reazione a delusione sentimentale

Mi scrive un genitore, preoccupato di alcuni sintomi, apparentemente simili a tic, che ha riscontrato nella figlia dopo la fine di una lunga vicenda sentimentale, vissuta e conclusa in modo molto deludente.
La ragazza sembra essersi rifugiata nel lavoro ed evita contatti con le amicizie di prima, rifuggendo anche da possibili nuove conoscenze.

"Dal momento che trattasi di rapporti relazionali molto delicati che coinvolgono la personalità di una adolescente già matura, responsabile, sensibile, che in questo momento vive questa difficoltà psicologica interiormente, Le chiedo se non esista un modo per renderla partecipe delle nostre mosse a venirle incontro senza destarle alcun problema di irritabilità, od al massimo, della sua presunta acuibile introversione?
Pertanto, nell’esprimerLe ogni anticipata gratitudine per il sostegno ch’Ella Vorrà riservare alla presente, al solo scopo di sollevare un genitore dal tormento che la propria figlia possa essere entrata in un tunnel complesso delle turbe della personalità, desidero ringraziarLa per la gentile attenzione, rimanendo in attesa di una cortese, possibile sollecita risposta.

Mario (Nickname)"

Gentile signore, capisco le

Gentile signore, capisco le sue preoccupazioni di padre, ma con una figlia adulta in una simile situazione non c'è molto che i genitori possano fare, se non esserci e cercare di distrarla e aiutarla a riprendere la vita sociale adeguata alla sua età.
I sintomi in effetti non sembrerebbero preoccupanti, forse più che tic sono momenti di ripensamento a scene passate, che vengono ripetute quasi inconsapevolmente, o meglio inconsapevole che vengano viste all'esterno.
Il quadro sembra quello comprensibile di un lutto di fronte a una grave perdita. Il ritirarsi e rifugiarsi nel lavoro ed evitare gli altri sono reazioni piuttosto tipiche e normali, se non sono eccessive e se non durano troppo a lungo. Sarebbero altrimenti il segno di una eccessiva difficoltà a superare la perdita e la delusione e potrebbe esserle allora utile una consultazione psicoterapica per aiutarla a superare il suo stato. Ma ovviamente deve essere lei stessa, in quanto persona adulta, a deciderlo. Forse i genitori, se la cosa si prolunga, possono consigliarla in questo senso, senza essere troppo insistenti.
Quanto allo specialista, sia uno psichiatra che uno psicologo psicoterapeuta sono in grado di valutare la situazione e dare indicazioni. E' probabile che, per la formazione, lo psichiatra consiglierebbe farnaci, mentre lo psicoterapeuta consiglierebbe dei colloqui di approfondimento. Tocca forse all'interessata stessa scegliere in che direzione muoversi. Ma tutto ciò solo se le cose non si normalizzassero in un tempo ragionevole, o se comparissero altri sintomi.
Cordialmente
drGBenedetti

Con riferimento alla mia

Con riferimento alla mia richiesta di parere sull’argomento succitato, ripreso dal Dr. Gianmaria Benedetti, chiedo gentilmente si sapere se l’articolo pubblicato in data 23/10/2010 da Simona Marchetti (vedi) circa uno studio dell’Università di Toronto, che per titolo “Parlate da soli? Non siete pazzi (forse)”, che riproduco integralmente di seguito, abbia una qualche relazione con l’argomento in discussione.

Ringrazio molto e rimango in attesa di cortese risposta.
Mario (Nickname)

Hm... non credo che abbia

Hm... non credo che abbia qualche attinenza. Ho l'impressione che gli articoli di argomento psicologico che appaiono sulla stampa siano per lo più delle 'note di colore', se non spesso semplice pubblicità per questo o quel centro citato.
Cordialmente
dr GBenedetti

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