rapporto con la madre

Salve,
spero di postare questo argomento nella sezione giusta.
Le ho già scritto a riguardo del mio bambino, il problema del camminare è risolto, nel senso che (goffamente) cammina da solo.. poi avrei tante domande da porle sempre su di lui, ma cerco di moderare un'ansia che per mio marito è immotivata.

Le scrivo a proposito di me, su cui lei ha già posto la sua attenzione, riferendosi alla mia difficile maternità (diabete)e sulle implicazioni di una mia abdicazione nel ruolo di genitore principale, rispetto a mio marito.
Ho riflettuto molto su quanto mi ha detto, convenendo che probabilmente è stata la mia condizione emotiva a preferire di delegare al padre tante meravigliose incombenze riguardo al bambino. Anzi, si può dire che mi sento spesso sollevata dal fatto che ci sia lui, così bravo e presente, perché io spessissimo sono stanca e depressa.

La prima domanda che vorrei farle è squisitamente fisiologica: un diabetico è maggiormente incline alla depressione?
Mi trascino dietro da tantissimi anni uno stato emotivo difficile, correlato da tantissima ansia e una sensazione prevalente e diffusa di fallimento generale, che si acutizza in alcuni momenti (la domenica, ad esempio).
Ho sempre il terrore di rimanere senza denaro, e non riesco a capire quanto sia una legittima preoccupazione o una coazione a ripetere che cela altro. Ho il terrore di vedere, ascoltare mia madre malata (linfoma) che ancora dopo tanti anni mi mantiene in parte, e in qualche modo mi rinfaccia (involontariamente) con i suoi lamenti e le sue preoccupazioni che sono ancora a suo carico, che non sono riuscita a crearmi una indipendenza.
Reagisco a questa sensazione di autentico dolore (che mi porta tachicardia, sudori freddi, senso di morte imminente) pensando che ho avuto una vita non facile, che mia madre ha reali e concreti problemi mentali (fobie che rendono impossibile la vita con lei, mentre lei ritiene essere solo sue caratteristiche, e per questo non le ha mai contrastate.. ad esempio non mi viene a trovare perché ho due gatti e ha il terrore dei gatti, ha il terrore delle macchine e al mio matrimonio non ha accettato un passaggio da parenti ma ha preteso un taxi per tornare in stazione e prendere il treno scappando poco dopo la torta nuziale, e giù altre infinite stranezze ben più gravi che non intendo citare pubblicamente).
Cerco di vivere la dipendenza economica da mia madre come un parzialissimo risarcimento a una vita difficile, condita poi dalla non presenza di mio padre e dal suicidio della sorella di mia madre alla quale ero molto legata (il suo opposto esatto..) che mi ha destabilizzato totalmente quando avevo 18 anni. Questo debole equilibrio si è spezzato quando mia madre, dopo anni di ipocondrie (ricordo quando l'altra mia zia, malata di tumore e poi scomparsa.. esprimeva il suo dispetto petr la sua gran salute e un cervello che non sapeva comprendere questa fortuna..) si è davvero ammalata.
Prvo una gran pena per lei, e vorrei (sogno) di cambiarle la vita. Dopo la morte di mio padre quasi due anni fa, mia madre vive da sola con sua mamma ultranovantenne. Vivono con le finestre chiuse, perché mia madre dice che c'è l'amianto in giro. Vorrei farla uscire, farla vivere. Ogni volta che vado a trovarla però sto subito malissimo, anche perché vedo che tiene il bambino in braccio come un automa, senza farlo giocare ma fissando la televisione.
Insomma, sto in un caos di sensi di colpa che mi pare senza uscita. A volte penso che sono riuscta a fare grandi cose nella mia vita, a volte penso che non sono riuscita a darmi l'indipendenza economica e quindi tutto mi pare vano.. i riconoscimenti, i tanti amici, l'amore di mio marito. Tutto scompare succhiato da un grande senso di "nulla".
Ecco perché ho lasciato che ad occuparsi del bambino fosse soprattutto il padre. Mi sento senza una famiglia alle spalle, non so può capire cosa intendo. Sono morti tutti, io non ho fratelli o sorelle, ho solo una cugina che (pure lei!) non sta bene emotivamente e vive una condizione difficilissima, molto peggio della mia. La soluzione - trovare un nuovo lavoro ed essere indipendente - è impossibile, o meglio posso lavorare senza essere indipendente economicamente, cosa che già faccio. Non so se ha capito qualcosa, so che è un gran casino la mia situazione, anche se apparentemente sembriamo - e viviamo - da famiglia del mulino bianco. Certo, con problemi oggettivi (è vero che ci lamentiamo per i soldi, ma dormiamo comunque in 4 guanciali, mio marito ha un ottimo lavoro) ma siamo legatissimi e innamorati.
Come uscire dal vicolo cieco del nulla? dell'ansia? Quest'ultima a volte mi pare ragionevole, e allora sto peggio che mai. Dovrei forse iniziare una terapia, ma ho paura di trovarmi tra le mani di persone non adeguatamente preparate.. oltre a questo, ho davvero una fobia degli studi medici, ne ho visti troppi (anche per mio padre) da quando mi sono ammalata di diabete.
La ringrazio,
palma

