
drGBenedetti

Aria fritta

Vi ringrazio per la risposta attraverso il sito alla mia richiesta di consigli "specialistici". È assolutamente incredibile come voi medici italiani, ma non solo, riuscite a dare delle risposte assolutamente inutili e di una superficialità a dir poco scandalosa. In un paragrafo lei è riuscito Dr Benedetti, a dirmi con eccezionale proprietà di linguaggio e terminologia appropriata, quello che sapevamo già fin dall'inizio. E riesce con amabile destrezza a rimanere in una neutrale e quasi invisibile, limitandosi a criticare il servizio pubblico, come quasi nessuno fa, e che è sempre la soluzione più adeguata alla ignavia generalizzatasi. La ringrazio caldamente e le auguro di trovarsi dinnanzi a risposte specialistiche come la sua quando avrà bisogno di consigli importanti nella sua vita. il mio scomodo commento sul vostro sito.

Mi spiace che la risposta non

Mi spiace che la risposta non sia stata per Lei soddisfacente.

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