Sembra aver avuta una serie

Sembra aver avuta una serie di esperienze traumatiche e una serie di perdite che probabilmente non ha superato, come in un lutto prolungato che non riesce a risolversi. Il suo senso di solitudine ( pur nella situazione di essere felicemente sposata e madre ) probabilmente è legato al suo rapporto molto ambivalente e carico di sensi di colpa verso sua madre, che le crea complicazioni anche nell'assumere il suo ruolo di mamma. Credo che sia tutto ciò ha provocarle i sentimenti depressi, più che il diabete, che ovviamente appesantisce ulteriormente il quadro.
E' un po' come se si portasse dietro dei pesi della sua situazione familiare originaria che ostacolano il suo troversi lo spazio e i ruoli e le funzioni nella nuova famiglia che è riuscota a creare.
L'ambivalenza è un legame-trappola che provoca molti ostacoli. Forse deve avere il coraggio di allontanarsi un po' da sua madre che, pur nella patologia che la affligge, sia fisica che mentale, sembra avere un suo equilibrio. Non significa abbandonarla, ovviamente, ma accettere che non è in suo potere di 'cambiarla', come forse da sempre vorrebbe. Se riuscirà a trovare una distanza più giusta, evitando forse l'oscillazione troppo-vicina troppo-lontana che è tipica dell'ambivalenza, potrà dedicarsi di più alla sua nuova famiglia e anche intervenire dall'esterno in aiuto a quello che resta della sua vecchia famiglia, più realisticamente.
Se crede può aggiungere altre cose, tenendo conto che questo è uno spazio 'pubblico', altre persone possono leggere.
Cordialmente

Gentile dottore, la

Gentile dottore,
la ringrazio. Ciò che mi dice razionalmente lo so da tempo, non riesco però a liberarmi dalla "volontà" di vedere mia madre felice, o forse, solamente come io vorrei che fosse.
Cerco sempre barlumi di contatto e di comprensione, accenni che se raggiunti poi subiscono il contraccolpo della realtà; c'è sempre il punto di non sopportazione, quando ciè una ennesima stranezza di mia madre "tradisce" i miei propositi. C'è una cosa che sogno, ch vorrei fare con lei da quando sono una ragazzina. Fare una passeggiata tranquilla per negozi, e farci reciprocamente un regalo. Mai fatto. Mia madre non riesce a camminare, a meno che di non farlo velocissima, oppure deve stare seduta (che patoogia è??). Se cammina normalmente, a passo d'uomo, dice che le gira la testa. E diverse volte, quando si è sforzata di farlo, ha fatto poi scene isteriche a casa o in strada. Quindi, esempio, io mi fermavo a una vetrina e lei camminava velocemente lungo la strada, andando su e giù. E' seguita da una psicologa della ASL, ogni tanto, che è fornita dall'AIC e che si occupava dello stato mentale di mio padre legato al tumore. Secondo me, mia madre è una ottima parlatrice (laureata in lettere, ha fatto l'insegnante per molti anni.. nonostante avesse sviluppato la fobia degli occhi.. dice che se legge gli fanno male, quindi non legge un libro interamente da 30 anni..poteva leggere qualche pagina solo la mattina) e la psicologa non focalizza i punti/nodi dolorosi nella sua mente.
E' vero quanto lei mi dice: mia madre, pure in tutto questo, ha un suo equilibrio. Soffre sicuramente per la scomparsa di mio padre, ma a modo suo l'ha metabolizzata. Io, come lei dice, non ho superato una sorta di lutto continuo, che purtroppo avvolge il mio modo di essere e il mio modo di concepire il futuro. Fortunatamente, sia io che mio marito adoriamo stare con gli altri, conoscere, viaggiare.. anche se mi rendo conto che certe fobie le sto sviluppando anche io. Paura della barca. Paura della montagna, delle discese ripide, di cadere. Non so quando si rientra nel confine della normalità, o quando si deborda da esso. Altra cosa che vorrei è condividere con mia madre le cose che amo, che sono molte. La lettertura, l'arte, il cinema. Se leggo un libro, o vedo un film, sento il bisogno di farglielo conoscere, quasi che potesse aprirle un nuovo modo di vivere e di sentire. Purtroppo mia madre ha paradossalmente una cooscenza culturale limitatissima, proprio perché ha smesso di leggere, e ha smesso di andare al cinema, adducendo questo o altro motivo. Per fare un esempio spicciolo, mia madre non sa chi è il regista di Arancia Meccanica (insomma non ho pescato il Tarkovsky meno conosciuto al grande pubblico..) , e manco le dice niente il nome del film. Si ricorda solo, a memoria, dei passaggi della Commedia. Quando si è imbattuta in qualcosa che le è piaciuto, è stato per caso, o perché l'ho costretta a "conoscere". Sia io che mio marito scriviamo libri. Questo sembra interessarle, ma in realtà si trova lontana anni luce da quella che è la sostanza della nostra vita. Eppure, non è una persona arida, ma a volte la sua lettura sommaria del mondo mi rattrista in maniera incommensurabile. Il suo non-desiderare. Non è apatica. Continua a dire che viaggerebbe, farebbe questo e quello, ma non lo fa perché non ha i soldi. Mio marito mi dice che mia madre ha la vita che vuole, io mi sforzo di crederci. Per me è un enigma che non ho sciolto. So solo che il suo senso di apprensione per la vita (il suo motto è: meglio avere paura che toccarne) ha corroso molto di me.

Credo che non abbia trovato

Credo che non abbia trovato la distanza giusta verso sua madre, e che la veda ancora con gli occhi di bambina che vorrebbe che sua madre fosse diversa da quella che è... Forse un lutto non risolto è proprio questo, non accettare la realtà di come sono fatte le persone, anche quelle pù vicine, a volte. Tentare di cambiarle è credo come il supplizio di Sisifo...
Perchè non guarda 'in avanti', o meglio al presente, invece che guardare indietro a come doveva essere? Perchè ha bisogno di 'condividere' con sua madre? Temo che qui ci sia un nocciolo duro di autofrustrazione, quasi masochistica. Fra l'altro questo suo eccessivo coinvolgimento nel rapporto con sua madre rischia di crearle ostacoli nel rapporto con suo figlio,....
tenendole occupata una parte importante di sè, che così non è disponiile per lui..

Già.. come mai faccio così,

Già.. come mai faccio così, nel senso che non riesco a farne a meno?
Ho sempre l'impressione di un catastrofe vicina, quando sento mia madre al telefono o vado a trovarla. Eppure "sogno" sempre un futuro in cui lei è compresa, "a modo mio" (nel senso che viene con noi in vacanza, si affeziona al nostro cane, eccetera..).
Provo una grandissima pena per mia madre, la immagino sola, con le finestre al buio.. e mi dico, è colpa mia? Mio marito mi ha detto una volta, i tuoi problemi con tua madre, finiranno quando lei morirà. Da un certo punto di vista ci credo. E intanto, rimango in questo status quo, masochistico come dice lei, non facile. E' vero che perdo una fetta del rapporto con mio figlio. Spesso pensao che sta meglio quando io non ci sono. Mia madre non mi mandava mai da qualche parte senza di lei quando ero piccola, io con il bambino faccio l'opposto. Voglio che stia con persone allegre, ricche di stimoli e gioia. Io non mi sento all'altezza, perché vedo in negativo le cose.. mi vedo malata e irrisolta. Invece vedo mio marito come padre perfetto, con una energia inesauribile, capace di trovare il bello in ogni situazione. Anche lui ovviamente ha i suoi problemi (separazione dei genitori traumatica, nuovi matrimoni dei genitori e difficile gestione della famiglia allargata, pessimo rapporto con la matrigna..) ma con il bambino, giustamente, lui riesce a dare il meglio di sé. Io questo meglio non ce l'ho, oppure -spero- non lo trovo. Ad esempio, soffro davvero se il bambino piange, penso che sono io a fargli del male. Mio marito mi vede un po'imbranata con lui, ma sostanzialmente pensa che tutti i miei problemi non sono granché, pensa che sono una ottima madre. boh. Tutti pensano che io sia bravissima e capace, io non mi vedo così.

AVVISO IMPORTANTE: i consulti on/line hanno solo valore di consigli e non intendono sostituire in alcun modo la visita medica o psicologica diretta.
_____________________________
ATTENZIONE : si chiede gentilmente a tutti gli utenti del sito di mandare un breve aggiornamento sul consulto effettuato. In questo modo sarà possibile avere un riscontro a distanza della correttezza delle risposte date. I risultati verranno pubblicati sul sito. Grazie Vedi

P.IVA : 01496010537
dr Gianmaria Benedetti - Firenze, via S Reparata,69 - Ordine dei medici (FI) n.4739

NB questo sito recepisce le linee di indirizzo dell' Ordine dei medici di Firenze sulle consulenze mediche on line.
Si dichiara sotto la propria responsabilità che il messaggio informativo è diramato nel rispetto della linea guida approvata dallo stesso Ordine.

Questo sito non costituisce una testata giornalistica poichè viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può quindi essere considerato un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. -

LEGGE SUI COOKIE
Questo sito fa uso di cookie tecnici. INFORMATIVA ESTESA

Risoluazione online delle controversie (Unione Europea)